I dati della settimana su coronavirus e vaccinazioni in Italia
C'è stato un aumento dei ricoveri in terapia intensiva, dei morti, ed è stata superata la soglia di un milione di contagi
Nell’ultima settimana sono aumentati i ricoveri in terapia intensiva, i morti, e c’è stata un’ulteriore crescita dei contagi da coronavirus, seppur nettamente inferiore rispetto a quella registrata nelle ultime settimane. A risultare positive al coronavirus è stato più di un milione di persone soltanto nell’ultima settimana, ma oggi i contagi di per sé hanno un valore e un peso diversi rispetto al passato quando non c’erano i vaccini, erano prevalenti varianti meno contagiose rispetto alla omicron e venivano fatti meno tamponi.
Il rapidissimo diffondersi della variante omicron è stato accompagnato da una minore capacità di causare sintomi gravi nella popolazione vaccinata. Di COVID-19 continuano comunque a morire centinaia di persone ogni settimana e gli ospedali sono in affanno per l’alto numero di ricoveri, soprattutto di persone non vaccinate. La curva dei nuovi casi continua ad aumentare, ma a un ritmo drasticamente inferiore rispetto a quello delle scorse settimane, un possibile segnale che ci si sta avvicinando al picco dei casi.
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I dati più importanti sono quelli relativi ai ricoveri, che misurano anche la tenuta del sistema sanitario, e l’andamento dei decessi. Nell’ultima settimana i nuovi ingressi in terapia intensiva sono stati 1.084, il 23,1 per cento in più rispetto alla settimana precedente quando erano stati 880.
Anche questo dato ha qualche limite, però. Secondo un’indagine della FIASO, la Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere, che ha raccolto i dati di 550 pazienti ricoverati nelle aree Covid di sei aziende ospedaliere, il 34 per cento dei pazienti non manifesta «segni clinici, radiografici e laboratoristici di interessamento polmonare: ovvero sono stati ricoverati non per il virus ma con il virus». Si tratta perlopiù di persone arrivate in ospedale per altri motivi e che al momento del ricovero risultano positive al coronavirus, ma senza sintomi della malattia.
In Italia, a differenza di altri paesi come il Regno Unito, i dati non distinguono tra i pazienti che hanno chiari sintomi della COVID-19 e quelli che risultano positivi ma sono ricoverati in ospedale per altre ragioni: è quindi impossibile capire quanto la rilevazione sia attendibile a livello nazionale. Un paziente ricoverato positivo e asintomatico è comunque un problema per gli ospedali, perché deve essere ricoverato in un reparto dedicato per evitare che contagi altri pazienti, con sforzi e difficoltà maggiori per medici e infermieri.
La tenuta degli ospedali è uno degli indicatori più importanti per capire come stanno andando le cose. In molte regioni è stato superato il 20 per cento dei posti letto occupati dai positivi al coronavirus sul totale dei posti disponibili nelle terapie intensive. Non significa che i posti letto rimanenti siano vuoti, anzi: sono quasi sempre interamente occupati da pazienti ricoverati per altri motivi. Più aumentano i malati di COVID-19, più gli ospedali vanno in difficoltà e sono costretti a limitare l’assistenza agli altri pazienti, in rianimazione e negli altri reparti. È il motivo per cui, da alcune settimane, si sta ripresentando il problema degli interventi e dei ricoveri rimandati per molti pazienti con altre patologie.
Un altro indicatore affidabile è l’incidenza dei ricoveri in terapia intensiva rispetto agli abitanti. Nell’ultima settimana l’incidenza più alta è stata segnalata nella provincia autonoma di Trento, con 50 ricoveri in terapia intensiva ogni milione di abitanti. L’incidenza è stata alta anche in Veneto, Valle d’Aosta, Marche e Lazio.
Negli ultimi sette giorni c’è stato un aumento dei morti. Ne sono stati segnalati 1.596, il 34,6 per cento in più rispetto alla settimana precedente. La Toscana è stata la regione con l’incidenza settimanale più alta, 4,2 decessi ogni 100mila abitanti.
Tra il 6 e il 12 gennaio è stata superata la soglia di un milione di contagiati: ne sono stati trovati 1,2 milioni. È il 34,7 per cento in più rispetto ai sette giorni precedenti. La velocità di crescita dei casi sta rallentando, perché dal 30 dicembre al 5 gennaio l’aumento percentuale era stato del 136 per cento rispetto ai sette giorni precedenti. È un segnale che indica il possibile avvicinamento al picco dei contagi della quarta ondata.
I dati diffusi ogni settimana dall’Istituto superiore di sanità (ISS) aiutano a comprendere il divario che si è creato tra i contagi, i ricoveri e i morti rispetto alle ondate precedenti: i vaccini faticano a prevenire l’infezione, ma offrono una forte protezione dalla malattia.
Il rischio relativo per i non vaccinati di essere ricoverati in terapia intensiva è 23,1 volte più alto rispetto ai completamente vaccinati da meno di quattro mesi, e di 25,7 volte rispetto ai vaccinati con dose di richiamo. I vaccini mostrano inoltre di mantenere un’alta protezione anche tra chi li ha ricevuti da più di quattro mesi, con un rischio di ricovero in terapia intensiva di 15,4 volte inferiore rispetto ai non vaccinati.
I dati sui tassi di ricovero in ospedale, nei reparti di terapia intensiva e di mortalità indicano chiaramente quanto sia più alto il rischio per chi non è vaccinato.
In Italia finora quasi 49,1 milioni di persone hanno ricevuto almeno la prima dose del vaccino contro il coronavirus e, di queste, oltre 46,9 milioni risultano completamente vaccinate. Il 42 per cento della popolazione ha ricevuto la dose di richiamo.
Il prossimo grafico mostra l’andamento delle somministrazioni: la maggior parte riguarda le terze dosi. Negli ultimi giorni sono aumentate le somministrazioni delle prime dosi, in seguito all’annuncio dell’obbligo vaccinale per le persone con più di 50 anni. Al momento è però difficile misurare con precisione l’effetto dell’introduzione dell’obbligo sull’andamento delle vaccinazioni.
La mappa mostra la percentuale di persone vaccinate in Italia sopra i 5 anni: all’interno di ogni regione si trova la percentuale di chi ha ricevuto almeno una dose, mentre il colore indica quella di chi ha completato il ciclo vaccinale (cioè ha fatto due dosi).