Lo sconvolgente “Freaks”

90 anni fa uscì un film sui “fenomeni da baraccone” che disgustò Hollywood e il pubblico americano: oggi è considerato un classico

(Freaks)
(Freaks)

Dopo aver visto Freaks – diretto da Tod Browning e proiettato per la prima volta il 12 febbraio 1932, 90 anni fa – un critico cinematografico del New York Times scrisse: «Di certo si tratta di un film fuori dall’ordinario. La difficoltà sta nel decidere se andrebbe mostrato al Rialto [un noto cinema di Broadway] o, invece, in un centro medico». Il film, proseguiva la recensione «a volte è eccellente e altre orribile, nel vero senso della parola».

Freaks (un termine usato per definire gente tendenzialmente strana) ricevette all’inizio pochi apprezzamenti e tante critiche, per poi essere recuperato, rivalutato e forse davvero capito solo molti decenni dopo. All’inizio, prima che diventasse un film di culto, ci si soffermò invece tanto sui suoi personaggi (quelli che all’epoca venivano definiti “fenomeni da baraccone”, molti dei quali con malformazioni fisiche di vario genere) e su certe sue scene non convenzionali, e molto meno su quanto potesse essere metafora o allegoria di altro.

Freaks ha una trama semplice: Cleopatra, la fascinosa trapezista di un circo itinerante, finge di amare Hans, un uomo affetto da nanismo, ma in realtà ne vuole l’eredità. Hans e altre persone con varie deformazioni o caratteristiche fisiche straordinarie (tra gli altri: due gemelle siamesi, “la donna barbuta” e “lo scheletro umano”) all’inizio la accettano come una di loro. Poi però capiscono il suo piano – organizzato insieme al forzuto Ercole, suo amante – e riescono a vendicarsi.

Prima di arrivare a dirigere Freaks, Browning era stato un ragazzo con la passione per il circo, gli acrobati e i saltimbanchi, e nel 1916 aveva recitato in Intolerance di David W. Griffith. Era poi diventato regista, dirigendo decine di film, soprattutto dell’orrore, e nel 1931 era arrivato il grande successo grazie al suo Dracula, con il vampiro protagonista interpretato dal celebre attore ungherese Bela Lugosi.

Dopo Dracula, Browning avrebbe potuto fare un po’ quel che voleva: per esempio, gli fu offerta la possibilità di fare un film su Lupin con protagonista John Barrymore. Rifiutò la proposta e preferì invece dedicarsi all’adattamento cinematografico di Spurs, un racconto degli anni Venti su cui aveva messo gli occhi da alcuni anni. Lo modificò molto e tra il novembre e il dicembre del 1931 lo girò negli studi della MGM, un paio di anni prima dell’effettiva entrata in vigore del Codice Hays, che restrinse molto il campo di quello che al cinema statunitense era consentito raccontare e soprattutto mostrare.

Ancor prima di essere finito, Freaks attirò diverse attenzioni. Anzitutto da parte del produttore Irving Thalberg, preoccupato che dopo Dracula Browning si fosse preso troppe libertà nel fare un film che non sarebbe piaciuto al pubblico. E poi da parte di alcune delle persone che, lavorando negli studi MGM, s’imbatterono negli attori e nelle attrici che interpretavano i personaggi del film, che non erano travestiti o truccati.

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Come scrisse negli anni Ottanta il saggista francese Jacques Goimard (in un testo il cui estratto tradotto è disponibile sul sito del Cinema Ritrovato), Freaks ebbe davvero molti problemi, sia durante le riprese che all’arrivo nei cinema. Molti produttori «proposero di far circolare una petizione perché gli interpreti di Freaks venissero cacciati dagli studi». Dopo alcune lamentele che sembra fossero arrivate dallo scrittore Francis Scott Fitzgerald, che si era ritrovato in mensa con le gemelle siamesi, «fu necessario far costruire un locale particolare nei pressi dello studio» dove furono sistemati alcuni degli attori e attrici. Il montatore, scrisse Goimard «fece di tutto per essere trasferito a un altro film».

(ANSA / Ufficio stampa)

La versione originale di Freaks, lunga un’ora e mezza, finiva con una scena di castrazione e mutilazione. Fu tagliata, insieme ad alcune altre, e il film che arrivò nei cinema era lungo poco più di un’ora, con un finale che la MGM si augurava potesse essere più accettabile per il pubblico. Da un lato, quei tagli eliminarono alcuni momenti comici, dall’altro rimossero le scene ritenute più sconvolgenti. Ciononostante, molti resoconti sulle prime visioni di Freaks parlarono di sensazioni di repulsione, e alcune recensioni lo presentarono come sgradevole e perfino macabro.

Gli incassi furono oltremodo deludenti. L’Hollywood Reporter scrisse che era «un oltraggioso assalto ai sensi, ai sentimenti e agli stomaci degli spettatori». Altri, invece, lo apprezzarono fin da subito, notando per esempio che sapeva anche emozionare e commuovere. In genere, però, anche le poche recensioni positive contenevano considerazioni sul fatto che Freaks fosse un film quantomeno respingente.

Browning girò un altro paio di film di cui si parlò molto meno, si ritirò a vita privata e nel 1962 morì a 82 anni. Proprio negli anni Sessanta iniziò la rivalutazione del film, che tra l’altro passò sia dal Festival di Cannes che dalla Mostra del cinema di Venezia. Si affermò un’interpretazione che lo vedeva come una metafora, non a caso formulata pochi anni dopo la Grande Depressione, della lotta di classe, ma anche dell’importanza di affermare la propria diversità.

La locandina del film quando fu ripresentato in versione restaurata (ANSA)

Il critico Andrew Sarris ne parlò come di un dei film «più compassionevoli di sempre» e nel 1972 il libro Focus on Horror Film (sul fatto che Freaks possa essere considerato un film horror ci sono opinioni divergenti) scrisse:

Siamo terrorizzati ma allo stesso tempo vergognosi del nostro raccapriccio: perché ci ricordiamo che non si tratta di mostri ma di esseri simili a noi stessi, ci rendiamo conto che siamo stati ingannati dalle nostre stesse paure primarie. Veniamo immersi negli abissi del nostro io malato per comprendere che la più terribile disumanità che possiamo conoscere siamo noi stessi. Ognuno dei freak siamo noi, ognuno di noi è uno di loro.

La rivalutazione non fu però totale. Ancora nel 1983, prima che venisse trasmesso in seconda serata sulla “Rete 3” con un’introduzione del critico Enrico Ghezzi, un articolo della Stampa lo presentò come «il più famoso film di mostri di tutta la storia del cinema» e aggiunse: «sono, quelli che vedrete non senza raccapriccio, tutti mostri veri: cioè esseri umani deformi, scherzi di natura come l’uomo scheletro e l’uomo uccello, oltre ad altri fenomeni da baraccone meno ripugnanti: nanerottoli, donne barbute, le sorelle siamesi ecc».

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