Quattro stretti collaboratori di Boris Johnson si sono dimessi
Tre dei quali implicati nello scandalo delle feste organizzate nella residenza del primo ministro britannico durante il primo lockdown
Giovedì si sono dimessi quattro stretti collaboratori del primo ministro britannico Boris Johnson, il cui governo è in crisi a causa dello scandalo delle feste organizzate a Downing Street, a Londra, in violazione delle restrizioni in vigore durante il primo lockdown. I quattro sono Munira Mirza, sua principale collaboratrice e descritta da un funzionario del governo come «il cervello di Boris», Dan Rosenfield, il capo dello staff, Martin Reynolds, il segretario principale di Johnson, e Jack Doyle, direttore della comunicazione.
Tre dei quattro collaboratori – Rosenfield, Reynolds e Doyle – sono implicati nello scandalo delle feste, sul quale sta indagando anche la polizia di Londra: non è chiaro se si siano dimessi per questo.
Reynolds è la persona che aveva mandato la mail di invito a una delle feste più affollate organizzate nella residenza del primo ministro, dicendo a tutti gli invitati di portare da bere. Rosenfield e Doyle, invece, si erano occupati di consigliare Johnson su come gestire la sua comunicazione nella risposta allo scandalo (fatta di giustificazioni traballanti e, secondo l’ex consigliere di Johnson Dominic Cummings, di bugie).
Mirza si è invece dimessa a causa di una contestata affermazione che Johnson aveva fatto lunedì in Parlamento, dopo la diffusione del rapporto sullo scandalo delle feste redatto al termine dell’indagine guidata dalla funzionaria Sue Gray. Johnson aveva accusato Keir Starmer, leader dei Laburisti (principale partito di opposizione), di «avere speso la maggior parte del tempo a perseguire i giornalisti» mentre era Procuratore capo tra il 2008 e il 2013, fallendo nel far condannare Jimmy Savile, accusato di pedofilia. L’affermazione di Johnson era stata molto criticata, anche perché Starmer non aveva avuto alcun ruolo nel caso di Savile.
Lo scandalo delle feste è da settimane il tema politico più dibattuto nel Regno Unito, e il partito Conservatore, quello del primo ministro, sta continuando a raccogliere adesioni per votare su una sostituzione di Johnson come capo del partito e, di fatto, del governo (nel Regno Unito il leader del partito di maggioranza è anche automaticamente il capo del governo).
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