Ci sono le elezioni a Cipro Nord, e i nazionalisti sono favoriti
È probabile che il governo resti lo stesso: se succederà, la possibilità di riunificare l'isola si allontanerà ancora di più
Domenica si tengono le elezioni per rinnovare il parlamento di Cipro Nord, lo stato autoproclamato e non riconosciuto dalla comunità internazionale che si trova nella parte settentrionale dell’isola di Cipro, e che da oltre cinquant’anni dipende economicamente e militarmente dalla Turchia.
Anche se ha un parlamento, Cipro Nord è riconosciuto come stato sovrano soltanto dalla Turchia, che nel 1974 invase l’isola per sostenere la popolazione turco-cipriota dell’isola e che ne provocò la divisione di fatto.
Secondo i sondaggi, è probabile che a governare il paese resti il partito nazionalista filo-turco attualmente al governo: significherebbe allontanare ancora di più una possibile riunificazione dell’isola tra la parte turco-cipriota e quella greco-cipriota, cioè lo stato di Cipro riconosciuto dalla comunità internazionale.
I tentativi di riunificazione vanno avanti da decenni, ma negli ultimi anni le speranze di riunificare l’isola sono diventate sempre meno, anche a causa dell’influenza del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
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Il parlamento di Cipro Nord esiste dal 1983, cioè da quando Cipro Nord si è unilateralmente dichiarata indipendente proclamando la Repubblica Turca di Cipro Nord. L’isola era comunque già divisa in due dal 1974, anno della prima invasione turca, che arrivò dopo decenni di conflitti tra la maggioranza greco-cipriota e la minoranza turco-cipriota dell’isola.
Il governo della parte greco-cipriota è l’unico che la comunità internazionale riconosca come legittimo e sovrano su tutta l’isola, e dal 2004 Cipro è entrato a far parte anche dell’Unione Europea. Cipro Nord dipende invece praticamente in ogni ambito della sua vita politica ed economica dalla Turchia, l’unico paese al mondo che lo riconosce. A Cipro Nord l’influenza turca è sempre stata fortissima, ma si è amplificata soprattutto negli ultimi anni, con il crescente nazionalismo del presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
Erdogan è, tra le altre cose, un forte sostenitore della divisione permanente dell’isola. Nicosia, la capitale di Cipro, è l’unica capitale europea lungo cui corre un confine militarizzato, e sull’isola ci sono ancora migliaia di soldati turchi, oltre a vari mezzi militari.
Tutti i negoziati per riunificarla, benché sostenuti dalla popolazione locale, sono andati male: gli ultimi, indetti dal segretario generale dell’ONU António Guterres, sono falliti nel 2021. Le elezioni di domenica potrebbero essere un altro passo in questa direzione.
Quelle di domenica sono elezioni anticipate, e sono state indette lo scorso ottobre dopo le dimissioni del governo in carica, che aveva perso la maggioranza in parlamento. Era guidato da una coalizione formata dal Partito di Unità Nazionale (UBP), partito nazionalista filo-turco, di destra e contrario alla riunificazione dell’isola, dal Partito Democratico (DP) e dal Partito della Rinascita (YDP), entrambi conservatori. Da ottobre il primo ministro a interim è Faiz Sucuoglu, leader dell’UBP.
Per vincere le elezioni, e di fatto continuare a governare, l’UBP dovrebbe ottenere la maggioranza assoluta dei seggi in parlamento, quindi almeno 26 su 50 totali. Secondo sondaggi citati dal centro studi ISPI, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, non è detto che accada, ma l’UBP otterrà comunque il numero più alto di seggi, seguito dal principale partito di opposizione, il Partito Turco Repubblicano (CTP), di centrosinistra e favorevole all’unificazione dell’isola.
Molto dipenderà quindi dalla formazione di una coalizione di governo. Però, sempre secondo l’ISPI, i partiti conservatori DP e YDP otterranno abbastanza voti da mantenere i propri seggi in parlamento, e di fatto sosterranno le scelte politiche dell’UBP.
Quello che si prevede, insomma, è che le cose non cambino granché. Anche perché grossi segnali di rottura non arrivano nemmeno dai partiti di sinistra e centristi, che di fatto mantengono con la Turchia un atteggiamento interlocutorio, insistendo più che altro sul mantenimento di una propria autonomia nella gestione dei servizi pubblici.
Al mantenimento dello status quo – che significa anche la divisione sempre più consolidata dell’isola – contribuiscono varie cause: secondo Ahmet Sözen e Devrim Şahin dell’ISPI, sul paese gravano enormi problemi economici che hanno tolto molta energia alle campagne elettorali o a progetti futuri, rendendo invece più urgente di qualsiasi altra cosa la gestione di problemi come l’inflazione o l’alto tasso di disoccupazione.
Ma ci sono anche altre ragioni. Tra queste il fatto che l’Unione Europea non sia riuscita a mantenere molte promesse di inclusione fatte alla parte turco-cipriota di Cipro, così come la scarsa apertura della comunità greco-cipriota nei confronti dell’altra turco-cipriota: tutto questo, scrive l’ISPI, ha contribuito a rafforzare le politiche di chiusura e arroccamento proposte dal nazionalismo turco-cipriota.
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