Una canzone degli INXS

E il ritorno dei valzer in questa newsletter

(ansa-dpa)
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Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Quarant’anni fa oggi uscì il disco del concerto a Central Park, il più famoso di tutti i concerti a Central Park (“the police department, the fire department…”).
A Juliette Lewis piace molto questo pezzo di Ludovico Einaudi.
Malgrado la grande solidarietà per i negozi di dischi, il “Record store day” non mi eccita mai: è quel giorno promozionale in cui le case discografiche pubblicano edizioni apposta di dischi in vinile classici, inediti, nuovi, ristampati: siccome io sono un capriccioso feticista, le edizioni nuove e deliberatamente promozionali non mi attraggono (i prezzi tra l’altro non sono esattamente un affarone) e preferisco frequentare tutti gli altri 364 record store days: ma se invece vi tenta, qui ci sono un po’ delle cose che usciranno, il 23 aprile.

Never tear us apart
INXS

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I destinatari di questa newsletter delle prime settimane ricorderanno una mia rivendicata passione per i valzer, poi qui un po’ attenuata perché avevo finito i valzer, forse. Ma ho realizzato di avere ancora in serbo il valzer dei valzer, tra il rock degli ultimi quarant’anni.

Che poi, manco lo so ballare il valzer: voi sì? Al massimo batto le mani sulla marcia di Radetzky al concerto di Capodanno.
(che non è un valzer, eh: dicevo per contiguità)

Qualunque cosa evochi gli INXS non riesce a togliere dalla testa la storia terribile e unica del loro leader e delle sue ragazze. Il contesto, per chi non c’era: gli INXS (“in excess“) furono una band australiana di grande successo internazionale negli anni Ottanta con dei dischi rock dai suoni pop – chitarrebassobatteria ma tastiere elettroniche, e aggressività melodiche – il cui più grande successo (dopo questa che era circolata molto nei primi anni dei videoclip) fu questa, nel 1987: successo meritato, per originalità della canzone. Lui poi era molto figo e finì in molti poster in molte camerette. Si uccise a 37 anni, nel 1997: la storia è qui.

Il loro disco più venduto di sempre fu appunto quello del 1987, che dentro aveva anche Never tear us apart: fu il quarto singolo a essere pubblicato, andò bene, ma soprattutto godette nei 35 anni successivi di una coda lunga di recuperi, apprezzamenti, covercolonne sonoreinni da stadio ed eternità (fu suonata al funerale di Hutchence), grazie al fatto che è una gran canzone, facile e speciale insieme. Lo sapete da voi se la conoscete, lo saprete se la ascolterete: a parte il valzer, c’è quella straordinaria sospensione e ripartenza dopo 50 secondi, c’è lui che la canta che sembra Mick Jagger al cubo, e poi quando fa “never… ever“, c’è il sassofono che parte e dirompe dopo la pausa successiva, e il controcoro finale. E il testo, semplice e potente.

We could live
for a thousand years
but if I hurt you
I’d make wine from your tears
I told you
that we could fly
‘cause we all have wings
but some of us don’t know why

(Se ve ne innamorate, vedete anche questa, e questa, e questa. E pure Joe Cocker, va’).

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