Perché si parla di schede “segnate” per il Quirinale
La strategia di Berlusconi ruota intorno a modi diversi di scrivere il suo nome sulle schede per individuare i voti mancanti
Lo scrutinio per l’elezione del presidente della Repubblica viene tradizionalmente eseguito a mano, e a voce, dal presidente della Camera e dal suo staff. Il presidente in carica ha però un certo margine di discrezione, per esempio sulla modalità con cui annunciare il voto espresso in ogni scheda. Secondo le cronache politiche degli ultimi giorni, un pezzo importante della strategia di Silvio Berlusconi per cercare di farsi eleggere presidente dipende proprio dal modo in cui Roberto Fico deciderà di annunciare i singoli voti: che però sarà reso noto soltanto poco prima del primo turno di votazioni, previsto per lunedì 24 gennaio.
La Costituzione assegna alla Camera il potere di convocare i grandi elettori per l’elezione del nuovo presidente e di gestire le pratiche per le votazioni. Fra queste c’è anche la facoltà di decidere come annunciare il nome scritto dai grandi elettori sulle singole schede, mano a mano che vengono scrutinate.
Secondo i giornali, Berlusconi sta dando per scontato che Fico utilizzerà il metodo impiegato dall’allora presidente della Camera, Laura Boldrini, nelle ultime due votazioni per il presidente della Repubblica, nel 2013 e nel 2015. Allora Boldrini decise di leggere tutto quello che trovava nella scheda, senza omettere nulla. Per capirci: se sulla scheda trovava scritto “Sergio Mattarella” leggeva “Sergio Mattarella”, se invece c’era soltanto “Mattarella” leggeva “Mattarella”, e così via.
Secondo i giornali Berlusconi conta molto sulla conferma di questo approccio per capire con un discreto grado di approssimazione quali voti gli mancheranno nelle prime votazioni, rispetto a quelli previsti. Sembra infatti che ai parlamentari di Forza Italia verrà data indicazione di scrivere sulla propria scheda “Berlusconi”, a quelli della Lega “Silvio Berlusconi”, a Fratelli d’Italia “Berlusconi Silvio”, mentre per i gruppi più piccoli sono previste sigle come “senatore”, “onorevole”, “cavaliere”: le combinazioni sono moltissime.
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In questo modo Berlusconi e i suoi collaboratori potranno tenere d’occhio quali partiti avranno votato compatti e quelli, invece, in cui avranno votato per Berlusconi meno grandi elettori del previsto. Secondo il Corriere della Sera, questa pratica è stata suggerita a Berlusconi da Clemente Mastella, più volte ministro e parlamentare e oggi sindaco di Benevento.
Repubblica avverte però che non è affatto scontato che Fico decida di fare come Boldrini. Durante l’elezione del presidente della Repubblica del 1999, l’allora presidente della Camera Luciano Violante si limitò a pronunciare il cognome del candidato, qualsiasi cosa ci fosse scritta sulla scheda. E proprio durante lo scrutinio dell’elezione che portò alla nomina di Roberto Fico, nel 2018, l’allora presidente vicario della Camera Roberto Giachetti usò un metodo ancora diverso. Giachetti infatti decise di non leggere gli appellativi onorifici come “onorevole”, “senatore” o “avvocato”: un altro metodo che potrebbe sottrarre a Berlusconi diverse opzioni per marcare in maniera distinta i vari voti.
Nel frattempo Berlusconi sta proseguendo la cosiddetta «operazione scoiattolo», cioè l’ampia opera di convincimento per trovare al di fuori del centrodestra i voti necessari per farsi eleggere presidente della Repubblica. La Stampa registra che «al di là delle simpatiche scenette delle telefonate con Vittorio Sgarbi», negli ultimi giorni «non si fanno grandi progressi».
Nella riunione interna al centrodestra di venerdì 14 gennaio Berlusconi avrebbe assicurato ai suoi alleati Giorgia Meloni e Matteo Salvini che la sua elezione sia realistica, ma avrebbe anche chiesto loro di aiutarlo a trovare i voti necessari. Salvini e Meloni però si sarebbero limitati a offrire un «coordinamento» sulla conta dei voti disponibili, senza partecipare attivamente alla loro ricerca. Cosa che secondo i retroscena degli ultimi giorni avrebbe indispettito Berlusconi.