La decisione del Tribunale di Modena su trasfusioni e vaccini contro il coronavirus
Ha riguardato il caso di due genitori che non volevano che il proprio figlio ricevesse sangue donato da persone vaccinate
Martedì mattina il giudice tutelare del Tribunale di Modena ha accolto il ricorso dei medici dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna sul caso di un bambino con un grave problema cardiaco, che secondo i genitori poteva essere operato dalla struttura sanitaria solo a condizione che fosse impiegato sangue da persone non vaccinate contro il coronavirus, nel caso in cui si fosse resa necessaria una trasfusione. Il giudice ha confermato che l’eventuale trasfusione può avvenire in sicurezza e che non ci sono basi, scientifiche e giuridiche, per preferire il sangue proveniente da una persona non vaccinata a quello di chi ha ricevuto il vaccino.
La vicenda del bambino ricoverato a Bologna era stata raccontata nei giorni scorsi su alcuni giornali locali ed era arrivata in seguito su quelli nazionali, rinfocolando il già ampio confronto tra i sostenitori dell’importanza dei vaccini e i cosiddetti gruppi “no vax”. Le informazioni diffuse sulla storia sono parziali e in qualche caso carenti, in parte per la necessità di tutelare la privacy del bambino coinvolto e in parte a causa delle poche fonti che hanno fornito dettagli, compreso l’avvocato della famiglia interessata.
Il bambino era stato ricoverato alcuni giorni fa all’ospedale Sant’Orsola di Bologna, uno dei più importanti della città, a causa di un serio problema cardiaco, per il quale i medici avevano consigliato di procedere rapidamente con un intervento chirurgico. Come avviene sempre in questi casi, ai genitori – una coppia che vive nel modenese – era stato chiesto di firmare un consenso all’operazione e uno per eventuali trasfusioni di sangue, se necessarie nel corso dell’intervento.
I genitori avevano dato il consenso all’intervento a patto che le trasfusioni fossero effettuate impiegando sangue di persone non vaccinate contro il coronavirus. Non è chiaro nello specifico quali fossero le motivazioni della richiesta, ma l’avvocato della coppia ha comunque parlato di motivi personali e religiosi.
Le motivazioni sembrano essere legate alle segnalazioni prive di fondamento che circolano da mesi su social network e chat secondo le quali i vaccini contro il coronavirus sarebbero stati sviluppati e prodotti utilizzando «feti abortiti». In realtà non ci sono cellule di feti abortiti nei vaccini e non si prelevano nemmeno feti da donne appositamente messe incinte per questo scopo, come invece viene suggerito in alcuni di quei messaggi. Antiche linee cellulari derivate ormai decenni fa da feti abortiti sono impiegate per la produzione di alcuni vaccini, ma non certo come loro “ingredienti”: non ci sono cellule di feti nei vaccini.
I medici dell’ospedale Sant’Orsola avevano spiegato queste circostanze alla coppia di genitori, aggiungendo che non c’è differenza nel ricevere del sangue da una persona vaccinata o non vaccinata contro il coronavirus, ma senza ottenere un ripensamento. La vicenda era quindi passata per un ricorso al giudice tutelare, considerata l’urgenza dell’operazione per il bambino.
Nel frattempo, secondo le ricerche svolte dalla Gazzetta di Modena, in alcune chat su Telegram erano comparsi messaggi con richieste di aiuto per trovare volontari non vaccinati disposti a donare il proprio sangue per l’operazione. Gli annunci avevano portato a trovare alcune decine di persone nei gruppi “no vax”, anche se non era nota la loro compatibilità con il sangue del bambino. È però difficile verificare l’autenticità dei messaggi così come i loro mittenti, considerato che sulle chat di Telegram molti non usano la propria identità e fingono di essere qualcun altro.
Martedì mattina il giudice tutelare del Tribunale di Modena ha accolto il ricorso dell’ospedale Sant’Orsola, confermando che il sangue fornito dalla struttura è sicuro a prescindere dalla provenienza, considerato che viene sottoposto a tutti i controlli previsti dai protocolli. Ha detto inoltre che non c’è necessità di fare differenze tra il sangue dei vaccinati e dei non vaccinati contro il coronavirus.
Non è chiaro se ora i genitori sceglieranno di impugnare la decisione del giudice, se acconsentiranno all’operazione con eventuale trasfusione nell’ospedale di Bologna o se si rivolgeranno a un’altra struttura sanitaria.
Per motivi di sicurezza e tutela dei donatori e dei riceventi, le donazioni di sangue in Italia sono regolamentate e gestite seguendo vari protocolli. Il sangue da impiegare viene scelto sulla base della compatibilità tra donatore e ricevente, mantenendo l’anonimato. In questo modo si evita che siano privilegiati altri interessi rispetto a quelli delle persone direttamente coinvolte.
Il sangue di una persona vaccinata è tale e quale a quello di una persona non vaccinata. Nel caso in cui la vaccinazione sia recente, nel sangue potrebbero essere presenti anticorpi contro il coronavirus, ma questo non implica in alcun modo che si “trasmetta” anche il vaccino, come sostengono alcuni gruppi “no vax”. Il vaccino ha una durata relativamente breve nell’organismo: induce la risposta immunitaria e intanto viene man mano eliminato nei normali processi del metabolismo.
Inoltre, gli anticorpi possono essere presenti nel sangue donato dalle persone che non si sono vaccinate, ma che hanno comunque avuto un’infezione da coronavirus. Questi si sono semplicemente sviluppati in seguito alla circolazione del virus nell’organismo, con tutti i rischi che ne conseguono rispetto alla vaccinazione, più sicura.
Prima che si presentino per donare il sangue, ai volontari viene solitamente richiesto di segnalare se nei giorni precedenti abbiano avuto problemi di salute, si siano sottoposti a qualche trattamento o abbiano ricevuto un vaccino. Le domande servono in primo luogo per tutelare la salute dei donatori, mentre per quella dei riceventi sono effettuati controlli sulle sacche di sangue raccolto. Non viene chiesto comunque loro espressamente se si siano vaccinati in generale contro il coronavirus.