Le regole per le scuole sono un casino
Su isolamenti, quarantene e DAD spesso non sono chiare, e la situazione è complicata dai ritardi delle aziende sanitarie
Molte scuole italiane stanno avendo enormi problemi a interpretare e applicare le nuove regole imposte dal governo riguardo alle quarantene e agli isolamenti, che nelle ultime settimane hanno portato tantissimi studenti a tornare alla didattica a distanza (DAD) o hanno provocato la sospensione delle lezioni. Le regole sono infatti piuttosto complesse, hanno tempistiche difficili da rispettare e stanno avendo conseguenze rilevanti per le famiglie. In pochi giorni, anche a causa della saturazione del sistema di tracciamento delle aziende ospedaliere, in tutte le regioni italiane la situazione è diventata insostenibile e moltissimi tra dirigenti scolastici, sindacalisti e genitori hanno chiesto al ministero correzioni urgenti: l’obiettivo è semplificare le norme, per capirle e applicarle con maggiore facilità.
«Nella maggior parte delle scuole si lavora nel caos perché il servizio, completamente snaturato, deve supplire alle carenze di quello sanitario territoriale», ha detto Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi (ANP).
Le regole oggi in vigore variano a seconda del grado di istruzione e sono diverse tra studenti vaccinati e non vaccinati. Nelle scuole dell’infanzia e negli asili nido, se nella classe o nella sezione c’è un caso positivo le attività sono sospese e i bambini sono in quarantena per 10 giorni.
Per le scuole elementari, invece, se in una classe c’è un caso positivo l’attività prosegue in presenza ma tutti gli studenti devono fare immediatamente un test antigenico rapido o molecolare (in un giorno chiamato “T0”), e ripeterlo dopo cinque giorni (“T5”). In presenza di due o più positivi è prevista per tutta la classe la didattica a distanza per dieci giorni.
Per le scuole medie e superiori sono previste differenze a seconda che gli studenti siano vaccinati o meno.
Se nella classe viene rilevato un caso di positività si applica solo l’autosorveglianza. La didattica resta in presenza e vale l’obbligo di indossare le mascherine FFP2. Con due casi positivi nella stessa classe è prevista la didattica a distanza per 10 giorni per gli studenti che non hanno avuto la dose di richiamo, per quelli che hanno completato il ciclo vaccinale primario da più di 120 giorni e per chi è guarito dal COVID-19 da più di 120 giorni. A tutti gli altri si applica invece l’autosorveglianza con l’obbligo di utilizzo di mascherine FFP2. Nel caso in cui invece ci siano almeno tre contagiati nella classe, si applica a tutti la didattica a distanza per dieci giorni.
Questa è la teoria. Nella pratica, invece, è tutto più difficile.
Il limite più rilevante evidenziato da dirigenti scolastici e famiglie è la differenza tra le regole tra i bambini e le persone adulte. In sostanza, fino a 10 anni essere compagni di classe di un positivo porta a più restrizioni che essere convivente con un positivo perché per la scuola sono previste regole quarantene con criteri più severi rispetto a quanto previsto in tutti gli altri casi.
– Leggi anche: Guida semplice alle regole su isolamento, quarantena e autosorveglianza
Ci sono anche altri problemi. Nelle scuole dell’infanzia e negli asili nido, le quarantene delle classi sono spesso continuative perché non sono rari i casi in cui vengono trovati positivi diversi bambini a qualche giorno di distanza l’uno dall’altro. La classe deve andare in quarantena di dieci giorni in dieci giorni, con il rischio di rimanere a casa per settimane. Conseguenze simili e a volte anche più complicate per le famiglie che hanno più figli.
Inoltre quando uno studente è positivo, i compagni devono fare il tampone, ma un nuovo caso positivo viene considerato collegato al primo solo se il test avviene entro 48 ore, una scadenza che difficilmente viene rispettata a causa della saturazione del sistema di tracciamento. Se si superano le 48 ore, il nuovo positivo diventa un caso a sé stante nonostante sia stato trovato nella stessa classe.
Il caos è stato causato dalla complessità delle regole e soprattutto dalla difficoltà delle aziende sanitarie, che in molte regioni non riescono a rispettare i tempi indicati dal ministero. «Il famoso “T0” è impossibile da rispettare, soprattutto nelle regioni in zona arancione come il Friuli Venezia Giulia», spiega Paolo De Nardo, dirigente dell’istituto comprensivo 3 di Udine e referente provinciale dell’ANP. «I dipartimenti di prevenzione non riescono più a seguire l’andamento epidemiologico e le famiglie devono organizzarsi in autonomia».
De Nardo dice che da quando è ricominciata la scuola non ha fatto altro che occuparsi della gestione sanitaria, del tracciamento, dell’organizzazione delle supplenze per sostituire gli insegnanti malati. Le famiglie chiedono certezze e la scuola ne ha poche.
«Molte delle conseguenze di questa situazione sono sottovalutate», dice. «Quando l’azienda sanitaria non riesce a tracciare i casi non scatta nemmeno il dispositivo ufficiale della quarantena e le famiglie non possono avere il numero di protocollo per giustificare il congedo parentale: possiamo facilmente immaginare i disagi che si creano».
L’associazione nazionale presidi ha chiesto più volte di semplificare le regole. La richiesta è stata sostenuta dai presidenti delle Regioni, che hanno chiesto meno vincoli, per tenere aperte le scuole il più possibile e creare meno problemi alle famiglie. La richiesta principale consiste nella sospensione della didattica in presenza solo per gli studenti con sintomi. Le Regioni hanno chiesto anche la sospensione del contact tracing nelle scuole e l’autosorveglianza, non la quarantena, per i contatti stretti.
I presidenti delle regioni hanno chiesto anche di consentire il rientro in classe senza tampone negativo. «Penso che a scuola bisognerebbe introdurre il fatto che anche i bambini e i ragazzi che sono vaccinati vengano privilegiati sulle quarantene esattamente come gli adulti», ha detto il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. «Non si capisce perché un adulto se viene a contatto con un positivo ed è asintomatico possa non fare la quarantena e i ragazzi no».
Tra le altre cose, il dibattito è complicato perché è difficile capire quale sia la reale situazione nelle scuole: i dati sono parziali e poco trasparenti.
La scorsa settimana il ministro della Pubblica Istruzione Patrizio Bianchi ne ha diffusi alcuni: il 93,4 per cento delle classi era in presenza, di cui il 13,1 per cento con “attività integrata per singoli studenti a distanza”, mentre le classi totalmente a distanza erano il 6,6 per cento. I risultati sono stati contestati da famiglie e dirigenti scolastici secondo cui le classi in didattica a distanza sono molte di più, in alcune regioni anche il 50 per cento del totale.