Pamela Anderson, Tommy Lee e il loro celebre video

Nel 1995 un filmato che li mostrava mentre facevano sesso fu rubato e distribuito offline e online: se ne parla ancora oggi

(LAPRESSE/EXPRESS SYNDICATION)
(LAPRESSE/EXPRESS SYNDICATION)

Nel febbraio 1995 Pamela Anderson e Tommy Lee si sposarono a Cancun, in Messico. Si erano conosciuti poco prima, erano entrambi parecchio famosi e le loro vite vivaci e spensierate erano oggetto di molte attenzioni. Lei era stata più volte su Playboy e dal 1992 era la bagnina C.J. Parker nella seguitissima serie televisiva Baywatch. Lui era il molto apprezzato batterista dei Mötley Crüe, un gruppo heavy metal che già aveva venduto milioni di dischi. Ma negli anni successivi di loro si parlò soprattutto per la diffusione, prima attraverso copie fisiche e poi su internet, di un video privato che avevano girato in vacanza e che fu rubato da una loro cassaforte. Il video durava quasi un’ora e al suo interno c’era una parte, lunga meno di dieci minuti, in cui facevano sesso.

La storia di quel video fu raccontata nel 2014 da un articolo di Rolling Stone, dal quale è tratta la miniserie Pam & Tommy, da un paio di giorni disponibile su Disney+. Una serie con cui Anderson ha scelto di non avere niente a che fare, e che qualcuno sta criticando per come, nel voler raccontare il voyeurismo che diede grande fama a quel video, finisce talvolta per semplificare troppo persone e vicende.

Dopo il loro matrimonio (il terzo per il 32enne Lee dopo quelli con la modella Elaine Starchuk e l’attrice Heather Locklear, il primo di molti per la non ancora trentenne Anderson), la coppia si prese un po’ di tempo per stare insieme. «Eravamo follemente innamorati» avrebbe poi detto lei, e «avevamo entrambi una gran voglia di vita».

Tra le altre cose, Anderson e Lee fecero cinque giorni di vacanza in barca sul lago Mead, un grande bacino artificiale del Nevada. Lee si portò dietro una videocamera, come era piuttosto comune fare in quegli anni. Fu lì che girò il video. «Non volevamo fare un porno» disse lui qualche anno fa, raccontando che l’idea era solo di documentare un pezzo della loro vita, e che il sesso fu solo una cosa che capitò. Lee spiegò che tornati da quella vacanza lui e Anderson riguardarono il video e poi lo misero in una cassaforte «da un paio di quintali» che tenevano nascosta nella loro casa di Malibù, in California.

Proprio in quella casa, nei primi mesi del 1995, la coppia fece fare una serie di lavori. A eseguirne alcuni fu l’elettricista Rand Gauthier. Pare che i coniugi Lee rimasero però insoddisfatti del risultato, scegliendo di non pagare una cifra che secondo Gauthier era vicina ai 20mila dollari. Sempre secondo la sua versione, a cui l’articolo di Rolling Stone diede molto spazio, quando provò a tornare nella casa per recuperare alcuni attrezzi Lee lo minacciò con un fucile.

Verso la fine del 1995, dopo un’intera estate passata a organizzare il furto, Gauthier tornò nella casa della coppia e rubò la cassaforte. A suo dire come rivalsa dopo essere stato minacciato, senza sapere cosa potesse contenere e senza complici (una cosa di cui si dubitò da subito, visto il suo peso).

Fatto sta che Gauthier riuscì effettivamente a portare altrove la cassaforte e, con un po’ di sforzi, ad aprirla. Dentro ci trovò gioielli, orologi, forse armi (Lee disse che c’erano, Gauthier no), il bikini che Anderson indossava il giorno del matrimonio e, soprattutto, una videocassetta in formato Hi8 che avrebbero dovuto vedere solo Anderson e Lee.

Peraltro, oltre all’elettricista, Gauthier faceva anche l’attore porno, cosa che lo aiutò quando decise che voleva arricchirsi grazie a quel video. Lo vide insieme al direttore dello studio pornografico con cui lavorava, e a Rolling Stone disse: «il segno dei dollari comparì davanti ai nostri occhi, ma pensammo anche che era quel genere di cose per cui le persone possono essere uccise».

Lee si accorse del furto solo nel gennaio 1996: «quando capii cosa era stato rubato, il mio cuore si fermò per un attimo», scrisse nella sua biografia del 2004 Tommyland, che insieme all’articolo di Rolling Stone è tuttora la principale fonte sulla storia. Nel marzo del 1996, prima che il video iniziasse a diffondersi in maniera rilevante, Lee e Anderson si mossero legalmente per bloccarne la circolazione, senza però riuscirci.

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I dettagli della vicenda sono ancora oggi piuttosto nebulosi, ma il video iniziò a girare attraverso le copie fisiche di quello che divenne noto come il “Pamela’s Hardcore Sex Video”. Alcune copie erano state fatte e vendute tra “appassionati” (in certi casi anche per più di 50 dollari), altre furono distribuite in maniera più “professionale”: ci fu per esempio chi pensò di creare appositi siti per raccogliere ordini online così da spedire le videocassette via posta. Una dettagliata descrizione del video, comprendente anche diversi scambi di battute tra i due, finì sulla rivista Penthouse.

Il grosso dei problemi arrivò però dopo, quando le copie del video iniziarono a essere disponibili per il download su internet, che in quel periodo era qualcosa a cui avevano accesso circa 25 milioni di statunitensi. Il principale responsabile della diffusione online del video fu l’allora 25enne Seth Warshavsky, fondatore di Internet Entertainment Group, che già aveva avuto modo di sfruttare le grandi potenzialità che internet offriva al settore della pornografia. Warshavsky annunciò che avrebbe messo il video online e poi lo fece, senza che nel frattempo nessuno gli facesse causa.

Secondo una sintesi del Washington Post, Lee e Anderson – che inizialmente si mossero per impedire la distribuzione delle copie fisiche ma non della versione digitale – «sottostimarono la potenza di internet». La versione di Lee è questa: «i nostri manager e avvocati ci convinsero che, visto che quell’azienda [l’Internet Entertainment Group] ci teneva per le palle, il modo migliore per minimizzare i danni era firmare un contratto in cui acconsentivamo a mostrare il video online una sola volta, ma non a venderlo, copiarlo o mostrarlo in altre forme».

In quel periodo Anderson aveva un figlio piccolo (nato nel giugno del 1996) ed era incinta del secondo (nato nel dicembre 1997). Anni dopo avrebbe detto anche che, semplicemente, non ne poteva più di processi in cui si sentiva quasi più colpevole che vittima: «[decisi] che non ci volevo più andare, che non volevo più stare davanti ad avvocati strambi ed eccitati, che non volevo più parlare della mia vagina o della mia vita sessuale». Ancora prima aveva detto di non sopportare «l’idea di starsene lì davanti a vecchi uomini che mostravano mie foto di Playboy e mi chiedevano perché m’importava così tanto che quel video fosse diventato pubblico».

Secondo Rolling Stone «ci vollero due anni perché il video passasse dal contrabbando alla viralità, e quando successe ebbe vendite stimate per 77 milioni di dollari in meno di 12 mesi, solo contando quelle legittime». Il tutto senza che Gauthier riuscisse a guadagnarci granché, come raccontò poi proprio a Rolling Stone.

Nel 1998 Anderson e Lee si separarono, e lei lo accusò di averle dato un calcio durante una litigata. Una sentenza del 2002 disse che l’Internet Entertainment Group doveva a ognuno di loro 740mila dollari, ma, come ha scritto Esquire, «non videro nemmeno un dollaro, perché quell’azienda non esisteva più».

Anderson si risposò più volte, una con il musicista Kid Rock, e ci fu anche un periodo in cui tornò a frequentarsi con Lee. Si parlò anche, ma molto meno, di un altro suo sex tape, in quel caso girato con il cantante Bret Michael.

Negli anni è capitato più volte che qualcuno mettesse in dubbio il fatto che quel video fu rubato, insinuando che la sua diffusione fosse invece stata decisa “a tavolino” o quantomeno in qualche modo assecondata per ottenere popolarità. L’articolo di Rolling Stone diceva per esempio che «di solito, quando se ne parla, c’è un occhiolino che accompagna la parola “rubato”». Ma non ci sono prove che possano sostenere queste teorie. Di certo, Anderson dovette sopportare per anni, anche più di altre donne in seguito protagoniste di vicende paragonabili alla sua, battute e domande su quel video. Come ha detto di recente Amanda Chicago Lewis, autrice dell’articolo di Rolling Stone, «tutti ridevano di loro [Lee e Anderson] e nessuno li prendeva sul serio».