Tonga, una settimana dopo
Le operazioni di soccorso dopo la violenta eruzione del vulcano sottomarino proseguono tra grandi difficoltà e preoccupazioni
Sabato sull’isola principale di Tonga, nell’oceano Pacifico, sono arrivati tre aerei militari australiani con cibo, acqua potabile e medicinali: sono solo alcuni tra i mezzi di soccorso che negli ultimi giorni hanno portato beni di prima necessità nel remoto arcipelago, che è stato colpito gravemente dagli effetti dell’eruzione del vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Ha’apai di sabato scorso.
A sette giorni dalla violenta eruzione, che ha provocato uno tsunami e una potente onda d’urto percepita a migliaia di chilometri di distanza, non c’è ancora una stima precisa dei danni: si prevede però che saranno necessarie diverse settimane prima che la situazione ritorni a una relativa normalità.
Nei giorni prima della potente eruzione, il vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Ha’apai sembrava essere in una fase di relativa calma, dopo alcuni giorni più turbolenti alla fine del 2021. Tra sabato 15 e domenica 16 gennaio, nel giro di poche ore, ha però prodotto un’alta colonna di fumo, una quantità gigantesca di fulmini e infine un’eruzione che ha provocato un’onda d’urto potentissima, che ha viaggiato per migliaia di chilometri e ha contribuito a produrre onde anomale e maremoti.
Le onde più grandi hanno provocato grossi danni e allagamenti lungo le coste dell’arcipelago di Tonga. Altre di minori dimensioni sono arrivate invece fino in Nordamerica e Sudamerica, dove hanno provocato la morte di due persone e causato una fuoriuscita di petrolio che è alla base dell’emergenza ambientale attualmente in corso in Perù.
A causa della posizione remota di Tonga, un paese di 105mila abitanti che si trova circa 2.300 chilometri a nord-est della Nuova Zelanda, gestire le operazioni di soccorso si era rivelato da subito piuttosto complesso.
Per giorni le notizie dall’arcipelago erano state pochissime perché l’unico cavo in fibra ottica per le telecomunicazioni che collegava il regno polinesiano di Tonga al resto del mondo era stato gravemente danneggiato.
A complicare ulteriormente gli sforzi internazionali c’era anche il fatto che la gran parte delle isole dell’arcipelago – che sono in totale 169 – era stata ricoperta di ceneri vulcaniche, che avevano reso impossibile l’atterraggio degli aerei e avevano anche contaminato molte riserve di acqua potabile, che in qualche caso erano anche state contaminate dall’acqua marina trasportata dalle onde anomale.
Le isole colpite più duramente dalle conseguenze dell’eruzione sono state quelle nella parte occidentale del paese, a poche decine di chilometri dal vulcano. Come ha detto la diplomatica australiana Rachael Moore, che si occupa dei rapporti con Tonga, «dove una volta c’erano splendidi resort e molte, molte case, adesso c’è un paesaggio lunare».
Finora le conseguenze dell’eruzione del vulcano hanno provocato la morte di tre persone. Le operazioni di soccorso stanno procedendo con qualche difficoltà e tra molte preoccupazioni, e fare bilanci è difficile.
Come ha spiegato Zed Seselja, ministro australiano per lo Sviluppo internazionale nel Pacifico, questo è un momento «estremamente difficile» per gli abitanti di Tonga, e peraltro dalle informazioni ottenute dal personale di soccorso australiano sabato risultano moltissime persone sfollate.
Mercoledì il servizio telefonico nell’arcipelago era stato in parte ripristinato e giovedì, dopo che la pista del principale aeroporto del paese era stata ripulita, erano riusciti ad atterrare i primi due aerei militari che trasportavano acqua potabile e beni di prima necessità da parte di Nuova Zelanda e Australia. Venerdì è arrivata invece la HMNZS Aotearoa, una nave militare neozelandese con 250mila litri di acqua potabile e strumenti per desalinizzare l’acqua, e nei prossimi giorni sono attesi ulteriori mezzi di soccorso inviati anche da altri paesi.
Giovedì tuttavia un aereo australiano è stato costretto a tornare alla base per via di una persona positiva al coronavirus, mentre alcuni problemi tecnici hanno ritardato l’arrivo di due C-130 giapponesi che tra le altre cose trasportavano 5mila litri di acqua potabile.
A proposito di coronavirus, le operazioni di consegna degli aiuti e di soccorso vengono svolte a distanza e con la massima attenzione, visto che finora a Tonga è stato riscontrato un solo caso di contagio dall’inizio della pandemia.
Branko Sugar, un commerciante che vive nella capitale Nuku’alofa, ha detto a Reuters che gli abitanti di Tonga hanno iniziato a pulire le ceneri vulcaniche da lunedì e stanno continuano a farlo: respirare però è difficile per via delle polveri presenti nell’aria, e nonostante la distribuzione degli aiuti sia già cominciata in molte aree del paese le scorte di acqua potabile non sono ancora arrivate.
Il portavoce dell’ONU, Stéphane Dujarric, ha spiegato che c’è grande preoccupazione perché al momento più di 50mila persone non avrebbero accesso all’acqua potabile. Inoltre, il carburante comincia a scarseggiare e in diverse zone sono stati segnalati gravi danni all’agricoltura, al bestiame e agli impianti di pesca intensiva.
Quanto al problema delle comunicazioni, sembra che il prossimo 30 gennaio una nave con a bordo l’equipaggiamento per riparare il guasto al cavo sottomarino debba arrivare nella zona della rottura, avvenuta a circa 40 chilometri dalle coste di Tonga. L’azienda statunitense SubCom, responsabile della manutenzione di circa 50mila chilometri di cavi sottomarini nell’oceano Pacifico meridionale, non ha confermato a Reuters se la nave arriverà effettivamente entro domenica prossima; negli ultimi giorni comunque aveva stimato che per ripristinare completamente il servizio internet in tutto l’arcipelago ci sarebbero volute anche più di quattro settimane.
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