Quanto resterà in carica Mattarella?
Lui ha fatto capire di non accettare neanche in via ipotetica un mandato a tempo, e infatti non ne parla nessuno
Per la seconda volta in nove anni, il Parlamento ha rieletto il presidente della Repubblica uscente per un secondo mandato. Come Sergio Mattarella, anche Giorgio Napolitano nel 2013 aveva dovuto accettare la rielezione per via dell’instabilità del sistema politico e della litigiosità dei partiti. Entrambi si erano detti indisponibili, ma hanno ceduto alle richieste del Parlamento incapace di trovare un accordo su un successore.
Analogie a parte, però, tra la rielezione di Mattarella e quella di Napolitano ci sono anche diverse differenze formali: per cominciare, sono avvenuti in momenti molto differenti, la prima all’inizio di una legislatura, la seconda alla fine. E anche le premesse sono diverse: se Napolitano, come condizione per la rielezione, mise in chiaro di voler rimanere al Quirinale solo il tempo necessario ad approvare le riforme che aveva chiesto ai partiti, Mattarella ha voluto dare il messaggio di non prendere in considerazione un mandato a tempo.
La Costituzione dice chiaramente che il mandato del presidente della Repubblica dura sette anni, ma proprio per la sua lunghezza i commentatori sanno che tra gli scenari ormai possibili esiste anche quella di un mandato più breve, soprattutto da quando c’è stato il precedente di Napolitano. Se ne era parlato nelle scorse settimane per Giuliano Amato, per esempio, da poco eletto presidente della Corte costituzionale e fino a poco tempo fa nel cosiddetto “toto nomi” per il Quirinale. Amato, che ha 83 anni, sembrava la persona giusta per traghettare il sistema politico alla scadenza naturale della legislatura, nel 2023, e poi dimettersi da presidente.
È un’ipotesi di cui si è parlato anche in relazione a Mattarella stesso. Dall’inizio si era capito che in caso di stallo delle trattative tra i partiti il piano di emergenza sarebbe stato chiedergli di restare. Perciò, tra le opzioni si ventilava un mandato a tempo fino alle elezioni politiche del 2023, così da permettere al governo di Mario Draghi di restare in carica un altro anno, che è praticamente l’unica cosa su cui i partiti della maggioranza – Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, LeU, Italia Viva, Lega e Forza Italia – erano d’accordo.
Tuttavia i capigruppo che sabato pomeriggio sono andati al Quirinale per chiedere a Mattarella di restare non hanno mai parlato di un mandato a tempo, né lo hanno fatto i leader politici una volta raggiunto l’accordo sulla rielezione. Il motivo è che Mattarella, che ha un passato da giurista e da giudice della Corte costituzionale, sarebbe contrario ad accettare l’idea anche solo in via ufficiosa, ed evidentemente i partiti lo sanno. Secondo Mattarella concordare a priori la durata di un mandato presidenziale come inferiore a quella prevista di sette anni sarebbe insomma una forzatura istituzionale inaccettabile.
Lo scrivono anche diversi cronisti politici sui giornali di oggi. Secondo l’autorevole quirinalista del Corriere della Sera, Marzio Breda, sarebbe addirittura irrispettoso e di cattivo gusto formulare l’idea di un mandato a tempo davanti a Mattarella: «Inutile porgli il tema della durata del mandato […] e per fortuna nessuno dei capi politici saliti ieri sul Colle ha avuto la sconsideratezza di accennarne. Perché il mandato è, e resta, quello dei sette anni». È la stessa sensazione che ha Concetto Vecchio su Repubblica:
Sergio Mattarella in questi giorni è alle prese con l’arredamento della nuova casa affittata nel quartiere Pinciano. Ma il trasloco può aspettare. Rimarrà al Colle. Ed è stato eletto per starci sette anni. Questo recita la Costituzione, e a questa regola si atterrà, in partenza, il capo dello Stato. La domanda sul termine di questo secondo mandato è ritenuta inaccettabile.
Mattarella sembra quindi voler rendere chiaro che la durata del mandato rimane di sette anni, e che se dovesse durare meno sarà solo per una decisione del presidente in carica e di nessun altro.
Legata a questa questione ce n’è un’altra che riguarda le iniziative di Mattarella nel prossimo settennato. Prima di essere rieletto, quando aveva tentato di far capire la propria indisponibilità, aveva citato uno scritto in cui uno dei suoi predecessori, Antonio Segni, aveva proposto di inserire nella Costituzione la «non immediata rieleggibilità del presidente della Repubblica». All’epoca la citazione di Mattarella era stata vista come un modo per comunicare ai partiti la propria indisponibilità a farsi rieleggere.
Lo scorso dicembre però il PD aveva depositato un disegno di legge che modificherebbe la Costituzione vietando la rielezione del presidente della Repubblica e abrogherebbe il cosiddetto semestre bianco, ovvero il divieto per quest’ultimo di sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del suo mandato. Sembrava un tentativo di persuadere Mattarella ad accettare di essere rieletto, garantendogli che sarebbe stato l’ultimo presidente a dover prestarsi a questo tipo di richiesta, che agli occhi di molti sta diventando sempre meno un’eccezione e sempre più la prassi.
Tra i commentatori politici c’è chi ipotizza che la rielezione di Mattarella sia avvenuta con l’implicita conseguenza dell’approvazione di quel disegno di legge. Mattarella in realtà non sembra aver posto nessuna condizione per accettare un secondo mandato. Ai capigruppo che lo hanno incontrato al Quirinale, secondo i retroscena, avrebbe detto semplicemente di essere disponibile, anche se aveva altri piani.