La NATO si prepara per la guerra
Le contromosse dei paesi occidentali per contrastare una possibile invasione russa dell'Ucraina hanno accelerato negli ultimi giorni, anche se rimane in piedi la via diplomatica
Negli ultimi giorni gli sforzi della NATO e dei suoi paesi membri per contrastare un’eventuale invasione russa dell’Ucraina hanno accelerato e si sono fatti più intensi. Dalle minacce di imporre durissime sanzioni economiche alla Russia si è passati a qualcosa di più serio, cioè a spostamenti di armi e soldati e annunci sulla possibile mobilitazione di migliaia di altri militari. Nonostante la via diplomatica rimanga aperta e praticabile, la situazione in Ucraina è sempre più tesa e di difficile risoluzione: il presidente russo Vladimir Putin non sembra per ora intenzionato a ritirare le 100mila soldati ammassati ai confini con l’Ucraina, e allo stesso tempo la NATO ha escluso di soddisfare le richieste russe sul limitare la sua presenza nell’Europa orientale, giudicate per lo più «inaccettabili».
Uno dei segnali più importanti di questa accelerazione è arrivato dall’annuncio del governo statunitense di avere messo in “stato di allerta” 8.500 soldati, che potrebbero essere presto impiegati in Europa orientale per contrastare l’aggressività della Russia. La decisione è stata definita dal New York Times un «grande cambiamento» per l’amministrazione Biden, che finora aveva adottato una posizione assai cauta nella crisi ucraina per evitare di provocare il governo russo. L’obiettivo principale di questa mossa, ha detto il governo americano, è quello di rassicurare gli alleati, timorosi di quello che potrebbe fare la Russia.
“Stato di allerta” significa che in caso di necessità gli 8.500 soldati potranno essere trasferiti e “attivati” in tempi molto rapidi (per alcune unità si parla di 5 giorni al posto dei normali 10). Parte di questi soldati potrebbe essere mandata direttamente nei paesi NATO dell’Europa orientale, come Polonia e Romania, dove sono richieste unità militari con funzioni e abilità specifiche; l’altra parte, la maggioranza delle truppe, potrebbe rafforzare la NATO Response Force (NRF), forza multinazionale della NATO formata da 40mila soldati e incaricata di rispondere rapidamente alle emergenze.
Questo è un dettaglio importante: nell’annunciare il massiccio coinvolgimento della NRF gli Stati Uniti vogliono mostrare di non voler agire unilateralmente, ma di voler rispondere insieme agli alleati.
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Lunedì Biden ha anche parlato in videoconferenza con alcuni leader europei, annunciando alla fine dell’incontro una «totale unanimità» con i suoi alleati, pur non specificando su che cosa in particolare. Alla riunione c’erano il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, il presidente francese Emmanuel Macron, il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente polacco Andrzej Duda e il primo ministro britannico Boris Johnson.
Great meeting with @POTUS on European security with #NATO leaders @EmmanuelMacron, @OlafScholz, Mario Draghi, @AndrzejDuda, @BorisJohnson & our #EU partners @eucopresident & @vonderleyen. We agree that any further aggression by #Russia against #Ukraine will have severe costs. pic.twitter.com/r7wx0Xln4X
— Jens Stoltenberg (@jensstoltenberg) January 24, 2022
Nonostante la «totale unanimità» annunciata da Biden, e altre frasi richiamanti all’unità dell’alleanza citate dai governi presenti all’incontro, l’impressione è che la NATO continui a faticare nel trovare un vero accordo sulla risposta da dare alla Russia, sia prima che dopo l’inizio di un’eventuale invasione.
Le divisioni interne all’alleanza, seppur in parte fisiologiche quando si parla di accordi così ampi e che prevedono l’uso della forza, erano già emerse la scorsa settimana, a seguito di alcune frasi controverse pronunciate da Biden. Il presidente americano aveva detto che una «piccola incursione» della Russia in Ucraina avrebbe portato gli Stati Uniti ad «avere litigi» con gli alleati europei sulla risposta da adottare. La Russia ha infatti molte opzioni praticabili per creare danni al governo ucraino, che vanno da un ampio attacco informatico (come quello che potrebbero avere compiuto i russi a metà gennaio, quando erano stati attaccati molti siti governativi ucraini) fino a un’invasione.
Non è certo la prima volta che la NATO si divide sull’Ucraina. Nell’incontro di lunedì si è parlato anche della fornitura di armi all’esercito ucraino, un tema da sempre divisivo nell’alleanza: mentre alcuni paesi, come Stati Uniti e Regno Unito, sostengono l’invio di armi difensive all’esercito ucraino (armi che la Russia comunque non considera difensive, ma offensive), altri come la Germania si oppongono.
Nonostante la NATO stia temporeggiando su questo aspetto, negli ultimi giorni diversi paesi hanno mandato (o hanno annunciato l’invio di) armi e soldati per rafforzare il confine orientale dell’alleanza, quello che la Russia di Putin vorrebbe spostare più verso ovest, escludendo i paesi ex comunisti che facevano parte del blocco sovietico prima della fine della Guerra fredda.
La Danimarca ha detto per esempio di avere mandato una nave da guerra nel mar Baltico e ha annunciato l’invio di quattro aerei F-16 in Lituania. Anche la Spagna sta mandando navi da guerra per unirsi alle forze NATO (nel mar Mediterraneo e nel mar Nero) e sta considerando l’invio di aerei da guerra in Bulgaria. I Paesi Bassi dispiegheranno due aerei F-35 in Bulgaria, mentre la Francia ha detto che in caso di necessità avrebbe mandato i suoi soldati in Romania.
Il governo italiano, che ha da anni buoni rapporti con la Russia di Putin, è uno dei più prudenti nella NATO sul prendere iniziative militari. A differenza di altri paesi dell’Europa occidentale, non ha previsto alcun invio di soldati al confine orientale, e al tradizionale disinteresse per questioni estere si è aggiunta negli ultimi giorni l’attesa per l’elezione del presidente della Repubblica, che sta attirando tutte le attenzioni politiche italiane. Non c’è quindi particolare urgenza nel governo di farsi troppo coinvolgere nella crisi ucraina. Nelle ultime settimane il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha ripetuto più volte che l’Italia sta con la NATO: come ha scritto Vincenzo Nigro su Repubblica, «senza entusiasmi, ma con convinzione».
Nonostante la via diplomatica per risolvere la crisi sia ancora aperta, e sarà esplorata nuovamente nei prossimi giorni, la presenza di 100mila soldati russi al confine con l’Ucraina e le ultime mosse della NATO hanno complicato incredibilmente la situazione.
Secondo Andrew Roth, giornalista esperto di Russia e corrispondente del Guardian a Mosca, per il governo russo è diventato estremamente difficile fare un passo indietro e ritirare le proprie truppe, soprattutto dopo gli ultimi annunci della NATO sull’invio di armi e soldati al confine orientale: per Putin vorrebbe dire “perdere la faccia” di fronte ai propri avversari ma anche di fronte ai propri elettori, e potrebbe implicare il fatto di essere preso meno seriamente in futuro.
Ma non è detto nemmeno che Putin lo voglia fare, un passo indietro. L’ammassamento di tutti quei soldati al confine ucraino, una decisione unica ed eccezionale, ha spinto diversi analisti a sostenere che il presidente russo stia cercando effettivamente una guerra, con l’obiettivo di ricacciare indietro la NATO. Allo stesso tempo, ha aggiunto Roth, i governi occidentali stanno mostrando di prendere molto seriamente l’ipotesi di una guerra, sia minacciando durissime sanzioni sia iniziando l’evacuazione delle famiglie dei diplomatici stranieri in Ucraina.