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  • Sabato 15 gennaio 2022

Gli unici due paesi che non hanno ancora iniziato le vaccinazioni

Sono la Corea del Nord, dove ufficialmente la pandemia non è mai arrivata, e l'Eritrea, dove invece è in corso la quarta ondata

Persone in piazza a Pyongyang dopo la riunione plenaria del Comitato centrale del Partito dei Lavoratori, l'unico partito ammesso in Corea del Nord, lo scorso 5 gennaio (AP Photo/ Cha Song Ho)
Persone in piazza a Pyongyang dopo la riunione plenaria del Comitato centrale del Partito dei Lavoratori, l'unico partito ammesso in Corea del Nord, lo scorso 5 gennaio (AP Photo/ Cha Song Ho)

A oggi secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci sono solo due paesi al mondo che non hanno ancora avviato una campagna di vaccinazione contro il coronavirus: la Corea del Nord e l’Eritrea. Le autorità della Corea del Nord continuano a sostenere che la pandemia nel paese non sia mai arrivata, e le rigidissime restrizioni imposte fin dalla scoperta dei primi casi in Cina sembrano essere ancora oggi l’unico strumento utilizzato per contrastare la circolazione del virus, con pesanti conseguenze. In Eritrea, come in gran parte dei paesi del continente africano, è invece in corso la quarta ondata dell’epidemia, ma le autorità del paese non sembrano voler collaborare con gli organi di assistenza internazionale.

A settembre il regime nordcoreano del dittatore Kim Jong-un aveva rifiutato quasi 3 milioni di dosi del vaccino sviluppato dall’azienda di biotecnologie cinese Sinovac che le erano state offerte da Unicef nell’ambito del programma COVAX, che ha l’obiettivo di facilitare l’accesso ai vaccini per i paesi più poveri. La Corea del Nord aveva sostenuto che altri paesi ne avessero più bisogno. Già a luglio il paese aveva rifiutato circa 2 milioni di dosi del vaccino di AstraZeneca, facendo riferimento a presunti effetti collaterali, e nello stesso periodo le erano state offerte anche varie dosi del vaccino Sputnik V prodotto in Russia, che non è chiaro se avesse accettato.

Negli ultimi mesi il programma COVAX ha messo da parte 4,73 milioni di dosi del vaccino contro il coronavirus prodotto da AstraZeneca da destinare alla Corea del Nord, che però continua a sembrare restia ad accettarle: nonostante ci siano forti dubbi sul fatto che l’epidemia non sia mai arrivata nel paese, le autorità continuano a sostenere di voler gestire la possibile diffusione dei contagi «a modo loro», cioè con l’isolamento dal resto del mondo e non con i vaccini. Le gravi conseguenze delle restrizioni in vigore ormai da due anni però sono visibili da tempo.

Per evitare la diffusione dei contagi, il regime nordcoreano aveva deciso di chiudere i propri confini fin da quando erano stati riscontrati i primi casi nella città cinese di Wuhan, rinunciando di fatto allo scambio di beni con la Cina, l’unica grande economia che mantiene buoni rapporti con la Corea del Nord. La chiusura dei confini tuttavia non ha bloccato soltanto le importazioni di cibo, ma anche quelle di carburante e fertilizzanti essenziali per l’agricoltura, esacerbando i problemi. Secondo il giornale sudcoreano Daily NK, che ha fonti interne alla Corea del Nord, oggi i nordcoreani delle classi medie fanno due pasti anziché tre e la situazione economica del paese «sta chiaramente peggiorando».

Il professore Park Won Gon, esperto di studi sulla Corea del Nord all’Università Ewha di Seul, ha detto alla radio americana VoA che non si sa quanto il paese riuscirà ad andare avanti in questa situazione: secondo alcuni analisti citati da Park l’economia nordcoreana potrebbe non reggere oltre la prima metà di quest’anno. Da alcune immagini satellitari sembrerebbe che la Corea del Nord stia costruendo vari centri di decontaminazione, presumibilmente destinati a facilitare le importazioni dalla Cina: come ha osservato VoA, tuttavia, questi tentativi potrebbero non risolvere del tutto i problemi, visto che negli ultimi tempi la Cina stessa ha ricominciato a introdurre pesantissime restrizioni per limitare la diffusione dei contagi, mettendo ancora più in crisi la rete dei commerci globali.

L’altro paese che secondo l’OMS non ha ancora cominciato a vaccinare la propria popolazione contro il coronavirus è l’Eritrea, paese del corno d’Africa.

Come hanno sottolineato in diverse occasioni gli Africa Centres for Disease Control and Prevention – Africa CDC, l’organizzazione internazionale che coordina i paesi africani nella lotta alle malattie e alle epidemie – l’Eritrea è l’unico paese del continente che non fornisce dati all’organizzazione e l’unico a non aver ancora avviato la campagna vaccinale. Gli ultimi due paesi africani che avevano accettato gli aiuti della comunità internazionale e autorizzato la somministrazione dei vaccini, a fine luglio, erano stati Tanzania e Burundi. L’Eritrea non lo ha ancora fatto, nonostante nel paese sia in corso una quarta ondata dell’epidemia.

Secondo il rapporto più recente degli Africa CDC, la pandemia è arrivata alla sua quarta ondata nella maggior parte dei paesi africani, compresi Eritrea e i due paesi più grossi con cui confina, Etiopia e Sudan. In altri paesi dell’Africa orientale, tra cui Kenya e Somalia, è invece in corso una quinta ondata. Dal 6 dicembre al 2 gennaio i casi di contagio in tutto il continente sono aumentati del 36 per cento rispetto alle quattro settimane precedenti e le morti per cause legate alla COVID-19 sono cresciute dell’8 per cento. Al momento dell’analisi, pubblicata il 6 gennaio, in 33 paesi africani era stata riscontrata la variante omicron del coronavirus, responsabile del grande aumento di contagi in Europa e in altre parti del mondo.

I dati disponibili dicono che finora in Eritrea sono stati accertati circa 8.500 casi di contagio e 84 morti per cause legate alla COVID-19 su una popolazione di circa 6 milioni di abitanti, e nell’ultima settimana sono stati riscontrati una cinquantina di nuovi casi al giorno. Malgrado secondo Unicef il paese abbia mantenuto un buon sistema di vaccinazione contro altre malattie durante la pandemia, l’Eritrea non ha ancora accettato i vaccini proposti dal programma COVAX: secondo alcuni attivisti e analisti citati da Vice, le motivazioni sarebbero principalmente politiche, legate in parte alle pressioni internazionali per il conflitto nella regione etiope del Tigrè, e in parte all’idea che accettare i vaccini del programma aumenterebbe l’influenza dell’Occidente sul paese.

Secondo i dati del rapporto, al 6 gennaio in tutta l’Africa erano stati accertati 9,8 milioni di contagi da coronavirus (il 3,3 per cento dei casi registrati in tutto il mondo) e 230mila morti. Solo il 9,6 per cento popolazione africana però è completamente vaccinato. Lo scorso 30 dicembre la maggior parte dei paesi africani non aveva superato l’obiettivo del 10 per cento di popolazione completamente vaccinata fissato dall’OMS a settembre. Di recente l’OMS ha fissato il nuovo obiettivo di vaccinare il 70 per cento della popolazione in tutti i paesi africani entro il giugno del 2022, ma a causa dei servizi sanitari deboli, della mancanza dei fondi e delle quantità limitate di vaccini le previsioni non sono ottimiste.

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