Nel M5S è in corso un grosso litigio fra Conte e Di Maio
È emerso durante la trattativa per il Quirinale, ma va avanti da tempo: secondo alcuni potrebbe portare a una scissione del partito
La rielezione a presidente della Repubblica di Sergio Mattarella ha lasciato tensioni e strascichi in tutti i partiti, ma quello più in difficoltà sembra di gran lunga il Movimento 5 Stelle. I due principali leader del partito, il presidente Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, hanno avuto posizioni opposte in diverse fasi della trattativa, e i cronisti politici danno per certo che fra giovedì e venerdì Di Maio abbia lavorato attivamente per opporsi alla candidatura di Elisabetta Belloni, proposta proprio da Conte.
Sui giornali si legge che il dissenso fra Conte e Di Maio sia politico ma soprattutto personale, e che sarà difficile ricomporlo. Il Fatto Quotidiano, il giornale più vicino e attento a quello che succede dentro al M5S, lunedì scrive che tra Conte e Di Maio «ne resterà solo uno», e attribuisce a un importante dirigente del partito una dichiarazione piuttosto minacciosa: «Alla resa dei conti si arriverà in fretta».
Per un giorno, il conflitto fra i due si è spostato dalle discussioni interne al partito alle pagine di giornale. Sabato sera, subito dopo la rielezione di Mattarella, Di Maio si è presentato davanti ai giornalisti con un gruppo di parlamentari a lui vicini – fra cui la viceministra all’Economia, Laura Castelli – per dire davanti alle telecamere che «all’interno del Movimento 5 Stelle serve aprire una riflessione politica interna».
Domenica intorno all’ora di pranzo Conte ha convocato i giornalisti davanti a casa sua per ribattere: «Se Di Maio parla di fallimento, se Di Maio ha delle posizioni… le chiarirà perché lui era in cabina di regia», cioè uno dei principali organi politici del Movimento, «ci chiarirà perché non ha chiarito questa posizione e soprattutto ci chiarirà i suoi comportamenti».
Di Maio viene descritto da mesi come il leader del Movimento 5 Stelle più ostile a Conte, anche se i contorni del conflitto non sono chiarissimi.
Dai retroscena di queste settimane si intuisce che Conte sta cercando di rafforzare i legami con l’ala più radicale del Movimento – quella che anni fa si riconosceva intorno all’ex deputato Alessandro Di Battista – e che ha valutato seriamente se passare all’opposizione del governo Draghi, e recuperare una certa «radicalità» in vista delle elezioni. Che se fosse per lui, a quanto si legge, andrebbero bene anche se anticipate: in qualità di presidente del M5S comporrebbe lui le liste elettorali, assicurandosi il controllo del partito almeno per qualche anno.
Gli obiettivi di Di Maio sembrano invece opposti. La sua corrente, di cui fa parte qualche decina di parlamentari, sostiene esplicitamente il governo di Mario Draghi e nel corso del tempo ha preso posizioni più moderate rispetto al resto del Movimento. Tanto che nei giorni scorsi il capo del piccolo partito di centrodestra Coraggio Italia, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, ha offerto a Di Maio e ai suoi parlamentari di accoglierli nel proprio gruppo parlamentare in caso di scissione. In realtà sembra che a Di Maio interessi più che altro imporre la propria visione di un Movimento 5 Stelle moderato e istituzionale, e prendere il posto di Conte alla guida del partito (che era già stato suo fra 2017 e 2020).
In questi giorni Conte e Di Maio si sono scontrati soprattutto sulle trattative per il Quirinale.
Conte ha avuto enormi difficoltà nelle trattative. I suoi oltre 200 parlamentari erano la delegazione più numerosa, ma il capo del partito non ha mai trovato un nome che potesse metterli d’accordo tutti e infine gli è toccato convergere su Mattarella, come auspicato già settimane fa da alcune correnti. Secondo alcuni retroscena Conte avrebbe anche parlato con Salvini della possibilità di eleggere qualcuno da soli, come l’ex ministro degli Esteri Franco Frattini o Belloni, cosa che avrebbe di certo rotto l’alleanza con il centrosinistra.
In questa elezione Di Maio è stato descritto come piuttosto allineato e leale con il Partito Democratico ed è rimasto perlopiù in disparte: tranne quando ha sostanzialmente distrutto la candidatura di Belloni nella notte fra venerdì e sabato, come raccontato da diversi retroscena.
Le ragioni per cui Di Maio ha deciso di non sostenere Belloni non sono chiarissime: ufficialmente ha parlato di un problema di metodo che aveva portato alla sua scelta, ma secondo i cronisti politici ha voluto evitare che Conte potesse intestarsi una vittoria politica, che oltretutto poteva portare alle elezioni anticipate dato che Belloni non sarebbe stata votata da gran parte del centrosinistra. Le tensioni sono poi emerse con le dichiarazioni dei giorni scorsi.
Non è chiaro quale forma prenderà nelle prossime settimane questo scontro. La Stampa cita la possibilità di un «processo» che i parlamentari più fedeli a Conte vorrebbero tenere contro Di Maio, «per aver tramato nell’ombra durante la partita quirinalizia, per aver puntato su altre candidature rispetto a quelle della cabina di regia, e per aver creato una corrente, vietata dallo statuto» del partito. Si parla sia di una possibile espulsione sia di un voto online fra gli iscritti al partito, anche se non è chiaro sulla base di cosa.
Nel frattempo sembrano ormai logorati anche i rapporti fra Di Maio e la componente più radicale del M5S, che sostiene apertamente Conte. «Credo che a Luigi interessi più salvaguardare il suo potere personale che la salute del Movimento», ha detto lunedì Di Battista in una dura intervista data al Fatto Quotidiano.