Cosa succede ora a Boris Johnson?
Dopo lo scandalo sulle feste in lockdown, nel Partito conservatore si discute della sua sostituzione, mentre lui cerca di sviare l'attenzione
Dopo lo scandalo sulle feste organizzate nella sua residenza in violazione delle regole del lockdown, negli ultimi giorni il primo ministro britannico Boris Johnson si è dato molto da fare per cercare di restituire credibilità al suo governo ed evitare il rischio di una crisi. Ma nonostante gli sforzi sia in ambito economico sia all’estero, il suo governo rimane ancora in bilico, e aumentano i parlamentari conservatori che chiedono le sue dimissioni.
Johnson ha fatto capire di non avere nessuna intenzione di dimettersi, si è mostrato impegnato in grandi sforzi diplomatici per risolvere la crisi in Ucraina e ha annunciato ambiziosi piani per risollevare l’economia del paese. Il futuro della sua leadership, però, dipende ancora da cosa deciderà di fare il suo partito, dove la discussione sul futuro del primo ministro è ancora in corso ed è piuttosto accesa.
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Le conclusioni dell’indagine sulle feste nella residenza di Downing Street, condotta dalla funzionaria del governo Sue Gray, sono state diffuse lunedì. Delle feste organizzate nella residenza di Johnson Gray ha dato un giudizio severo: tra le altre cose ha scritto che c’è stato un «fallimento di giudizio e di leadership» da parte del governo, che nell’ufficio del primo ministro c’è un consumo «eccessivo» e «inappropriato» di alcol, e che, in sostanza, Johnson si è comportato come se non ci fosse una pandemia in corso, mentre ai cittadini era richiesto di accettare grosse restrizioni nella propria vita quotidiana.
Alla diffusione dell’esito dell’indagine è seguito un intervento dello stesso Johnson in parlamento, dopo il quale, per oltre un’ora e mezza, decine di parlamentari – a cui ha dovuto rispondere singolarmente, dopo ogni intervento – gli hanno rivolto critiche durissime, invitandolo in più occasioni a dimettersi. E nei giorni successivi vari parlamentari del suo partito, il Partito Conservatore, hanno chiesto formalmente di votare per sostituirlo alla guida del partito e quindi del paese (nel Regno Unito il leader del partito di maggioranza è anche automaticamente il capo del governo).
Johnson, comunque, si è mostrato deciso a non voler rinunciare al governo: ha detto di non avere nessuna intenzione di dimettersi e di voler aspettare la pubblicazione dell’esito dell’indagine per intero. Il rapporto di Sue Gray è stato diffuso soltanto parzialmente, perché nel frattempo sulle feste organizzate da Johnson ha aperto un’indagine anche la polizia di Londra, e finché non sarà conclusa gran parte del rapporto scritto da Gray resterà riservato.
Nel frattempo, Johnson si è subito adoperato per cercare di recuperare credibilità e restare al suo posto, con vistose operazioni sia di politica interna che estera.
Si è per esempio mostrato molto attivo in tentativi diplomatici di risoluzione della crisi in Ucraina: lunedì, poco prima della diffusione dei risultati dell’indagine di Gray, ha annunciato che il giorno dopo sarebbe andato personalmente a Kiev, in Ucraina, per incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, cosa che poi ha fatto, e mercoledì ha invece telefonato al presidente russo Vladimir Putin.
Tutti questi sforzi diplomatici sono stati commentati come inutili, e sembrano più che altro funzionali a spostare l’attenzione dallo scandalo delle feste. Dmitry Polyanskiy, rappresentante del governo russo alle Nazioni Unite, ha detto a Sky News che i tentativi di Johnson di placare le tensioni sono «assolutamente inutili», e un altro portavoce del governo russo, Dmitry Peskov, ha detto che la telefonata di Johnson con Putin non significa nulla: Putin, ha detto Peskov, «parlerebbe con chiunque», anche con uno «totalmente confuso» come Johnson.
Mercoledì Johnson ha anche presentato un ambizioso programma di riforme economiche e sociali da attuare su tutto il territorio nazionale chiamato “Elevare il Regno Unito”. Il programma, forse il più ambizioso nella leadership di Johnson, è stato paragonato a tentativi di riforme fatti nei decenni passati da governi laburisti, per quanto sulle sue possibilità di riuscita ci sono pareri contrastanti, per varie ragioni.
Una di queste è che per Boris Johnson potrebbe ormai essere troppo tardi per poter attuare queste riforme, dato che la possibilità che venga sostituito come capo del partito Conservatore e primo ministro è diventata ancora più concreta dopo la diffusione dell’esito dell’indagine di Sue Gray.
Secondo le regole dei Conservatori britannici per rimpiazzare il capo del partito serve la richiesta formale, espressa con una lettera, del 15 per cento dei parlamentari del partito (in questo caso 54 persone). A quel punto devono essere organizzate nuove elezioni interne. Già prima della diffusione dei risultati dell’indagine di Sue Gray alcuni membri del partito Conservatore avevano inviato la loro lettera, e ora se ne sono aggiunti altri tre. Non si sa di preciso quante lettere siano state raccolte (lo sa solo il deputato che presiede il comitato che raccoglie le lettere, Graham Brady): secondo BBC per ora ne sono state raccolte 17. Potrebbero aumentare, però, dato che diversi membri del partito Conservatore avevano detto che avrebbero atteso l’indagine di Gray per decidere cosa fare.
Sostituire Johnson, comunque, potrebbe non essere semplice: anche se i nomi di possibili sostituti circolano da un po’, e sono più o meno sempre gli stessi, non sembra che all’interno del partito ci sia un’opinione condivisa su chi potrebbe prendere il posto di Johnson. Secondo Stephen Bush, giornalista britannico del New Statesman, l’indecisione del partito potrebbe permettere a Johnson di restare ancora un po’ al suo posto.
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