L’esercito continua a sparare cannonate nel mare di Punta Bianca
Da oltre 20 anni le associazioni ambientaliste chiedono di dismettere il poligono siciliano che si trova in mezzo a una riserva naturale
Sulla costa siciliana vicino a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, ci sono due luoghi solo all’apparenza molto simili: entrambi sono riconoscibili per via dell’azione del vento e del mare che ha modellato le enormi formazioni calcaree caratteristiche delle scogliere di questa zona. La Scala dei Turchi è la località più nota, una delle mete turistiche più fotografate della Sicilia, di recente imbrattata dai vandali e ripulita da un’associazione ambientalista. L’altra è Punta Bianca, che rispetto alla Scala dei Turchi è molto meno visitata e soprattutto deve fare i conti con un problema notevole: qui da oltre 60 anni l’esercito italiano spara cannonate sulla costa e perfino in mare.
A poche centinaia di metri dalla scogliera bianca si trova un poligono dove i militari italiani imparano a manovrare mezzi blindati e carri armati. Si chiama “poligono Drasy”, dal nome della spiaggia di fronte alla costa.
Non ce ne sono molti altri di questo tipo in Italia, anzi quasi nessuno ha il vantaggio di avere di fronte il mare, verso cui puntare i cannoni e sparare senza nessun ostacolo. Più le munizioni sono grandi e pericolose, più sono alti i fiotti d’acqua che si alzano dal mare.
Da oltre vent’anni molte associazioni ambientaliste siciliane chiedono all’esercito di trovare un altro luogo per organizzare le esercitazioni, magari nell’entroterra, e alla Regione di istituire una riserva naturale per proteggere la costa.
La seconda richiesta è stata accolta a inizio novembre, ma le associazioni non hanno potuto festeggiare perché la giunta regionale ha deciso di escludere dal perimetro della riserva il poligono dell’esercito. La riserva naturale di Punta Bianca e Scoglio Patella, così come è stata chiamata, è grande un quinto rispetto alle richieste delle associazioni ambientaliste, che hanno continuato a organizzare presidi e proteste. «Qualunque persona ragionevole direbbe che un poligono e una riserva naturale non possono convivere, a maggior ragione se vicini», dice Claudio Lombardo, responsabile dell’associazione ambientalista Mareamico.
Per chi abita vicino a Punta Bianca è normale incrociare colonne di mezzi militari sulle strade che portano al mare. È più difficile, invece, abituarsi ai boati delle cannonate.
A metà dicembre la Capitaneria di Porto Empedocle ha comunicato il calendario delle esercitazioni previste nei prossimi mesi: si terranno da lunedì a venerdì, dalle 8 alle 20, da gennaio fino al 13 maggio. La comunicazione è stata data dalla Capitaneria perché in tutto questo periodo è vietata la navigazione nel mare di fronte alla costa, la pesca, la balneazione, il sorvolo fino a 150 metri, oltre a «ogni altra attività di superficie e subacquea». Non si può camminare sulla costa, non ci si può avvicinare, non si possono scattare foto o fare video.
La Capitaneria specifica anche che le esercitazioni vengono fatte con «armi da fuoco portatili, di reparto, cannoni da 105/51, 105/52 e 25 millimetri, lancio di bombe a mano».
Nonostante le ordinanze e i divieti, negli ultimi anni l’associazione Mareamico ha documentato le operazioni militari con diversi video in cui si vedono i carri armati sparare cannonate in mare e sulla costa.
D’estate, quando l’esercito interrompe le esercitazioni, è possibile avvicinarsi alla zona: grazie alle fotografie scattate dall’alto, con un drone, Mareamico è riuscita a mostrare i crateri creati dalle munizioni sparate dai carri armati. «Ormai da anni denunciamo questo scempio della nostra costa», spiega Lombardo. «Proprio di fronte al campo di esercitazione, l’8 gennaio del 2014 una parte della collina di Punta Bianca è franata verso la spiaggia. Le cannonate e le vibrazioni hanno sicuramente influito sulla tenuta della falesia».
Da almeno vent’anni, come ha ricostruito il giornalista siciliano Antonio Mazzeo in un lungo e dettagliato articolo sulla storia recente del poligono, i politici siciliani di tutti gli schieramenti hanno presentato interrogazioni parlamentari e interpellanze in Regione per chiedere di interrompere le esercitazioni. «È urgente preservare l’area dalle vibrazioni causate dalle esercitazioni, dall’inquinamento acustico, che disturba i tanti visitatori della zona e coloro che abitano nelle vicinanze, e dal passaggio di mezzi militari che mettono a repentaglio la solidità della strada che conduce a Punta Bianca, che è d’inestimabile valore paesistico», si legge nell’interrogazione parlamentare firmata nel 2010 da 38 parlamentari dell’allora Polo delle Libertà.
Il sottosegretario della Difesa dell’epoca, Giuseppe Cossiga, rispose che il poligono era di interesse strategico e la sua dismissione avrebbe causato un «inaccettabile impatto negativo sull’operatività e sulla sicurezza del personale», impedendo ai reparti della Brigata Aosta, che lo gestisce, di partecipare a missioni internazionali.
I rappresentanti dell’esercito che si sono avvicendati negli ultimi anni, tuttavia, non hanno mai escluso a priori la possibilità di spostarsi in un altro luogo, a patto di trovare un’alternativa in Sicilia e con le stesse caratteristiche di Drasy, due condizioni proibitive.
Nel 2017 la Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, istituita per indagare sulle conseguenze dell’utilizzo di questa sostanza in campo militare, si occupò del poligono Drasy durante l’audizione organizzata a Caltanissetta.
«Abbiamo clamorosamente scoperto che nessuno si era mai posto il problema di bonificare il mare verso il quale sono stati sparati migliaia e migliaia di proiettili nel corso dei decenni», disse il presidente della commissione, il senatore Gian Piero Scanu. «Per questo abbiamo incaricato non solo le autorità militari, ma anche l’ARPA Sicilia (agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) di farsi carico di un problema che consideriamo grande».
Nel giugno dello stesso anno il quinto reggimento fanteria iniziò una bonifica straordinaria dell’area del poligono e l’ARPA chiarì che dall’esame dei campioni non era emerso un livello di inquinamento tale da ordinare nuove bonifiche oltre a quelle eseguite dall’esercito.
Nel 2018, l’assessore regionale all’Ambiente Salvatore Cordaro disse di aver avviato un’istruttoria per individuare siti alternativi adatti a ospitare un poligono dell’esercito, ma il 31 luglio dello stesso anno il presidente Nello Musumeci firmò un protocollo con il generale di brigata Claudio Minghetti per rinnovare per altri cinque anni l’uso di quattro poligoni in Sicilia: il “Santa Barbara” nei comuni di Tripi e Novara di Sicilia (fascia tirrenica della provincia di Messina), il “San Matteo” ad Erice (Trapani), il “Masseria dei Cippi” nel comune di Montelepre (Palermo) e infine il Drasy di Punta Bianca.
Negli ultimi anni le pressioni delle associazioni ambientaliste, in particolare Mareamico e Marevivo, hanno contribuito a convincere l’esercito a bonificare il terreno al termine di ogni stagione. Le associazioni dicono però che le bonifiche non bastano, e per questo non hanno mai interrotto le loro proteste.
Il 22 novembre 2021, durante l’incontro con la Regione e l’esercito per definire il perimetro della riserva naturale di Punta Bianca, Mareamico e Marevivo hanno espresso parere contrario alla proposta regionale e chiesto nuovamente di trovare un’area alternativa. «Purtroppo non ce ne sono molte altre con queste caratteristiche, ce ne rendiamo conto, così come sappiamo che fare la guerra all’esercito non è semplice», dice Lombardo. «Ma crediamo che sia fondamentale impegnarsi per tutelare la natura della Sicilia».