Il tentativo di limitare lo sfruttamento nella logistica a Bologna
È stata firmata una carta della logistica etica, in un settore in cui le condizioni di lavoro sono spesso pessime: ma potrebbe non bastare
La carta della logistica etica firmata il 27 gennaio da diverse organizzazioni sindacali e associazioni di categoria dell’area di Bologna è uno dei primi tentativi in Italia di limitare lo sfruttamento dei lavoratori e il rischio di incidenti sul lavoro, molto alto in questo settore, uno dei più strategici dell’economia italiana. Più controlli e più tutele sono alla base del documento a cui negli ultimi tre mesi hanno lavorato la Città metropolitana, i comuni, i sindacati, l’INAIL, l’Ispettorato del lavoro, i sindacati e i rappresentanti delle imprese. «È un impegno per mettere in campo azioni concrete sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, sulla formazione dei lavoratori e delle lavoratrici, sulle pari opportunità, sull’uso di tutti gli strumenti che abbiamo per salvare vite», ha detto il sindaco di Bologna, Matteo Lepore.
Dalla provincia di Bologna passa gran parte delle centinaia di migliaia di pacchi ordinati online, che arrivano nelle case di tutta Italia nel giro di pochi giorni e in alcuni casi in poche ore. L’Emilia-Romagna è una delle regioni in Italia in cui la logistica è cresciuta di più negli ultimi anni, spesso a scapito delle regole e della sicurezza, in un contesto di precarietà per certi versi strutturale. Quello degli operatori che scaricano i pacchi dai tir e li smistano su altri camion più piccoli è un lavoro frenetico, spesso senza orari e controllato costantemente.
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Nelle imprese della logistica che operano nell’area di Bologna lavorano 20mila persone. Il fatturato complessivo è di 4,3 miliardi di euro. In tutta l’Emilia-Romagna il settore conta circa 9.900 imprese con 80.500 lavoratori e lavoratrici, e un fatturato di 13 miliardi di euro, il 16,2 per cento di tutto il fatturato della logistica in Italia.
Secondo l’ultimo rapporto annuale di tutela e vigilanza in materia di lavoro, pubblicato dall’Ispettorato del lavoro, nel 2020 in Emilia-Romagna sono stati rintracciati 6.821 lavoratori irregolari. Il 75 per cento delle cooperative controllate è risultato irregolare e il “trasporto e magazzinaggio” è stato uno dei settori con il tasso di irregolarità più alto, al 71,7 per cento. L’Emilia-Romagna è risultata anche prima regione in Italia per numero di lavoratori coinvolti (1.696) in “illecite esternalizzazioni di manodopera in materia di appalti”.
Negli ultimi mesi ci sono stati diversi casi che hanno confermato le condizioni di lavoro pessime e i rischi per i lavoratori soprattutto all’interno dell’interporto di Bologna, una distesa di capannoni da 4,1 milioni di metri quadri a nord della città dove lavorano 4750 addetti, sono insediate 120 aziende e 43 cooperative.
Nella notte tra mercoledì 20 e giovedì 21 ottobre nell’area 13.4 dell’interporto è morto Yaya Yafa, 22 anni, assunto solo tre giorni prima da un’agenzia interinale come addetto allo spostamento della merce per il consorzio Metra, nell’ambito dell’appalto Dedalog, nel magazzino di SDA, una delle grandi aziende della logistica, di proprietà di Poste Italiane. Mentre stava scaricando un camion è rimasto schiacciato tra il veicolo e la ribalta numero nove del magazzino.
Un altro caso piuttosto discusso ha coinvolto i lavoratori Logistic Time, la cooperativa del consorzio Metra che lavorava in un magazzino dell’interporto per conto della multinazionale Logista Italia. Il 31 luglio 2021 la cooperativa ha inviato un messaggio su WhatsApp nella chat dei lavoratori per comunicare loro la conclusione del rapporto di lavoro: «Buonasera, a seguito della riduzione delle attività, nella data di lunedì 2 agosto 2021 lei sarà dispensato dalla sua attività lavorativa. Il trattamento economico verrà garantito con gli strumenti previsti di legge. Cordiali saluti».
Logista ha disdetto in anticipo l’appalto con Logistic Time, la cooperativa che lavorava a Bologna, e ha trasferito la gestione della merce in altri magazzini – a Tortona, in Piemonte, e nel Lazio, ad Anagni – dove i costi della manodopera sono inferiori, con modalità e tempi di comunicazione discutibili. È un metodo consolidato, utilizzato da molte altre cooperative in tutta Italia.
Un’altra improvvisa interruzione di lavoro con modalità identiche è avvenuta il 31 dicembre, quando è stata annunciata la chiusura del magazzino di Fedex-Tnt attraverso un messaggio via WhatsApp. Zampieri Holding, la società capofila degli appalti per il capannone all’Interporto dove lavorava la cooperativa che ha inviato il messaggio, ha poi annunciato di aver riassunto, a partire dal 10 gennaio, una cinquantina di lavoratori sui 75 impiegati con un contratto in scadenza.
Le regole della nuova carta della logistica etica sono state pensate per garantire più sicurezza sul lavoro, contratti migliori, e modalità di comunicazione più rispettose dei lavoratori.
Il primo degli otto punti riguarda la sicurezza. La carta istituisce un maggior coordinamento tra l’INAIL (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) e l’Ispettorato del lavoro per vigilare sul rispetto delle norme «in modo da disincentivare ed evitare fenomeni di mancato rispetto degli oneri collegati alla sicurezza».
Saranno promosse anche nuove campagne informative sulla sicurezza rivolte ad aziende e lavoratori, in aggiunta alle attività di formazione obbligatorie. Viene anche sollecitato un maggiore coordinamento tra le imprese e i responsabili del servizio di prevenzione e protezione, e un maggiore coinvolgimento dei preposti per la sicurezza in particolare nei magazzini dove lavorano più cooperative.
In merito ai contratti e alla qualità del lavoro, la carta impone l’applicazione e il rispetto del contratto nazionale di settore e del contratto a tempo indeterminato «come forma comune di rapporto di lavoro nell’ottica del lavoro stabile e della continuità occupazionale», contrastando l’abuso del lavoro a termine. Le aziende devono impegnarsi a costruire una filiera corta negli appalti e nei subappalti, con pochi passaggi e intermediari, a sostenere le pari opportunità rivolgendo attenzione all’età e al genere all’interno delle imprese, e a garantire parità salariale e la conciliazione dei tempi tra la vita e il lavoro.
Uno dei punti della nuova carta, chiamato “coesione sociale e integrazione con il territorio”, ha come obiettivo il potenziamento degli strumenti di welfare come corsi di lingua italiana «che consentano l’effettiva esigibilità dei diritti e dei doveri per i lavoratori di origine straniera». Si cercherà di incentivare la mobilità sostenibile, anche attraverso il coinvolgimento degli enti locali.
Un rappresentante dei trenta firmatari farà parte di un comitato che ha il compito di vigilare sul rispetto delle regole della carta della logistica etica.
Tra le altre cose, uno dei compiti del comitato è raccogliere e condividere dati e analisi sull’attività dei principali poli logistici, sui nuovi insediamenti, compresa la rete degli appalti e la relativa filiera, con informazioni come il bilancio delle aziende e le partecipazioni societarie.
Questo osservatorio consentirà di avere un controllo maggiore per limitare «lo sfruttamento, il caporalato e fenomeni di discriminazione, oltre che il radicamento mafioso e criminale».
Negli ultimi anni, infatti, soprattutto in Emilia-Romagna sono nate cooperative che nel giro di pochi mesi hanno assunto centinaia di dipendenti e fatturato milioni di euro prima di chiudere dopo appena due anni di attività. In queste operazioni si nascondono le irregolarità e, talvolta, gli affari della criminalità organizzata. «Servono ispezioni», ha detto Vincenzo Colla, assessore regionale allo Sviluppo economico e al Lavoro. «Chi non sta alle regole deve sapere che può essere controllato, con un rafforzamento dell’organico dei servizi ispettivi anche in Emilia-Romagna».
Secondo il sindaco Matteo Lepore, il documento sarà un modello da cui partire per definire nuove regole a livello nazionale. Tuttavia, dopo anni di politiche permissive c’è il rischio che ormai sia troppo tardi per garantire più diritti e tutele in un settore poco regolamentato come la logistica.
Anche nel lavoro di definizione della carta non sono mancati problemi: al confronto non ha partecipato il sindacato di base SI Cobas, il più rappresentativo nei magazzini della logistica, da sempre critico nei confronti delle altre organizzazioni sindacali. Secondo il sindacalista Tiziano Loreti, perfino dopo la morte di Yaya Yafa, altri incidenti sul lavoro e i licenziamenti via WhatsApp non è cambiato nulla: «Troppo lavoro svolto in orario notturno e a ritmi frenetici, contratti precari, poca formazione, nessun controllo se non concordato a priori, scarso rispetto delle clausole sociali nel passaggio da un appalto all’altro e medesime modalità di comunicazione circa l’interruzione dei contratti».