Cosa si sa di BA.2, sottovariante di omicron

Inizia a essere sempre più diffusa in Europa e potrebbe rallentare la fine dell'attuale ondata in diversi paesi

 (AP Photo/Petr David Josek, file)
(AP Photo/Petr David Josek, file)

Poco dopo l’individuazione della variante omicron alla fine dello scorso anno nell’Africa meridionale, alcuni ricercatori identificarono una sua stretta parente che sta ora attirando grandi attenzioni, perché potrebbe contribuire a estendere nel tempo le ondate in corso in molti paesi.

Pur avendo molte cose in comune con BA.1 – la versione di omicron con cui abbiamo avuto a che fare negli ultimi mesi – la sottovariante BA.2 conta circa 40 ulteriori mutazioni e secondo alcune previsioni potrebbe diventare dominante in molti paesi nei prossimi mesi. L’aumento dei casi dovuti alla sottovariante inizia a essere cospicuo, ma non troppo preoccupante sulla base dei dati finora disponibili.

La scorsa settimana le autorità sanitarie del Regno Unito avevano diffuso un rapporto nel quale confermavano una maggiore trasmissibilità di BA.2 rispetto a BA.1. Alle stesse conclusioni era poi arrivata una ricerca preliminare (quindi da prendere con qualche cautela) svolta in Danimarca, dove si ritiene che BA.2 sia ormai prevalente, anche se ricoveri e casi gravi di COVID-19 non sono in crescita, al punto da avere spinto di recente il governo danese a rimuovere quasi tutte le limitazioni adottate nel corso degli ultimi due anni per contrastare la pandemia.

BA.2 sembra quindi essere molto più contagiosa, ma non in grado di causare sintomi più gravi rispetto a BA.1, specialmente nelle persone completamente vaccinate di recente o che hanno ricevuto una dose di richiamo del vaccino. Rilevare la sottovariante non è però semplice come con la versione iniziale di omicron, perché a differenza di quest’ultima non è sufficiente una verifica sugli esiti dei tamponi molecolari, ma è necessario procedere con un sequenziamento vero e proprio, cioè un’analisi del materiale genetico.

La Danimarca è uno dei paesi al mondo a effettuare più sequenziamenti e questo spiega perché BA.2 costituisca il 78 per cento circa dei casi rilevati nel paese. È probabile che la sottovariante sia ampiamente diffusa in molti altri paesi europei, dove però la minore quantità di sequenziamenti non permette di avere un quadro preciso della situazione.

E proprio lo studio realizzato in Danimarca ha attirato particolare attenzione da esperti e gruppi di ricerca. Gli autori hanno analizzato i contagi in ambiente domestico, rilevando che in presenza di un positivo con BA.1 in media il 29 per cento delle persone conviventi si infetta, mentre nel caso di un positivo con BA.2 la percentuale sale al 39 per cento.

La ricerca danese segnala che BA.2 potrebbe avere una migliore capacità nello sfuggire all’immunità indotta dalla vaccinazione.

Le persone vaccinate e con una dose di richiamo sono risultate essere tre volte più suscettibili a un’infezione da BA.2 rispetto a quella dovuta da BA.1. I vaccinati con richiamo eventualmente infettati sembrano essere comunque meno contagiosi, rispetto a chi sviluppa un’infezione da BA.1. Le persone non vaccinate possono essere invece sensibilmente più contagiose se sviluppano un’infezione con la sottovariante. Non è invece ancora chiaro se le persone che avevano sviluppato un’infezione da BA.1 siano completamente protette da una seconda infezione con BA.2.

Evoluzione del coronavirus SARS-CoV-2 (GISAID/NEXTSTRAIN/NCO, ADAPTED – K. FRANKLIN/SCIENCE)

Ciò dipende in buona parte dalle sensibili differenze della sottovariante, tali da rendere BA.2 qualcosa di diverso: secondo alcuni ricercatori non dovrebbe essere considerata nemmeno alla stregua di omicron e avere una propria definizione di variante. Le differenze potrebbero essere dovute a un’evoluzione in parallelo, avvenuta poco dopo l’emersione di omicron, con BA.2 che ha impiegato poi più tempo prima di iniziare a diffondersi al di fuori dell’Africa meridionale.

Il sito della rivista scientifica Science ha consultato esperti e ricercatori, ottenendo valutazioni simili sulle implicazioni derivanti dalla circolazione di BA.2. La sua alta contagiosità potrebbe contribuire a rallentare la fine dell’attuale ondata di coronavirus in Europa e negli Stati Uniti, e favorire un aumento dei casi positivi in altre aree del mondo finora rimaste meno soggette alla circolazione di omicron.

La prevalenza di BA.2 potrebbe spiegare come mai i nuovi casi positivi stiano diminuendo con minore velocità in diversi paesi, ma saranno necessari più dati derivanti dai sequenziamenti per averne qualche certezza.