• Mondo
  • Venerdì 28 gennaio 2022

Le nuove proteste in Polonia contro la legge che vieta quasi del tutto l’aborto

Sono iniziate dopo la morte di una donna a cui era stata rifiutata l'interruzione di gravidanza, un caso non unico nel paese

Un gruppo di attiviste protesta davanti alla sede della Corte costituzionale della Polonia a Varsavia, con un cartello che dice "Aborto senza limiti", mercoledì 26 gennaio (AP Photo/Czarek Sokolowski)
Un gruppo di attiviste protesta davanti alla sede della Corte costituzionale della Polonia a Varsavia, con un cartello che dice "Aborto senza limiti", mercoledì 26 gennaio (AP Photo/Czarek Sokolowski)

In questi giorni a Varsavia e in altre città polacche sono state organizzate veglie e proteste per la morte di Agnieszka T, una donna di 37 anni a cui i medici dell’ospedale dove era ricoverata si erano rifiutati di praticare l’interruzione di gravidanza nonostante evidenti complicazioni. La vicenda di Agnieszka T non è un caso isolato: a un anno dall’introduzione della nuova, contestatissima norma sull’aborto in Polonia, che sancisce il divieto quasi totale di abortire, altre donne sono morte in circostanze simili.

Agnieszka T era incinta di due gemelli e lo scorso 21 dicembre era stata ricoverata con forti dolori addominali in un ospedale di Częstochowa, nel sud del paese, a un centinaio di chilometri da Cracovia.

La sua famiglia ha detto che al momento del ricovero era nel primo trimestre di gravidanza e stava piuttosto bene, poi le sue condizioni di salute erano progressivamente peggiorate. Nonostante il battito cardiaco di uno dei due feti fosse cessato, i medici dell’ospedale si erano rifiutati di praticare l’aborto; erano intervenuti per terminare la gravidanza solo il 31 dicembre, due giorni dopo che era cessato anche il battito del secondo feto. La donna era morta per successive complicazioni il 25 gennaio, anche se le cause precise non sono ancora state chiarite.

In un post condiviso su Facebook assieme a un breve video degli ultimi giorni in ospedale, la famiglia di Agnieszka T ha raccontato che i medici si erano rifiutati di intervenire prima citando la norma in vigore dal gennaio del 2021, una delle più rigide in Europa, che vieta l’aborto anche in caso di malformazione del feto e lo permette solo in caso di gravidanze causate da stupro o incesto e pericolo di vita per la donna. La famiglia ha accusato l’ospedale di negligenza e ha contestato il governo polacco per aver adottato una legge che mette a rischio la vita delle donne.

Martedì, dopo la sua morte, sono state organizzate veglie e proteste sia a Varsavia che a Częstochowa, la sua città.

Le attiviste per la libertà di scelta sull’aborto di Strajk Kobiet (letteralmente “Sciopero delle donne”) hanno invitato le persone a manifestare e a protestare davanti agli uffici del partito di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS), il partito di maggioranza al governo, che nel 2021 aveva voluto l’introduzione della nuova norma.

Il caso di Agnieszka T non è isolato. A settembre una donna di 30 anni chiamata Izabela a cui si erano rotte le acque durante la 22ma settimana di gravidanza era morta senza assistenza medica in un ospedale di Pszczyna, nel sud-ovest della Polonia. Secondo la sua famiglia, i medici si erano rifiutati di praticare un aborto o di indurre il parto sempre per via della nuova legge (un’indagine stabilì che la morte della donna fu causata da negligenza e l’ospedale venne multato). Un uomo di Świdnica, città vicina a Wroclaw, aveva segnalato che sua moglie era morta in circostanze simili a giugno.

– Leggi anche: La contestata norma sull’aborto in Polonia