I libri proibiti nelle scuole americane
In alcuni stati Repubblicani c’è una crescente richiesta di ritirare dalle biblioteche quelli che parlano in un modo giudicato troppo esplicito di sessualità e discriminazioni razziali
Alla fine di gennaio a Wentzville, nello stato del Missouri, il consiglio scolastico della città ha votato per chiedere di ritirare dalle biblioteche delle scuole superiori del distretto il libro L’occhio più azzurro, il primo romanzo dell’ammirata scrittrice statunitense Toni Morrison, prima donna nera a vincere il Nobel per la letteratura nel 1993 e vincitrice di un Premio Pulitzer nel 1988.
La decisione è stata presa sulla scia di altre iniziative simili di cui si sta discutendo molto negli Stati Uniti, e che in alcune scuole di stati a maggioranza Repubblicana ha già portato a vietare libri che parlano di razzismo, sessualità o altri argomenti ritenuti inappropriati oppure trattati in modo sconveniente. Inclusi, in alcuni casi, anche “classici” di grande successo.
In Tennessee, il consiglio scolastico della contea di McMinn ha votato all’unanimità per escludere dal programma di terza media Maus, l’acclamato graphic novel sull’Olocausto del disegnatore americano Art Spiegelman, unico romanzo a fumetti a vincere il Pulitzer, nel 1992. La motivazione addotta fa riferimento alla presenza di parolacce e nudità, e a una rappresentazione della violenza e del suicidio ritenuta inappropriata per gli studenti delle scuole medie. Fumetto noto, tra le altre cose, per la scelta di rappresentare gli ebrei come topi e i nazisti come gatti, Maus è il racconto dell’esperienza dei genitori dell’autore, ebrei polacchi sopravvissuti ad Auschwitz (la madre di Spiegelman morì poi suicida nel 1968).
«C’è un linguaggio rozzo e sgradevole, in questo libro», ha detto il dirigente delle scuole pubbliche della contea, come riportato nel verbale della riunione per la votazione. In un successivo comunicato, il consiglio ha affermato che uno dei suoi obiettivi è quello di «riflettere i valori della comunità che serve» e che Maus è un libro «troppo per adulti» per essere utilizzato nelle scuole. In una recente intervista in occasione del Giorno della Memoria Spiegelman ha detto di aver avuto l’impressione, leggendo quel verbale, che i membri del consiglio scolastico si chiedessero «Perché non si può insegnare un Olocausto più carino?».
Nei giorni successivi alla polemica, in concomitanza con il Giorno della Memoria, le vendite di Maus su Amazon sono cresciute notevolmente. Inoltre, poco distante dalla contea di McMinn, una raccolta fondi avviata da un negozio a Knoxville per acquistare copie del libro da distribuire gratuitamente agli studenti ha ottenuto in pochi giorni oltre 73 mila euro. «L’effetto Streisand ha colpito ancora», ha commentato Spiegelman riferendosi al noto fenomeno per cui la richiesta di censurare un contenuto attira maggiori attenzioni sul contenuto stesso.
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Casi in parte simili a quelli di Maus e L’occhio più azzurro – la storia di una giovane ragazza nera nell’Ohio degli anni Quaranta che desidera gli occhi azzurri perché si sente brutta e oppressa a causa del colore della sua pelle – si sono verificati nei mesi scorsi in altri stati americani e in altre scuole. In generale, siti e giornali che se ne stanno occupando tendono ad accomunarli e inquadrarli all’interno di una più estesa tendenza a voler limitare nei programmi o nelle biblioteche delle scuole la presenza di libri che trattano il tema della sessualità e quello delle discriminazioni di genere e razziali in un modo che alcuni genitori, attivisti, politici e legislatori conservatori ritengono divisivo o troppo vicino a ideologie di sinistra.
Tentando di ricostruire la storia delle proteste recenti, il New York Times ha spiegato che molti dei libri contestati fanno parte di liste inizialmente condivise su Facebook da gruppi e organizzazioni locali come Moms for Liberty, fondata in Florida all’inizio del 2021, e che hanno poi avuto una più ampia diffusione. Altri gruppi come No Left Turn in Education (“Nessuna svolta a sinistra nell’istruzione”) hanno suggerito l’idea che quei libri siano «utilizzati per diffondere ideologie estremiste e razziste tra gli studenti».
Consultando quelle liste, i genitori degli studenti di molte scuole hanno quindi contattato le biblioteche per sapere se quei libri fossero disponibili oppure no, e richiedendo che venissero ritirati. Secondo alcune persone, la richiesta sarebbe legittimata dal diritto dei genitori di scegliere quali siano i libri più o meno adatti all’educazione dei propri figli. Secondo altre, ritirare quei libri dalle biblioteche priverebbe di quello stesso diritto altri genitori che ritenessero invece appropriati i libri controversi. Ritirare libri che parlano di razzismo e molestie sessuali potrebbe inoltre rendere più difficile per gli studenti discutere apertamente di questi problemi.
L’occhio più azzurro di Morrison, che in alcuni passaggi include anche il racconto di un rapporto incestuoso e di violenze su persone minorenni, è uno dei libri che più spesso finiscono nelle liste di quelli comunemente vietati secondo la American Library Association, la più antica e importante associazione di biblioteche americana. In uno dei suoi rapporti preliminari, l’associazione ha registrato 330 tentativi di censura tra settembre e novembre, «un picco senza precedenti»: casi relativi soprattutto a libri che affrontano storie ed esperienze vissute da neri, minoranze e persone LGBT+.
Secondo Chris Finan, direttore dell’organizzazione americana di difesa della libertà di pensiero National Coalition Against Censorship, non si vedevano così tante e pressanti richieste di ritirare libri dalle biblioteche scolastiche dagli anni Ottanta, quando esisteva una spinta conservatrice simile a quella di oggi. Tuttavia, a differenza di allora, sia quelle richieste sia le obiezioni a quelle richieste si verificano oggi in un ambiente condizionato dai social media e in un contesto di maggiore inclinazione degli editori a pubblicare libri di generi più vari, ha spiegato Finan.
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Altri libri ultimamente oggetto di richieste di censura sono Il giardiniere di Jonathan Evison (pubblicato in Italia da SEM) e il graphic novel Gender Queer: A Memoir della fumettista Maia Kobabe. Ma fanno parte delle liste circolate sui social anche libri di saggistica come Storia del popolo americano. Dal 1492 ad oggi dello storico Howard Zinn (pubblicato in Italia da Il Saggiatore) e Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood (pubblicato in Italia da Ponte alle Grazie), da cui è tratta la popolare serie tv The Handmaid’s Tale.
A dicembre, a fronte della crescente preoccupazione di alcuni genitori per l’«indottrinamento» dei loro figli, è stata proposta al Senato dello stato dell’Oklahoma una legge che vieterebbe alle biblioteche delle scuole pubbliche di avere o promuovere libri incentrati sulla sessualità, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, e in generale libri con contenuti di natura sessuale non approvati dai genitori degli studenti. «Il nostro sistema educativo non è la sede adatta a lezioni morali che dovrebbero essere lasciate ai genitori e alle famiglie», ha detto il senatore Repubblicano Rob Standridge, autore della proposta di legge.
In Wyoming, a ottobre scorso, l’ufficio del procuratore della contea di Campbell prese in considerazione alcune accuse rivolte ai funzionari delle biblioteche pubbliche per aver messo a disposizione nella sezione dei libri per adolescenti libri come Sesso è una parola buffa di Cory Silverberg e Fiona Smyth (pubblicato in Italia da Terra Nuova Edizioni), Come si fanno i bambini? di Anna Fiske (pubblicato in Italia da Salani) e Questo libro è gay di Juno Dawson (pubblicato in Italia da Sonda).
In precedenza, uno spettacolo di magia per ragazzi in programma in quelle stesse biblioteche era stato annullato a seguito delle minacce ricevute dai dipendenti delle biblioteche e dall’autrice di quello spettacolo dopo che sui social era emersa la sua identità di donna transgender.
A novembre, in Virginia, il consiglio scolastico della contea di Spotsylvania votò all’unanimità per rimuovere dagli scaffali delle biblioteche scolastiche libri con materiale «sessualmente esplicito», decisione in seguito revocata dopo le numerose proteste di alcuni genitori e le attenzioni ricevute sulla stampa nazionale. A proposito di cosa fare dei libri vietati, due membri del consiglio scolastico avevano suggerito di bruciarli.
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A ottobre, una protesta di insegnanti e studenti nella contea di York, in Pennsylvania, ha portato all’annullamento di un precedente divieto per gli insegnanti della contea di utilizzare alcuni libri, film e altri materiali didattici in cui la narrazione utilizza il punto di vista di neri, gay e bambini latinoamericani. E ancora l’anno scorso, in Texas, alcuni legislatori Repubblicani avevano presentato una serie di proposte di riformulazione delle lezioni dei programmi di storia con l’obiettivo di minimizzare i riferimenti alla schiavitù, alle discriminazioni e alle violenze contro i messicani.
Le discussioni relative ai testi e ai programmi scolastici hanno sempre fatto parte del normale lavoro svolto nelle riunioni dei consigli scolastici americani. Quello che in tempi recenti è cambiato rispetto al passato è la frequenza e la politicizzazione di quelle discussioni, come ha spiegato al New York Times Britten Follett, amministratrice delegata di Follett School Solutions, uno dei principali fornitori nazionali di libri per le scuole primarie e secondarie. A motivare il dibattito sono sempre più spesso gli orientamenti politici e le fazioni che creano, secondo Follett, «e alla fine il bibliotecario, l’insegnante e l’educatore si ritrovano nel mezzo».
Richieste di ritirare i libri dalle biblioteche scolastiche sono provenute in passato anche da ambienti di sinistra. Classici come Uomini e topi di John Steinbeck e Il buio oltre la siepe di Harper Lee sono da anni tra i libri più spesso proibiti a causa del modo e dei termini con cui affrontano il problema delle discriminazioni razziali. Poche settimane fa nel distretto scolastico della città di Mukilteo, nello stato di Washington, il consiglio scolastico ha votato all’unanimità per rimuovere Il buio oltre la siepe dal programma delle superiori. A sostegno della richiesta è stato fatto presente che il romanzo fa un largo uso di parole oggi considerate insulti razziali.
A proposito di obiezioni simili a queste ma riferite al famoso romanzo del 1884 Le avventure di Huckleberry Finn dello scrittore statunitense Mark Twain, la stessa Toni Morrison – morta nel 2019 a 88 anni – disse che la grandezza di quel libro è negli argomenti che solleva. E aggiunse che vietare i libri è «un tipo di censura purista ed elementare fatta più per placare i genitori che per educare i figli».
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In anni recenti diversi leader politici di destra hanno utilizzato strumentalmente le polemiche sui libri. A novembre scorso, in Texas, il governatore Repubblicano Greg Abbott chiese che il consiglio scolastico dello stato indagasse «su qualsiasi attività criminale nelle nostre scuole pubbliche che preveda la disponibilità di materiale pornografico». Anche il governatore del South Carolina, il Repubblicano Henry McMaster, chiese al sovrintendente all’istruzione dello stato e al suo dipartimento di indagare sulla presenza di materiali «osceni e pornografici» nelle sue scuole pubbliche, definendo Gender Queer di Kobabe un esempio di quelle oscenità.
L’anno scorso, il neoeletto governatore Repubblicano della Virginia Glenn Youngkin descrisse i divieti dei libri una questione di controllo legittimo da parte dei genitori sull’educazione dei propri figli. E affrontò esplicitamente la questione in una controversa campagna pubblicitaria in cui una madre chiedeva che venisse rimosso dal programma delle scuole superiori di suo figlio il romanzo Amatissima, considerato da molti il capolavoro di Toni Morrison.
Amatissima racconta la storia di una giovane madre nera dopo la fine della Guerra Civile americana, perseguitata dal fantasma di una sua figlia morta in tragiche circostanze. Per la sua capacità di descrivere la condizione della schiavitù e le sue conseguenze, e non soltanto per quello, il libro vinse il Premio Pulitzer per la narrativa nel 1988, e nel 2006 fu definito dal Book Review del New York Times «la migliore opera di narrativa americana pubblicata negli ultimi 25 anni».
Al centro di altre intense e numerose contestazioni recenti è l’apprezzato libro del 2020 All Boys Aren’t Blue dello scrittore, giornalista e attivista americano George Matthew Johnson. Rivolto a un pubblico di persone dai 14 anni in su, parla dell’infanzia, dell’adolescenza e degli anni del college dell’autore, una persona nera e queer, e include passaggi che descrivono violenze sessuali e scene di sesso orale e anale. Contro il libro di Johnson – oggetto di richieste di censura in almeno 14 stati – fu presentata a novembre scorso una denuncia al dipartimento dello sceriffo della contea di Flagler, in Florida, da parte di un membro del consiglio scolastico.
La denuncia fu respinta ma il libro fu comunque rimosso dalle biblioteche scolastiche intanto che veniva esaminato da una commissione istituita appositamente. Durante una riunione del consiglio scolastico in cui era prevista la discussione sul libro, un gruppo di studenti organizzò una protesta contro il divieto distribuendone copie gratuite. Un gruppo di contro-manifestanti attaccò verbalmente quegli studenti, rivolgendo insulti sessisti ad alcuni di loro e definendo All Boys Aren’t Blue un libro pornografico.
Durante la partecipazione da remoto a quella riunione del consiglio scolastico, Johnson affermò che il suo libro contiene importanti riflessioni sulla consensualità e su altri problemi che gli adolescenti potrebbero trovarsi ad affrontare nelle loro vite. La commissione del distretto chiamata a giudicare il libro stabilì all’unanimità che era «adatto all’uso» nelle biblioteche delle scuole superiori, ma la decisione fu annullata dal sovrintendente della contea, che confermò l’esclusione del libro dalle biblioteche scolastiche in attesa di nuove politiche che consentano ai genitori di avere maggiore controllo sui libri consultabili dai propri figli.
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Commentando le recenti richieste di censura di libri come quello di Johnson, lo scrittore americano Michael Arceneaux ha espresso preoccupazione riguardo ai possibili effetti di questa tendenza. «Come autore nero e queer, so innanzitutto che c’è un predominio bianco nell’industria editoriale», ha detto Arceneaux. E ha spiegato quanto sia importante e difficile per autori come lui che i propri libri siano resi accessibili attraverso il sistema delle scuole pubbliche e delle biblioteche proprio alle fasce della popolazione più vulnerabili e con meno mezzi a disposizione per acquistarli, ossia la popolazione che ne ha più bisogno.
Finora, ha scritto il New York Times, le denunce contro bibliotecari, educatori e insegnanti si sono in gran parte concluse con un niente di fatto, dato che in genere le autorità coinvolte in Florida, Wyoming e negli altri stati non hanno trovato elementi validi per proseguire le indagini. Né i tribunali hanno ritenuto che le biblioteche dovessero rimuovere dalla circolazione i libri oggetto delle contestazioni.
Diversi bibliotecari hanno tuttavia affermato che il solo rischio di doversi difendere dall’accusa di diffondere oscenità o contenuti controversi è sufficiente a indurre molti insegnanti ed educatori ad autocensurarsi nelle loro scelte in materia di libri scolastici da utilizzare o consigliare. La direttrice dell’American Library Association, Deborah Caldwell-Stone, ha segnalato che questo tipo di politiche aggressive di controllo diretto e indiretto della didattica potrebbe finire per limitare l’esposizione degli studenti anche a importanti opere del canone letterario.
«Se ti concentri su cinque passaggi, hai l’oscenità. Se allarghi il tuo punto di vista e leggi l’opera nel suo insieme, hai Amatissima di Toni Morrison», ha detto Caldwell-Stone.