Una canzone di Alan Parsons

Questa immagine, e un'altra di quando aveva vent'anni

(Jesse Grant/Getty Images)
(Jesse Grant/Getty Images)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
In Nuova Zelanda hanno cercato di sfinire e disperdere i manifestanti contro le limitazioni per la pandemia con le canzoni di Barry Manilow (compresa Mandy) e con la Macarena. James Blunt si è offerto con le sue, “se non fosse sufficiente” e allora ci hanno provato pure con You’re beautiful, ma quelli anzi la cantavano.
Linus si è arreso alle complicazioni sui diritti di trasmissione della musica su Instagram e ha annunciato la chiusura delle sue divertenti festicciole in cui metteva i dischi da casa sua.
Intanto è uscito il disco di Eddie Vedder: non la fine del mondo, e del duetto con Elton John si poteva davvero fare a meno, ma qualcosa di bello c’è: questa e questa, per me.
Il nuovo singolo di/dei Destroyer è meglio del primo, con tutto un suo ritmo.
Due belle canzoni valentine, ma tristi: Blue Valentines di Tom Waits e My funny Valentine di Frank Sinatra.

Time
The Alan Parsons Project

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Nel lungo documentario sulla fine dei Beatles, Get back, di cui abbiamo parlato assai, in due scene – mi pare, due -, brevemente, si vede un giovane indicato come “tape operator”, e che si chiama Alan Parsons. Ha 20 anni, in quel momento: e da poco più di un anno lavora negli studi Abbey Road dove registrano i Beatles. Adesso invece ne ha 73 e ne ha fatte tantissime in mezzo, che una volta riassunsi così:
“Musica troppo kitsch e barocca per essere catalogata con il grande rock degli anni Settanta e primi Ottanta, ma anche troppo contigua alle cose dei Pink Floyd per essere scartata come se fosse un’Electric Light Orchestra qualsiasi (qualsiasi un accidente: io vado matto per l’ELO, ma i critici sono sempre stati stinfi)”.

Uno che a 19 anni era coi Beatles e poi è passato per i Pink Floyd ha sempre avuto le spalle larghe abbastanza per sopportare le diffidenze per le eccessive ricchezze elettroniche e le debolezze pop delle sue cose: anche perché ci ha venduto milioni di dischi, ma soprattutto le eccessive ricchezze elettroniche e le debolezze pop hanno creato canzoni e suoni formidabili e memorabili. Prima fra tutti, forse, la canzone che è arrivata ovunque, Eye in the sky (che con mio fratello comprammo 40 anni fa, vedo): e poi molte altre.

Time è un lentone datato e avvolgente, stavo per dire “fluviale” se non avessi notato che a suo tempo lo chiamai “marino”, e non bisogna confondere acqua dolce e acqua salata. Testo di straordinaria banalità e ingenuità, ma era il 1980 ed eravamo ingenui. Chissà se ci incontreremo di nuovo.

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