Di chi si parla come prossimo presidente della Repubblica
Oltre ai più citati, Draghi e Mattarella, nel cosiddetto “toto nomi” ci sono molti altri papabili, con varie possibilità di farcela
L’elezione a presidente della Repubblica avviene a scrutinio segreto e le candidature non avvengono in forma ufficiale, ma di solito sono i partiti politici a costruirle – con qualche eccezione – dialogando e stipulando accordi con i leader alleati o avversari in via informale. Dato che si fanno in buona parte dietro le quinte, le trattative vengono quindi raccontate dai giornali con retroscena o interviste per individuare con anticipo quale candidato o candidata ha più probabilità di diventare presidente. È quello che in gergo viene chiamato “toto nomi”, con cui vengono menzionati i potenziali e più probabili futuri presidenti.
A questo giro, il “toto nomi” è iniziato con largo anticipo già lo scorso autunno. Il nome che si è fatto più spesso è senza dubbio quello del presidente del Consiglio Mario Draghi, associato al Quirinale praticamente da quando è stato chiamato a formare un nuovo governo a febbraio dello scorso anno; poi c’è l’ipotesi di una rielezione dell’attuale presidente, Sergio Mattarella, ancora auspicata da diversi leader nonostante lui abbia fatto capire più volte e in maniera esplicita di non essere disponibile per un secondo mandato; e infine c’era la candidatura di Silvio Berlusconi, che veniva portata avanti con insistenza da lui stesso e che però aveva poi perso slancio fino alla definitiva rinuncia di oggi.
Ma se i profili di Draghi e Mattarella sono noti, quelli degli altri personaggi indicati come probabili candidati a sostituire Mattarella potrebbero esserlo meno: qui abbiamo raccolto alcuni di quelli che sono circolati di più, da Pier Ferdinando Casini a Letizia Moratti.
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Pier Ferdinando Casini
Politico di lungo corso, ex democristiano, è in Parlamento ininterrottamente dal 1983, un record tra i parlamentari in attività. Iniziò come consigliere comunale nella sua città natale, Bologna, poi venne eletto alla Camera con 30mila preferenze. Allievo dell’ex segretario della DC Arnaldo Forlani, dal 1983 a oggi ha dato il suo sostegno a quasi tutti i governi successivi, tranne quello di Lamberto Dini e quelli di centrosinistra di Prodi, D’Alema e Amato. Tra il 2001 e il 2006 è stato presidente della Camera, attualmente è senatore iscritto al gruppo Per le Autonomie, eletto con una lista a sostegno del Partito Democratico.
Il suo legame con il PD e allo stesso tempo la sua lunga storia di sostegno ai governi Berlusconi lo rendono un candidato “bipartisan”, come si dice in questi casi, cioè potenzialmente gradito tanto al centrodestra quanto al centrosinistra. Ha 66 anni.
Marta Cartabia
Ha 58 anni e attualmente è ministra della Giustizia nel governo Draghi, mentre fino al settembre 2020 è stata presidente della Corte costituzionale. È anche docente ordinaria di Diritto costituzionale all’Università Bicocca di Milano. Si laureò nel 1987 con Valerio Onida, anche lui poi diventato presidente della Corte, e fece ricerca in molte università italiane e straniere, tra cui in Francia, Spagna, Germania e Stati Uniti. La sua nomina alla Corte costituzionale avvenne a settembre del 2011 per volere di Giorgio Napolitano: fu la terza giudice donna della Corte costituzionale, dopo Fernanda Contri e Maria Rita Saulle.
Cartabia è cattolica ed è considerata vicina al movimento Comunione e Liberazione. Era già stata associata alla presidenza della Repubblica nel 2015. In quanto esperta giurista ha le credenziali per essere una presidente della Repubblica competente, anche se in molti hanno fatto notare la sua sostanziale mancanza di esperienza politica (non ha mai fatto la parlamentare).
Paola Severino
Come Cartabia, Severino è una giurista di lungo corso con poca esperienza politica: è stata ministra della Giustizia nel governo tecnico guidato da Mario Monti, tra il 2011 e il 2013.
Avvocata molto influente a Roma, ha difeso tra gli altri Romano Prodi, Francesco Gaetano Caltagirone e Cesare Geronzi, e ha fatto da consulente per grandi aziende come Eni, Enel e Telecom. Attualmente è vicepresidente dell’università privata LUISS Guido Carli, di cui è stata anche rettrice, e di recente Draghi l’ha nominata presidente della Scuola nazionale dell’Amministrazione. Ha 73 anni.
Durante la sua attività di ministra ha approvato la cosiddetta “legge Severino”, che da lei prende il nome e che disciplina l’incandidabilità e la decadenza dei politici eletti. La legge impone «l’immediata sospensione dall’incarico su richiesta del prefetto e del ministero dell’Interno per un periodo di almeno 18 mesi» nei confronti degli amministratori pubblici condannati anche solo in primo grado per una serie di reati, tra cui quelli contro la pubblica amministrazione.
Giuliano Amato
Docente di Diritto costituzionale, giudice della Corte costituzionale, due volte presidente del Consiglio, più volte ministro ed ex parlamentare, Amato ha il curriculum perfetto per essere presidente della Repubblica, e infatti il suo nome viene tirato in ballo praticamente a ogni elezione. Eppure, nonostante sia nota la sua aspirazione al Quirinale, non è mai riuscito a farsi eleggere.
Amato fu deputato per il Partito Socialista per gran parte degli anni Ottanta, quando diventò consigliere dell’allora segretario Bettino Craxi e suo sottosegretario quando era presidente del Consiglio. A quell’epoca risale il soprannome che ancora gli viene associato, “Dottor Sottile”, reso famoso da Eugenio Scalfari.
Amato ha quasi 83 anni, e le probabilità che diventi presidente a questo giro non sono particolarmente alte. Di lui si è parlato soprattutto in relazione a un’ipotesi di un mandato “a tempo”, ossia più breve dei sette anni previsti, nel caso in cui i partiti non dovessero trovare un accordo e Mattarella non accettasse un secondo mandato. Lo scopo sarebbe quello di portare a termine la legislatura e rinnovare il Parlamento nel 2023, dopodiché Amato si dimetterebbe e il nuovo Parlamento eleggerebbe un nuovo presidente della Repubblica con mandato pieno (ma è un’eventualità ritenuta molto remota da molti).
Marcello Pera
Il suo nome è stato fatto molto negli ultimi giorni, dopo che Salvini ha detto in un’intervista che la Lega «farà una proposta che penso potrà essere convincente per tanti se non per tutti». Pera è un politico e accademico (è stato professore ordinario di Filosofia della scienza all’Università di Pisa e di Filosofia teoretica all’Università di Catania). Ha 79 anni ed è stato presidente del Senato tra il 2001 e il 2006 e senatore per quattro legislature, fino al 2013, con Forza Italia. Come gli altri potenziali candidati, Pera non si è sbilanciato, e in un’intervista a Libero ha detto: «Pensi al malcapitato che si trova l’etichetta di candidato sul collo. Se smentisce, conferma. Se conferma, esce dal novero dei candidati».
Per eleggerlo, comunque, al centrodestra serviranno i voti di altri gruppi parlamentari, dato che da solo non ha il numero sufficiente di elettori né per raggiungere la maggioranza qualificata (i due terzi dei membri della seduta) né per quella assoluta (la metà più uno).
Letizia Moratti
Anche il suo nome era emerso nelle ultime settimane come potenziale candidata in caso di fallimento della candidatura di Berlusconi. Moratti è una delle figure più rilevanti del centrodestra, già ministra dell’Istruzione in due governi tra il 2001 e il 2006, poi sindaca di Milano. Dopo la sua esperienza da sindaca si ritirò di fatto dalla politica fino all’anno scorso, quando fu chiamata dal consiglio regionale della Lombardia a sostituire Giulio Gallera come assessora al Welfare.
Moratti ha 71 anni ed è nata a Milano, dove ha vissuto e studiato fino all’università, laureandosi in Scienze Politiche all’università Statale. Il suo cognome da nubile è Brichetto Arnaboldi – una nota famiglia nobile della Lombardia – ma da molti anni porta il cognome del marito, uno dei più famosi in città.
Paolo Gentiloni
Il suo nome è rimasto un po’ sotto traccia ma negli ultimi giorni sta circolando nei retroscena giornalistici come possibile candidato di Matteo Renzi. Gentiloni, presidente del Consiglio del PD tra il 2016 e il 2018, ha 67 anni e attualmente è commissario europeo agli Affari economici. Prima di fare il presidente del Consiglio era stato ministro degli Esteri nel governo Renzi, delle Comunicazioni nel governo Prodi e parlamentare dal 2001, prima con la Margherita e poi con il PD.
Ha un passato di militanza nei movimenti studenteschi e nella sinistra extraparlamentare, mentre in seguito si è dedicato alla causa ambientalista. È laureato in Scienze politiche ed è giornalista professionista. Negli anni Novanta è stato portavoce dell’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli.
Maria Elisabetta Alberti Casellati
Sempre in quota centrodestra, come probabile candidata c’è anche l’attuale presidente del Senato. Ha 75 anni, è nata a Rovigo ma vive a Padova e di mestiere fa l’avvocata, ma anche la senatrice per Forza Italia dal 1994. In seguito fu anche sottosegretaria in due ministeri (Giustizia e Salute), mentre nel 2014 il Parlamento riunito in seduta comune la votò tra i membri laici – cioè non provenienti dalla magistratura – del Consiglio Superiore della Magistratura.
Di posizioni conservatrici su molti temi – come i matrimoni tra persone dello stesso sesso – Alberti Casellati potrebbe essere un altro nome a cui il centrodestra (in particolare Salvini) sta pensando, ma il suo passato fatto di frequenti comparsate televisive in difesa di Berlusconi la rendono una candidata divisiva. Secondo il Corriere della Sera è «assai difficile che possa avere i voti del Pd, ancora più improbabile che possa avere il sostegno dei 5 Stelle».
Gli altri e le altre
Oltre a questi nomi, in questi giorni ne stanno circolando molti altri che hanno però minori probabilità di essere eletti. Tra questi c’è Anna Finocchiaro, magistrata e politica del PD, più volte ministra, deputata di lungo corso; Franco Frattini, ex ministro degli Esteri di Berlusconi e da poco eletto presidente del Consiglio di Stato; Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale; Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e ministro nel governo Monti. Vengono citati spesso anche due ex leader del centrosinistra: Romano Prodi, la cui candidatura però già fallì clamorosamente nel 2013, e Walter Veltroni.
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