La protesta contro i licenziamenti annunciati da Pfizer a Catania
La multinazionale che produce il vaccino vuole fare a meno di oltre 200 lavoratori, nonostante gli enormi profitti
Il prossimo 4 marzo i lavoratori dello stabilimento di Catania della nota azienda farmaceutica Pfizer sciopereranno contro la decisione della multinazionale di ridurre la produzione e tagliare il numero dei dipendenti nell’impianto siciliano, dove lavorano oltre 700 persone. In totale, tra lavoratori diretti e indiretti, Pfizer vuole fare a meno di oltre 200 posti di lavoro. La protesta era stata annunciata ancora prima che l’azienda presentasse il recente piano industriale che ha confermato i tagli: da tempo, infatti, i sindacati avevano intuito l’intenzione di Pfizer di depotenziare l’impianto catanese, uno dei due attivi in Italia.
La conferma è poi arrivata il 3 febbraio: durante un incontro che si è tenuto a Roma, l’azienda ha annunciato ai sindacati di avere 130 dipendenti a tempo indeterminato in esubero. Dalla fine di febbraio, inoltre, non sarà rinnovato il contratto di 50 dipendenti di un’azienda dell’indotto, che di fatto lavorano per Pfizer, e nel ridimensionamento potrebbero essere coinvolti anche altri 60 tra lavoratori e lavoratrici.
La decisione di Pfizer non è legata a difficoltà economiche. Nell’ultimo trimestre del 2021 la multinazionale ha realizzato in tutto il mondo un fatturato pari a 24 miliardi di dollari, intorno ai 21 miliardi di euro, e un profitto di 8,15 miliardi di dollari, poco più di 7 miliardi di euro. Nei prossimi giorni sono attesi i risultati del quarto trimestre 2021 da cui sarà possibile capire quanto l’azienda è cresciuta grazie alla fornitura del vaccino contro il coronavirus sviluppato in collaborazione con BioNTech.
Uno dei motivi del ridimensionamento di Catania è che in Sicilia non vengono prodotti componenti o preparati che servono per i vaccini contro il coronavirus, diventato comprensibilmente uno dei principali prodotti di Pfizer. Nello stabilimento che si trova vicino all’aeroporto di Fontanarossa, a sud della città, si producono farmaci iniettabili a base di penicillina e per uso ospedaliero, la cui richiesta è in forte calo. Nell’ultimo anno ne sono stati prodotti circa 3 milioni di flaconi contro picchi di 15 milioni all’anno tra il 2017 e il 2019.
A ottobre l’azienda ha perso alcune consistenti commesse cinesi e da quel momento i sindacati hanno iniziato a chiedere rassicurazioni sul futuro, senza avere risposte significative fino all’annuncio di inizio febbraio. «Pfizer non può pensare di depotenziare lo stabilimento di Catania», dicono Jerry Magno, Giuseppe Coco e Alfio Avellino, segretari di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec. «Nello stabilimento operano professionalità di indiscussa competenza. Invece di avviare un rilancio, la multinazionale decide di far marciare a scartamento ridotto impianti strategici, privandosi peraltro di personale altamente qualificato».
Ornella Greco, che fa parte delle rappresentanze sindacali per la Uil, ha detto a Repubblica Palermo che nel suo reparto lavoravano 300 persone, mentre ora sono 40. Producevano pillole, pomate e altri farmaci, e con il passare degli anni la produzione è stata ridotta pezzo dopo pezzo. «Io la chiamo la politica del carciofo, a forza di togliere foglie non sta rimanendo nulla», ha detto. «Gli unici investimenti riguardano l’adeguamento strutturale e quello per essere in regola con i nuovi standard per produrre antibiotici iniettabili. Ma l’azienda continua a non parlare di nuove linee produttive».
Lunedì 7 febbraio, Pfizer ha trasmesso ai sindacati l’elenco dei 130 esuberi. Elisa Tomasello, intervistata dal Fatto Quotidiano, ha saputo che nella lista c’era anche il suo nome da un messaggio diffuso via WhatsApp. Nei giorni scorsi le era stato detto che la sua posizione lavorativa non sarebbe stata coinvolta negli esuberi, invece la previsione era sbagliata. Tomasello lavora a Catania da cinque anni e mezzo. Era tornata in Sicilia dopo aver lavorato a Milano. «Prima ho avuto contrattini, poi mi hanno assunta a tempo indeterminato», ha detto. «Sono in un reparto di grande responsabilità, quello che si occupa del rinnovo della licenza dei farmaci, delle gare di appalto». Negli ultimi anni ha rifiutato offerte da altre multinazionali perché riteneva il suo posto di lavoro a Catania piuttosto sicuro, ancora di più dopo lo sviluppo del vaccino contro il coronavirus che Pfizer ha distribuito in molti paesi del mondo.
Al momento non è chiaro cosa succederà ai dipendenti in esubero. Il direttore dello stabilimento di Catania, Giuseppe Campobasso, ha prospettato la possibilità di trasferimenti all’interno della rete di produzione di Pfizer in Italia oltre a incentivi economici per favorire le uscite.
Una delle sedi che potrebbero accogliere i dipendenti disponibili a lasciare la Sicilia è l’altro stabilimento italiano di Ascoli Piceno, dove Pfizer ha deciso di concentrare la produzione di compresse e capsule. Tra le tante, ci sono il Sunitinib, un farmaco sviluppato per il trattamento di tumori del tratto gastrointestinale e del carcinoma renale, e il Paxlovid, un farmaco antivirale che interferisce con le risorse impiegate dal coronavirus per replicarsi all’interno delle cellule delle persone infette. Ascoli Piceno sarà uno dei tre stabilimenti dove il Paxlovid sarà confezionato: Pfizer ha adeguato le linee di gestione della produzione per consentire la composizione di tutti gli elementi che formano le compresse. Finora, però, i sindacati catanesi non hanno avuto indicazioni su possibili trasferimenti o incentivi.
In una nota, Pfizer ha assicurato che lo stabilimento di Catania continuerà a essere «parte integrante della rete globale di produzione e fornitura, infatti è stato programmato un intervento di modernizzazione con un investimento di 27 milioni di euro nei prossimi tre anni». In previsione di questo investimento, Pfizer ha confermato la necessità di fare «adeguamenti necessari, dovuti anche al calo della domanda dei volumi produttivi di un antibiotico iniettabile, che porteranno a una riduzione dell’organico».
Secondo i sindacati, 27 milioni di euro rappresentano una «cifra irrisoria» per un investimento in un’azienda così grande e innovativa. Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec hanno sollecitato un intervento delle istituzioni per convincere Pfizer a cambiare idea e a confermare la produzione e gli oltre 200 lavoratori a Catania. «In ballo non c’è soltanto il destino di tanti lavoratori, ma tutto il tessuto economico e produttivo di un territorio», dicono i sindacalisti. Nicola Fratoianni, deputato di Sinistra Italiana, ha presentato un’interrogazione parlamentare e diversi esponenti del PD e del Movimento 5 Stelle hanno chiesto un intervento del ministero dello Sviluppo economico.