La storia della donna cinese incatenata dal marito
La diffusione di un video che la mostra in condizioni terribili ha fatto aprire nel paese un dibattito sulla tratta di esseri umani
In Cina è in corso un ampio dibattito nato da un video che mostra una donna, identificata con il nome di Xiao Huamei, incatenata per il collo in una baracca fuori dalla propria casa. Il video è circolato moltissimo sui social network cinesi e alcuni suoi particolari hanno fatto sospettare che la donna, che ha otto figli, potesse essere stata venduta al marito tramite la cosiddetta “tratta delle mogli” e aver subìto violenze e maltrattamenti. Inizialmente le autorità locali avevano minimizzato la vicenda e dato varie versioni contraddittorie sulla sua storia: adesso però a loro volta hanno cominciato a indagare sull’eventualità che sia stata una vittima della tratta di esseri umani, un problema molto sentito in Cina.
Il video è stato girato da un blogger a fine gennaio nel distretto di Fengxian, nella provincia di Jiangsu, circa 400 chilometri a nord di Shanghai, ed è stato condiviso sul social network Douyin, la versione cinese di TikTok. Il suo obiettivo era raccontare «l’esempio positivo» di un uomo povero che era riuscito ad allevare otto figli, di età compresa tra i due e i 23 anni, e a mantenere la moglie che aveva problemi di salute mentale. L’uomo, che si vede nell’intervista, si chiama Dong Zhimin e in passato aveva ricevuto aiuti dal governo e varie donazioni.
A un certo punto durante l’intervista la telecamera inquadra la moglie, che sta in piedi con atteggiamento sommesso nell’angolo di una piccola baracca, incatenata con un collare di metallo attorno al collo. Nonostante le rigide temperature esterne, la donna indossa una felpa piuttosto leggera, sembra non avere i denti e risponde in modo poco chiaro al blogger, che le chiede se senta freddo o se abbia bisogno di qualcosa per coprirsi. Data la confusione delle risposte e le condizioni tremende in cui viene ripresa, gli utenti dei social network hanno ipotizzato che la donna potesse avere qualche disturbo cognitivo, ma anche che potesse essere stata imprigionata e maltrattata dopo essere stata vittima della “tratta delle mogli”.
Alcuni utenti sui social network hanno scritto che secondo le persone del villaggio la donna era istruita e sapeva parlare inglese, ma che dopo il matrimonio il marito la picchiava spesso e le strappava via i denti se gli disobbediva. È impossibile verificare queste informazioni. Altri hanno segnalato la vicenda alla polizia locale, sospettando che fosse stata costretta ad avere figli e in seguito maltrattata; altri ancora hanno avviato accese discussioni criticando apertamente l’atteggiamento delle autorità, dubitando sulle loro ricostruzioni dei fatti e sostenendo che in generale non facciano abbastanza per impedire le violenze sulle donne e per combattere la tratta delle ragazze vendute per essere date in sposa agli uomini, in particolare nelle aree rurali.
Come accade spesso in casi di questo tipo, le autorità cinesi hanno censurato le conversazioni che facevano riferimento alla vicenda, cancellando i post sui social network e bloccando la condivisione del video: l’account del blogger su Douyin è stato cancellato e agli utenti che avevano condiviso il video è stato impedito di pubblicare nuovi contenuti. A inizio settimana l’hashtag che chiedeva un “commento ufficiale sulla situazione della madre di 8 figli nel distretto di Fengxian” sul social network Weibo è stato rimosso dall’elenco degli argomenti più ricercati. Era stato visualizzato più di 2,4 miliardi di volte.
È stato cancellato anche il post su WeChat della sciatrice cinese-americana Eileen Gu, medaglia d’oro nel freestyle alle Olimpiadi di Pechino per la Cina, in cui parlava delle «catene sistemiche e strutturali in cui sono imprigionate le donne cinesi» e diceva che «la tragedia della donna nel Fengxian potrebbe succedere a chiunque».
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Uno degli altri elementi che hanno provocato ampie critiche da parte degli utenti dei social network è il modo in cui la polizia ha trattato la vicenda.
All’inizio le autorità del distretto di Fengxian avevano sminuito le preoccupazioni per le condizioni della donna e negato che ci fossero prove di un suo sequestro o che fosse stata vittima di tratta di esseri umani. L’avevano identificata con il nome di Yang *yia (usando l’asterisco per proteggere la sua identità) e avevano detto che viveva separata dalla famiglia perché soffriva di un disturbo mentale che la rendeva violenta. In un altro comunicato avevano detto che era stata salvata dalla strada dal padre del suo attuale marito, che aveva sposato nel 1998, prima di cominciare a esibire problemi cognitivi.
In un terzo comunicato, quello in cui l’avevano identificata come Xiao Huamei, avevano detto che aveva cominciato a mostrare «comportamenti anomali» da ragazzina, e che nel 1996 la famiglia l’aveva mandata nello Jiangsu con un’altra persona del suo villaggio dello Yunnan per trovare una persona da sposare. Secondo le autorità il marito la teneva incatenata «temporaneamente» per impedire che rompesse cose e picchiasse i figli. Sempre secondo le autorità il 30 gennaio le è stata diagnosticata la schizofrenia e al momento è ricoverata in ospedale; i denti che le mancano sarebbero il risultato di una parodontite, la malattia che tramite un’infiammazione cronica porta a perdere i denti.
Giovedì, dopo varie contraddizioni, anche le autorità di Xuzhou hanno riconosciuto che la donna potrebbe essere stata vittima della tratta di esseri umani. Il marito è attualmente indagato per incarcerazione illegale e altre due persone collegate al caso – e non identificate – sono sotto indagine per tratta di esseri umani. Se sarà giudicato colpevole del reato per cui è accusato, il marito rischia fino a tre anni di carcere.
A seguito della pubblicazione del video, sui social network sono emerse storie e testimonianze di molte donne che erano state vendute dalla famiglia per sposarsi, e in seguito erano state stuprate e avevano subìto abusi.
In Cina “comprare” una moglie è un reato solo dal 2015 ed è punito con una pena di un massimo di tre anni, ma è una pratica ancora molto diffusa soprattutto nelle aree più povere. È un problema noto da tempo, che nella maggior parte dei casi coinvolge ragazze delle aree rurali della Cina ma anche donne provenienti da altri paesi del sud-est asiatico.
Secondo la ONG Human Rights Watch la “tratta delle mogli” è legata in particolare alla cosiddetta politica del figlio unico, che per decenni ha imposto un limite massimo ai figli che le coppie potevano avere, e alla tradizionale preferenza per i figli maschi, che ha creato un grosso squilibrio tra i generi. Dal momento che in Cina ci sono circa 30 milioni di uomini in più delle donne, spesso gli uomini fanno fatica a trovare una moglie, e questo ha creato un mercato di donne “in vendita”, con conseguenti problemi di discriminazioni e notevoli violazioni dei diritti umani. Secondo Human Rights Watch, le persone più vulnerabili a questo tipo di tratta sono le ragazze che vivono in condizioni di disagio o le donne con disabilità fisiche o mentali.
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