Il violento assalto dell’ISIS a una prigione in Siria
È uno degli attacchi più gravi dalla sconfitta dell’ISIS nel paese: negli scontri con le forze curde sono morte almeno 130 persone
Da quattro giorni ad Hasaka, città nel nord-est della Siria, sono in corso intensi combattimenti tra le Forze Democratiche Siriane (SDF), la coalizione anti-ISIS di arabi e curdi, e i combattenti dello Stato Islamico (ISIS). Gli scontri sono iniziati giovedì, con l’assalto dell’ISIS alla prigione di Gweiran, in cui i curdi tengono prigionieri circa 3.500 detenuti in maggioranza sospettati di far parte dello Stato Islamico.
Le Forze Democratiche Siriane, aiutate dagli Stati Uniti con bombardamenti e attacchi aerei, stanno ancora cercando di riprendere il controllo della prigione.
Gli assalti alle prigioni sono azioni piuttosto frequenti da parte dei gruppi jihadisti, perché contribuiscono a destabilizzare chi li subisce e spesso consentono ai jihadisti di reclutare i detenuti fuggiti. L’assalto di giovedì però è stato particolarmente grave. La prigione di Gweiran è una delle più grandi della zona ed è gestita dalle forze curde. Negli scontri di questi giorni sono morte più di 130 persone, di cui 84 membri dello Stato Islamico, 45 combattenti curdi e 7 civili, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione che ha sede nel Regno Unito e che documenta i conflitti in Siria.
Secondo le ricostruzioni fatte da vari media internazionali, l’assalto è iniziato giovedì sera, quando, secondo quanto detto dalle forze curde, è stata fatta detonare una bomba vicino all’entrata, permettendo a decine di detenuti di evadere.
I detenuti rimasti all’interno della prigione si sono poi impadroniti delle armi delle guardie carcerarie, uccidendone alcune e liberando altri detenuti. Il giorno successivo, venerdì, lo Stato Islamico ha rivendicato l’attacco. Le forze curde hanno detto di aver ricatturato un centinaio di detenuti, ma secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani altre decine sono riuscite a evadere e sono attualmente in fuga.
Subito dopo l’attacco, le forze curde hanno circondato la prigione per cercare di riprenderne il controllo. Domenica sono intervenuti in loro sostegno anche gli Stati Uniti, che hanno inviato elicotteri ed effettuato attacchi aerei sulla prigione, uccidendo alcuni detenuti. Le operazioni, però, sono complicate anche dal fatto che, come ha scritto il New York Times, i combattenti dell’ISIS starebbero usando centinaia di ragazzini detenuti come scudi umani.
Nel frattempo, a causa degli scontri e delle violenze, molti civili che abitavano nelle vicinanze della prigione sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni.
Domenica il Rojava Information Center, l’agenzia di stampa fondata e gestita da attivisti che sostengono i curdi, ha detto che i tentativi per riprendere il controllo della prigione sono ancora in corso.
Si stima che nelle prigioni curde nel nord-est della Siria siano detenute decine di migliaia di miliziani o sospetti miliziani dell’ISIS, molti dei quali provenienti da paesi stranieri, i cosiddetti “foreign fighters”. Le loro condizioni sono oggetto di preoccupazione da parte della comunità internazionale: di fatto, la loro gestione è lasciata alle forze curde locali, con rischi di attacchi come quello avvenuto giovedì, e conseguenti evasioni, che di fatto rafforzano l’ISIS nella regione.
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