Come mai si parla di Report e di Sigfrido Ranucci
Il giornalista e il suo programma sono al centro di varie accuse da parte di alcuni politici della Commissione di vigilanza sulla Rai
Da qualche settimana il nome del giornalista Sigfrido Ranucci e quello del programma di inchieste che conduce su Rai Tre, Report, sono al centro di una vicenda che partendo da una lettera anonima che conteneva accuse di molestie sessuali e mobbing si è via via allargata, arrivando a riguardare le modalità con cui la trasmissione stessa acquisisce materiale. L’ultimo sviluppo riguarda una presunta attività di dossieraggio – cioè di raccolta di informazioni prevalentemente riservate e compromettenti – di alcuni personaggi politici.
Nelle ultime ore, gli esponenti di Forza Italia della Commissione parlamentare di vigilanza sulla RAI hanno chiesto il coinvolgimento della Corte dei Conti, l’organo giudiziario e di controllo previsto dalla Costituzione per vigilare sull’uso delle risorse pubbliche (come quelle della RAI), e del COPASIR, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che esercita il controllo sulle attività dei servizi segreti.
Ranucci conduce Report dal 2017 ed è vicedirettore di Rai Tre. La vicenda che lo coinvolge ha avuto inizio lo scorso 24 novembre quando in Commissione parlamentare di vigilanza sulla RAI (che si occupa della ratifica di alcune nomine e della sorveglianza sull’attività dell’azienda) il senatore di Italia Viva Davide Faraone aveva aperto una discussione su una lettera anonima contro Ranucci, in cui lo si accusava di abusi sessuali e mobbing nei confronti di colleghe e colleghi.
La lettera era stata subito oggetto di una valutazione interna che aveva concluso come le accuse contro Ranucci fossero infondate («non hanno avuto riscontri», aveva dichiarato l’amministratore delegato della RAI Carlo Fuortes). Poco prima dell’estate, tra l’altro, la lettera era già stata inviata a tutti i componenti della Commissione di vigilanza e anche agli allora vertici RAI che, però, avevano ritenuto di non darvi seguito, come confermato dal deputato di Forza Italia e membro della Commissione Andrea Ruggieri.
Si arriva così a febbraio. Durante una nuova seduta della Commissione di vigilanza, Ruggieri ha reso noti alcuni messaggi ricevuti da Ranucci su WhatsApp il 25 novembre, cioè il giorno dopo la seduta in cui si era parlato della lettera anonima. Ruggieri ha parlato di messaggi «aggressivi, allusivi e minatori» in cui lui e Faraone venivano accusati «di aver tenuto un comportamento vergognoso» rispetto alla vicenda della lettera.
I messaggi, che alcuni quotidiani hanno poi riportato, contenevano riferimenti a Silvio Berlusconi, il leader del partito di Ruggieri, definito da Ranucci «top player del bullismo sessuale mondiale». Contenevano riferimenti anche al direttore del quotidiano che aveva ripreso i contenuti della lettera anonima, cioè Augusto Minzolini del Giornale, definito sempre da Ranucci, secondo quanto riportato da Ruggieri, «uno che adesca minorenni». Minzolini ha subito annunciato querela per diffamazione.
Ruggieri ha anche accusato Ranucci di aver dato a lui e ad altri delle «merde». Secondo la sua versione il giornalista gli avrebbe scritto di aver ricevuto «decine di dossier su tutti i politici, anche su di voi, tra uso di cocaina e scene da basso impero su yacht», riferendosi poi a «78 mila» dossier. Ruggieri ha detto di aver chiesto all’amministratore delegato della RAI di prendere provvedimenti e di essersi rivolto in procura per la portata minacciosa dei messaggi.
A quel punto anche Faraone aveva detto di aver ricevuto messaggi da Ranucci la mattina del 25 novembre. «Ho dossier su di voi tutti» e, ancora, «vi scateno contro le mie telecamere».
Il conduttore di Report ha dato varie interviste spiegando la sua versione dei fatti. Ha confermato di aver scritto a Ruggieri «per ribadirgli che aveva fatto una cosa vergognosa», che per «infangare» lui «stavano coinvolgendo persone incolpevoli», la sua famiglia e la redazione di Report. E ha spiegato che poiché lo si accusava «di bullismo sessuale» aveva «rimarcato come fosse comico che il rilievo arrivasse dall’esponente di un partito il cui capo è leader mondiale in materia».
Sui dossier citati da Ruggieri e Faraone, Ranucci ha spiegato che il riferimento non era a 78 mila dossier ma a 78 mila segnalazioni che erano arrivate in redazione e riguardavano fatti generici. E ha sostenuto di non averli usati come arma nella conversazione con Ruggieri: «Ho segnalato che pure a me arrivano tanti anonimi, ma che noi non li usiamo. Noi li abbiamo sempre cestinati». I suoi messaggi, ha infine spiegato Ranucci, «non erano di minaccia, ma di sdegno».
Ranucci ha anche sostenuto che dietro a tutta l’operazione ci sia l’obiettivo di far chiudere Report: «Io noto le coincidenze. Nel dicembre 2020 faccio un’inchiesta su Alitalia, Renzi, i suoi rapporti con Etihad e il caso Air Force. E il 2 febbraio 2021 gira il primo dossier falso che accusa Report di aver pagato una società lussemburghese per confezionare servizi contro il leader di Iv. Il 3 maggio va in onda la puntata Renzi-Mancini e Iv rilancia quel dossier, da cui parte una selva di interrogazioni. Dopo un mese arriva la lettera anonima sulle molestie. Il primo novembre trasmettiamo un altro servizio sui viaggi di Renzi in Arabia e il 24 la lettera spunta in Vigilanza. Mi chiedo se è normale che vengano usati dossier contro giornalisti, con l’unico scopo della loro sospensione o sostituzione».
Qualche giorno fa il quotidiano Il Riformista, diretto da Piero Sansonetti, ha pubblicato poi un articolo dal titolo “Così lavora Ranucci: fatture false, latitanti, dossier di fango e 007 amici”, che accusava Ranucci di essersi mostrato disponibile a usare in modo poco trasparente i fondi della RAI e a proteggere un presunto latitante con l’aiuto dei ROS, il Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri, pur di ottenere un video compromettente su Flavio Tosi, ex sindaco di Verona.
La vicenda risale al 2014, ed era già piuttosto nota. Sergio Borsato, un produttore veneto di servizi televisivi, fece credere a Ranucci di avere un video che mostrava la partecipazione dello stesso Tosi a un festino sessuale. Il video però non esisteva e faceva parte di un’operazione di dossieraggio ai danni di Ranucci: Borsato si era messo d’accordo con Tosi per ingannare Ranucci e ottenere materiale imbarazzante nei suoi confronti.
Borsato e Ranucci si incontrarono, assieme a una terza persona, e Borsato registrò di nascosto Ranucci mentre spiegava i metodi poco trasparenti con cui avrebbe potuto comprare il video compromettente di Tosi senza far risultare il suo nome – proteggendo e pagando la fonte, di fatto. Questi metodi prevedevano, tra le altre cose, che Borsato fornisse a Ranucci un video qualsiasi per ottenere un pagamento dalla RAI, e che invece il video compromettente fosse fatto arrivare tramite busta anonima. Durante la conversazione, inoltre, Ranucci fornì altre garanzie a Borsato e millantò tra le altre cose collegamenti con i servizi segreti.
Tosi depositò in procura la registrazione di Ranucci fatta da Borsato, accusando il giornalista di Report di aver cercato di acquisire in modo illecito dei video che lo riguardavano. Da una perizia risultò però che gli audio depositati da Tosi erano manipolati: alla fine fu Tosi a essere condannato per diffamazione, in primo grado, per aver insultato Ranucci in alcune dichiarazioni pubbliche. La perizia sulla manipolazione, sostiene però il Riformista, non riguardava gli spezzoni che il quotidiano ha pubblicato, ma altre parti del video.
LA BANDA DEL TORCHIARO
Il @ilriformista presenta come scoop un audio manipolato, rimanipolato per farlo sembrare nuovo. Già oggetto di un procedimento penale per diffamazione per chi aveva commissionato la registrazione.
Spero solo non ve l'abbiano fatto pagare. pic.twitter.com/6v4dsXUOQr— Sigfrido Ranucci (@SigfridoRanucci) February 10, 2022
Negli ultimi giorni, il Riformista ha continuato a raccontare e a seguire la vicenda, pubblicando la seconda parte del video (che però in varie parti era già pubblico, anche se il giornale sostiene che le sue clip siano inedite) della conversazione tra Ranucci e Borsato relativa alla vicenda Tosi, difendendo la sua versione dei fatti e accusando il metodo con cui Report acquisirebbe materiale.
Secondo il Riformista Ranucci «si accorda con fornitori non censiti nell’albo di Saxa Rubra, promette loro del denaro da pagare con disinvoltura: la fornitura di una cassetta dal contenuto inconsistente (“Che io valuterò come importante materiale giornalistico”, li rassicura) servirà a compensare i videomaker per quello che Ranucci richiede sottobanco: un video che incastra un politico. Girato da loro, sottratto chissà come. Da far pervenire con una finta busta anonima in redazione».
Nel frattempo, Carlo Fuortes ha disposto una seconda verifica interna relativa alle nuove accuse contro Ranucci e i membri di Forza Italia della Commissione di vigilanza hanno scritto ai vertici RAI chiedendo conto dei video pubblicati dal Riformista, che susciterebbero «interrogativi inquietanti sulle modalità con le quali il conduttore di Report acquisirebbe il materiale delle sue inchieste. In sostanza apparirebbe una modalità consolidata quella di concordare l’invio di materiale anonimo da parte di sconosciuti (coperti da società di comodo o prestanome) a fronte di un contemporaneo invio di materiali inutili e inutilizzabili pagati dalla RAI con una fatturazione, per così dire, quantomeno fantasiosa se non fittizia».
I commissari di Forza Italia vorrebbero poi coinvolgere la Corte dei Conti, per l’eventuale danno erariale subìto dalla RAI a causa delle procedure seguite da Ranucci per l’acquisto dei materiali video, ma anche il COPASIR, in merito ai presunti dossier su alcuni personaggi politici che sarebbero a disposizione del giornalista.