Il grosso problema dei doposcuola sospesi

In diverse città l'interruzione dei servizi extra scolastici sta costringendo moltissime famiglie a riorganizzare la vita e il lavoro, con nuove spese e grandi preoccupazioni

di Isaia Invernizzi

Bambini seguono una lezione all'aperto in piazza della Minerva, a Roma (Cecilia Fabiano/ LaPresse)
Bambini seguono una lezione all'aperto in piazza della Minerva, a Roma (Cecilia Fabiano/ LaPresse)

Per migliaia di genitori milanesi i problemi sono iniziati con un messaggio diffuso a inizio gennaio nelle chat di WhatsApp: «Cari genitori, controllate la posta. Sta arrivando la comunicazione che tutti temevamo. Il doposcuola è stato sospeso». Nel giro di pochi giorni, madri e padri che avevano organizzato il lavoro e le loro giornate basandosi sulla possibilità di affidare i figli ai servizi extra scolastici sono stati costretti a rivedere i piani, ad assumere baby sitter, a coinvolgere parenti disposti a badare ai bambini nelle ore pomeridiane. Riorganizzare gli orari in poco tempo è piuttosto complicato: lo è stato durante i primi due anni dell’epidemia e lo è ancora di più in questa fase in cui formalmente le restrizioni non ci sono e la quotidianità si regge sull’incertezza.

Le regole ancora in vigore (nelle scuole dell’infanzia e negli asili nido basta un solo contagiato per sospendere le attività e mandare bambini e bambine in quarantena) non aiutano, anzi finora hanno causato un notevole caos, con effetti significativi non solo sull’apertura altalenante delle scuole, ma anche sui servizi extra scolastici, essenziali per moltissime famiglie.

Doposcuola, spazi compiti, laboratori e corsi sono stati sospesi a Milano e in tantissime altre città italiane.

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Le preoccupazioni vanno al di là dell’immediato, e riguardano gli effetti di queste continue interruzioni sulla qualità di un servizio pubblico sempre più indispensabile: il rischio, se la situazione rimarrà così incerta, è di vanificare il lavoro fatto negli ultimi anni e accettare che gli enti pubblici lascino sempre più spazio ai privati, molto competitivi. In molte città è già così, e solo l’impegno di associazioni del terzo settore consente a tutte le famiglie, anche quelle con meno disponibilità economiche, di usufruire di un servizio che altrimenti sarebbe accessibile solo a chi può permettersi un asilo privato.

Milano è un caso emblematico. È una città dove le famiglie sono spesso composte da genitori entrambi lavoratori, magari trasferiti da altre regioni, senza parenti che possano offrire un sostegno nei momenti di emergenza. In questa situazione, il servizio di doposcuola è importante perché permette a padri e madri di lavorare almeno fino alle 18.

I numeri dimostrano quanto sia apprezzato: i bambini iscritti al doposcuola sono settemila, tremila lo frequentano regolarmente.

Già la scorsa estate il comune aveva annunciato una sospensione del servizio con un taglio di circa tre ore che avrebbe costretto i genitori a riprendere i figli tra le 15 e le 16.30 a seconda delle finestre temporali assegnate per garantire orari di uscita scaglionati. Solo con un grande sforzo organizzativo e l’assunzione di 500 tra operatori e operatrici, il comune era riuscito a mantenere il servizio dall’inizio dell’anno scolastico fino alla pausa per le vacanze natalizie.

Tuttavia il 3 gennaio, con pochi giorni di preavviso, era stata comunicata la sospensione del doposcuola, che sarebbe iniziata il 10 gennaio e sarebbe durata a tempo indefinito. Il comune aveva spiegato che la decisione era stata necessaria per via dell’alta incidenza di contagi tra educatrici ed educatori: erano assenti 700 persone sulle 3.200 totali.

Da allora sono state diverse le iniziative avviate dai genitori per condividere i problemi e cercare alternative.

La scorsa estate Rita Occhipinti aveva aperto un gruppo Facebook insieme ad altre madri: si chiamava “Ripristino Post Scuola Milano” e nel corso degli ultimi mesi è cresciuto molto. I problemi delle oltre duemila persone iscritte sono molto simili: la complicata organizzazione degli orari di lavoro, ma anche i costi da sostenere per trovare un’alternativa al servizio sospeso. Dopo due anni di difficoltà e incertezze, tra i genitori c’è soprattutto sconforto.

Occhipinti dice che molti genitori, soprattutto mamme, hanno dovuto chiedere ferie o permessi a causa dell’interruzione del doposcuola perché trovare una baby sitter in pochi giorni è molto complicato. Senza sapere quando il servizio verrà ripristinato, inoltre, è difficile capire per quanto tempo servirà trovare una soluzione alternativa.

«Nei nidi comunali la retta più alta è di 465 euro al mese: se aggiungiamo anche i costi di una baby sitter si pone un’evidente questione di competitività con il privato, dove le regole sono più flessibili e i problemi sono meno», spiega Occhipinti. «Le istituzioni dovrebbero rendersi conto che a Milano sono tantissime le famiglie senza un welfare familiare né la possibilità di trovare soluzioni temporanee: purtroppo l’impatto di queste sospensioni è molto rilevante soprattutto per l’occupazione femminile. Le donne sono penalizzate».

Il 10 gennaio sul sito partecipazione.comune.milano.it è stata pubblicata una petizione per chiedere di ripristinare il servizio di doposcuola. Solo le petizioni che raggiungono mille firme certificate attraverso l’identità digitale (SPID) vengono poi prese in considerazione dal comune, obbligato a rispondere entro 45 giorni. La richiesta dei genitori ha superato la soglia nel giro di cinque giorni e ora il comune ha tempo fino all’1 marzo.

Dall’assessorato all’Educazione e all’Istruzione spiegano che non c’è una data certa di ripristino perché gli operatori contagiati sono ancora moltissimi, e nei prossimi giorni si dovrà capire come applicare concretamente le nuove regole decise dal governo per la scuola. La scelta di sospendere il doposcuola, dicono, è stata fatta per evitare problemi e mancanze al servizio ordinario che coinvolge oltre 30mila bambini.

(Cecilia Fabiano/ LaPresse)

Milano non è un’eccezione. Dall’inizio dell’anno il doposcuola è stato ridotto o sospeso in molte altre città. Anche a Bologna, per esempio, è stato interrotto a causa delle assenze per malattie e quarantene degli educatori, e anche qui moltissimi genitori hanno scritto al comune per chiedere di ripristinare il servizio. L’assessore alla Scuola, Daniele Ara, ha spiegato che da febbraio, con un allungamento dei contratti part time, gli asili nido comunali potranno rimanere aperti fino alle 17.30.

A Roma la situazione non è cambiata molto rispetto al periodo pre pandemia. In molti quartieri il servizio di doposcuola non c’è mai stato. Fiamma Quiroz Ortiz de Villate è una delle educatrici che gestiscono il Doposcuola Quarticciolo, di un collettivo che prende il nome del quartiere nella periferia a Est di Roma dove è nato sei anni fa.

Era stato aperto inizialmente come palestra popolare per permettere a ragazze e ragazzi di fare sport a prezzi accessibili, poi negli ultimi anni era diventato un servizio di doposcuola essenziale in un quartiere dove il tasso di dispersione scolastica è molto alto fin dall’inizio delle scuole superiori. «Abbiamo creato un legame con il quartiere dove ci sono molti ragazze e ragazzi con disturbi di apprendimento e difficoltà in famiglia», spiega Quiroz Ortiz de Villate. «C’è una grandissima domanda di un sostegno sia per le famiglie che per i bambini: dall’aiuto per fare i compiti fino alla condivisione di un momento libero in un luogo di aggregazione sicuro».

Oggi il Doposcuola Quarticciolo accoglie poco più di venti tra bambini, ragazzi e ragazze. Per non chiudere come durante la prima ondata, negli ultimi mesi sono stati eseguiti alcuni lavori per ampliare gli spazi. Sono stati riorganizzati i gruppi, ora più piccoli per evitare focolai. Quando il tempo lo concede, molte delle attività vengono fatte all’aperto, in un parco concesso in gestione dal Municipio.

Nonostante le nuove attenzioni, anche qui l’alta incidenza dei contagi influisce sul servizio perché le quarantene disposte dopo i contatti stretti a scuola vanno gestite e comunicate, almeno informalmente, anche a chi frequenta il doposcuola. Operatrici e operatori del Doposcuola Quarticciolo hanno scritto un vademecum con una serie di regole e consigli utili alle famiglie per la cosiddetta convivenza con il virus.

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Nell’ultimo mese il doposcuola è rimasto aperto, anche se con qualche precauzione e difficoltà organizzative.

Quiroz Ortiz de Villate dice che quando si erano fermati per qualche settimana, nel 2020, operatrici e operatori si erano accorti di quanto i bambini si sentano soli e per certi versi abbandonati: molti vivono in condomini sovraffollati, non hanno un computer o una connessione internet, indispensabili per partecipare alla didattica a distanza. «Chi decide le restrizioni non tiene conto di queste situazioni, molto diffuse. Non vogliamo sostituirci all’istituzione scolastica, tuttavia ogni giorno capiamo quanto sia importante per le famiglie del quartiere avere un servizio come il nostro: non solo per un aiuto nel fare i compiti, ma anche per vivere il Quarticciolo e creare nuovi legami».

(AP Photo/Gregorio Borgia)

A Ponticelli, Barra e San Giovanni, quartieri popolari nella periferia orientale di Napoli, dove abitano 130mila persone, le poche scuole che avevano il servizio di doposcuola sono state costrette a interromperlo. Come a Milano, a Roma e in altre grandi città, per le famiglie è stato un grande problema. Una risposta a questa mancanza è stata data da Maestri di Strada, un’associazione nata per contrastare l’abbandono scolastico e che ogni giorno grazie all’impegno di una cinquantina di operatori accoglie duecento minori.

Negli ultimi mesi l’associazione, che si sostiene con fondi privati, ha cercato di sviluppare una maggiore cooperazione con istituzioni, scuole e comuni, e di fatto è diventata un servizio pubblico essenziale per le famiglie.

Maestri di Strada ha preso in affitto una scuola che era stata abbandonata anni fa a causa del calo demografico, ha ristrutturato le 24 aule e garantito alle famiglie un servizio che mancava: qui l’associazione ha offerto assistenza agli studenti che non avevano strumenti per partecipare alla didattica a distanza e ha organizzato corsi e momenti di socialità nelle ore pomeridiane, quando le scuole sono chiuse.

«Nelle scuole, dalle materne fino alle superiori, nessuno ha detto nulla alle famiglie durante l’emergenza, nessuno ha spiegato niente: sono stati aboliti gli incontri tra insegnanti e professori e il rapporto tra l’istituzione e le famiglie è peggiorato», dice Cesare Moreno, il presidente di Maestri di Strada. «Sono state seguite le regole senza trovare alternative: i problemi sono stati gestiti solo dalle famiglie».

L’associazione ha creato un nuovo servizio chiamato “tempo pieno territoriale” con attività pomeridiane che di fatto sono un doposcuola, anche se organizzato e garantito dal terzo settore.

Per evitare rischi, operatori e operatrici di Maestri di Strada sono stati vaccinati all’inizio della campagna vaccinale e anche in questa fase dell’epidemia vengono sottoposti regolarmente a tamponi. Inoltre i corsi e i laboratori sono stati ripensati per evitare i contagi, spostati in spazi aperti, e grazie a questi accorgimenti non si sono mai fermati a differenza dei doposcuola tradizionali. «Il prossimo obiettivo è collaborare con altre associazioni per estendere il servizio e coinvolgere molti altri ragazzi e ragazze che non avrebbero alternative».

Ma nonostante siano più indipendenti dalle rigide regole in vigore nella scuola, anche le associazioni devono fare i conti con le conseguenze dell’epidemia.

Martina Guazzone, coordinatrice di Casa Magica, un’associazione nata a Milano nel 1990 per accompagnare bambini delle scuole elementari e medie in percorsi di supporto scolastico, socializzazione e crescita personale, spiega che a causa delle restrizioni imposte dall’epidemia è più difficile trovare nuovi volontari. «Il rischio di contagiarsi ha condizionato le attività dal vivo, inoltre dopo aver perso quasi due anni di vita sociale i giovani volontari hanno priorità diverse e si sono persi molti legami», dice Guazzone.

«Tra le altre cose, anche raccogliere fondi è diventato più difficile: abbiamo sempre organizzato eventi per autofinanziarci, ma negli ultimi due anni li abbiamo interrotti e abbiamo trovato qualche idea nuova, come le vendite dei fiori o dei cesti a domicilio».

Attiva nella zona di via Paolo Sarpi e fino al quartiere Quarto Oggiaro, Casa Magica non si limita a una pura assistenza scolastica, ma offre spazi e momenti di socialità per due pomeriggi ogni settimana. «La maggior parte dei bambini è straniera e ci siamo accorti che molti di loro, dopo i lockdown, hanno perso parzialmente la capacità di comunicare in italiano. Recuperare è molto difficile», continua Guazzone. «Ora il vero problema è far capire le regole e i protocolli, perché spesso il messaggio non è chiaro ed è capitato che arrivassero bambini al doposcuola nonostante la loro classe fosse in isolamento. D’altronde la domanda è altissima: le famiglie manderebbero qui i loro figli tutti i pomeriggi, se potessero».