C’è una disputa sul tavolone di Putin
Sostengono di averlo fabbricato sia un'azienda lombarda sia quella di un artigiano spagnolo: entrambe avevano avuto varie commesse con la Russia
Nelle complesse discussioni sulla crisi in corso tra Russia e Ucraina, di recente si è aggiunto un nuovo elemento, decisamente più frivolo rispetto alla possibilità di un’invasione militare: il lunghissimo tavolo ovale attorno al quale il presidente russo Vladimir Putin ha accolto il presidente francese Emmanuel Macron, prima, e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, poi. Sul perché sia stato scelto proprio un tavolo così lungo sono state fatte varie ipotesi (la più probabile è il mantenimento del distanziamento fisico) e la grande distanza tra gli interlocutori è stata presa in giro con varie parodie e meme sui social network.
In questi giorni però c’è un’altra curiosa vicenda che lo riguarda: ci sono due aziende che sostengono di averlo fabbricato, una italiana e una spagnola.
Il tavolo si trova in uno dei palazzi del Cremlino, il complesso degli edifici governativi di Mosca dove si trova anche la residenza ufficiale del presidente, ed è stato per così dire il terzo elemento più osservato dell’incontro tra Putin e Macron di lunedì 7 febbraio e di quello successivo con Scholz, lo scorso martedì. Il giornale spagnolo El Confidencial lo ha descritto come «un affare di circa sei metri di lunghezza, di legno di faggio laccato di bianco con decorazioni di foglie d’oro».
Su vari media italiani e internazionali, tra cui Reuters, si è parlato molto del fatto che il tavolo sia stato prodotto dalla Oak di Cantù, in Lombardia, gestita dall’imprenditore Renato Pologna. In Spagna invece la paternità del mobile è stata rivendicata dall’artigiano Vicente Zaragozá, che è titolare dell’omonima azienda poco fuori Valencia e ha raccontato orgoglioso sui media locali la storia del tavolo, che dice di aver prodotto.
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Pologna, intervistato dal Corriere della Sera, ha detto che il tavolo è stato uno dei mobili commissionati tra il 1995 e il 1997 dalla Russia per arredare uno dei palazzi del Cremlino, che ha indicato come «l’edificio che si vede alle spalle del Mausoleo di Lenin». La sua azienda era stata incaricata di seguire l’arredo del palazzo intero, «7mila metri quadrati su due piani», compresi «mobili, pavimenti, boiserie, tutti i corpi illuminanti, i camini, i controsoffitti in gesso, le finiture in marmorino alle pareti» e via dicendo; la Oak si era occupata della produzione dei mobili e aveva invece subappaltato ad aziende diverse gli altri lavori, dice Pologna.
A memoria, secondo Pologna, la commessa poteva valere qualche miliardo di lire: l’accordo era stato chiuso dopo che, alcuni anni prima, la sua azienda aveva ricevuto tramite il consolato russo di Milano un’altra richiesta per arredare un appartamento all’interno del Cremlino.
Zaragozá, invece, ha raccontato al sito di notizie Nius di aver subito riconosciuto il proprio tavolo vedendolo sui giornali e nei notiziari, e sostiene che sia uno dei mobili che aveva prodotto per il Cremlino attorno al 2010. «È un orgoglio, ma fu anche una responsabilità molto grande, non si potevano commettere errori e bisognava seguire pedissequamente le istruzioni impartite», ha detto Zaragozá.
L’accordo per realizzare vari mobili per la residenza presidenziale russa e altri uffici governativi con l’azienda valenciana, continua El Confidencial, era stato concluso nel 2005 durante una visita di una delegazione russa alla Fiera del mobile di Valencia, una delle più importanti in Europa assieme al Salone del mobile di Milano. Sia l’azienda italiana che quella spagnola avevano quindi fatto diversi lavori per la Russia. Come la Oak, che ha arredato le residenze di sceicchi e famiglie reali dei paesi arabi, ma anche palazzi storici, per lo più all’estero, anche la Vicente Zaragozá ha lavorato per re, sultani e capi di stato in tutto il mondo, si legge sul suo sito.
Sentito dal Guardian, Pologna si è detto stupito dalle rivendicazioni dell’azienda spagnola. Le foto del tavolo realizzato tra il 1995 e il 1996 compaiono su vari libri, perlopiù russi, che sono stati pubblicati ufficialmente nel 2000, e l’azienda ha tutti i certificati dei lavori svolti, dice: «Magari il tizio spagnolo ha fatto una copia che è finita altrove, chi lo sa». Dal canto suo, parlando della vicenda in un programma televisivo spagnolo, Zaragozá ha detto che non è nemmeno il tavolo più bello che ha fatto: «ne ho altri di migliori».
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