L’Australia ha cancellato il visto a Djokovic
L'ha annunciato il ministro dell'Immigrazione australiano, per ragioni di «interesse pubblico»: ora il tennista serbo rischia l'espulsione
Il ministro dell’Immigrazione australiano, Alex Hawke, ha annunciato la cancellazione del visto al tennista serbo Novak Djokovic, «per motivi di salute e ordine, sulla base dell’interesse pubblico». Djokovic si trova in Australia per partecipare agli Australian Open, ma ora rischia di essere espulso e un divieto di ingresso nel paese per tre anni. Dopo l’annuncio Djokovic è stato convocato per un colloquio con i funzionari del dipartimento dell’Immigrazione che si terrà sabato mattina, mentre alle 20.45 (le 10.45, in Italia) si è tenuta un’udienza per valutare i prossimi provvedimenti.
Il giudice incaricato di esaminare il caso, Anthony Kelly, ha stabilito che Djokovic potrà restare in Australia fintanto che non sarà chiarita la sua posizione e che dopo il colloquio di sabato sarà portato in una struttura di detenzione per richiedenti asilo e migranti. Fino a quel momento, comunque, potrà stare con i suoi avvocati per preparare le sue dichiarazioni in vista del colloquio di domani e di un’ulteriore udienza prevista per domenica mattina.
Il caso del visto di Djokovic era iniziato qualche giorno fa, quando il tennista era stato bloccato all’aeroporto di Melbourne per alcune verifiche sull’esenzione medica dal vaccino contro il coronavirus, richiesta dalla legge australiana ai non vaccinati per entrare nel paese. Il governo australiano gli aveva negato il visto di ingresso, ma poi un tribunale aveva dato ragione a Djokovic, permettendogli di lasciare l’albergo in cui era bloccato e di cominciare ad allenarsi, in vista dell’inizio del torneo, previsto per il 17 gennaio. Il governo aveva però annunciato ulteriori controlli sulla documentazione presentata da Djokovic e aveva detto che si sarebbe riservato la possibilità di esprimersi nuovamente sulla questione.
Mercoledì era poi stato lo stesso Djokovic a pubblicare un lungo comunicato in cui ammetteva di avere violato l’isolamento mentre era positivo al coronavirus (era stato per la positività che aveva ottenuto l’esenzione medica), e in cui aveva spiegato il motivo di alcune dichiarazioni false contenute nei documenti presentati per ottenere il visto per l’Australia.