Le Regioni stanno scegliendo i delegati per eleggere il presidente della Repubblica
Più della metà sono già stati nominati, e in Lombardia la prassi non è stata rispettata provocando un piccolo caso
In questi giorni i consigli regionali hanno cominciato a eleggere i propri delegati che parteciperanno all’elezione del prossimo presidente della Repubblica, a partire dal 24 gennaio. Come previsto dalla Costituzione, il presidente della Repubblica viene eletto da una platea di cosiddetti “grandi elettori” composta da tutti i parlamentari e da una serie di delegati regionali, tre per ogni Regione più uno per la Valle d’Aosta (cinquantotto in totale). La scelta dei delegati ha una sua importanza, perché l’elezione del presidente è un evento politico particolare, con una quota di imprevedibilità: si possono verificare stalli e gli scrutini possono andare per le lunghe, e in quel caso anche una manciata di voti può fare la differenza.
Attualmente sono stati già eletti quaranta delegati in quattordici regioni: undici sono del Partito Democratico, nove della Lega e sei di Forza Italia, mentre Fratelli d’Italia e il Movimento 5 Stelle ne hanno eletti quattro ciascuno. I restanti delegati sono divisi tra Coraggio Italia (il partito del presidente della Liguria, Giovanni Toti, e del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro), l’UDC di Lorenzo Cesa, l’Union Valdôtaine (il partito autonomista valdostano) e i partiti dei presidenti di Sardegna e Sicilia, cioè rispettivamente Christian Solinas e Nello Musumeci.
Secondo la Costituzione i delegati regionali devono essere nominati «in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze», per cui la prassi vuole che due dei tre delegati vadano alla maggioranza in consiglio regionale – di solito vengono eletti il presidente di Regione e il presidente del consiglio regionale – mentre al primo partito di opposizione spetta un solo delegato. Tuttavia questa regola non scritta non è stata rispettata in Lombardia, dove la nomina dei delegati è diventata un piccolo caso politico. Il consiglio regionale ha eletto infatti due delegati leghisti e uno del Movimento 5 Stelle, che però, pur stando all’opposizione, ha in realtà meno consiglieri del Partito Democratico.
Da prassi, quindi, uno dei tre delegati sarebbe spettato al PD, il primo partito dell’opposizione. È stato eletto invece il candidato del Movimento, Dario Violi, con ventidue preferenze, molte di più di quelle che poteva esprimere il Movimento in consiglio da solo. Il voto era segreto e quindi, secondo il PD lombardo, Violi sarebbe stato eletto con i voti della maggioranza di centrodestra per agevolare il tentativo «di far eleggere Silvio Berlusconi come prossimo capo dello Stato», scrive Andrea Montanari su Repubblica. Violi, da parte sua, sostiene che «l’ipotesi che io possa votare Berlusconi non è semplicemente fantapolitica, ma un’offesa alla mia storia politica».
Il responsabile delle Regioni del PD Francesco Boccia ha diffuso un comunicato in cui ha definito il comportamento della Lega in consiglio «grave e scorretto», e poi ha aggiunto: «Prendiamo atto che hanno calpestato la prassi, che è sempre stata rispettata nell’elezione dei rappresentanti tra i grandi elettori».
Anche nelle altre Regioni si stanno sviluppando trame per ottenere qualche delegato in più, o per escludere candidature sgradite. Il Corriere della Sera scrive che dato che Fratelli d’Italia non governa insieme al centrodestra in cinque Regioni, potrebbe crearsi una lotta interna alla coalizione per l’assegnazione del delegato che spetta all’opposizione, sul quale la leader Giorgia Meloni potrebbe avanzare pretese.
In Campania, invece, il voto segreto è andato a sfavore del capo dell’opposizione, il consigliere di Forza Italia Stefano Caldoro. Era favorito per la nomina e aveva già partecipato all’elezione di Mattarella, nel 2015, ma è risultata più votata la consigliera Annarita Patriarca, sempre di Forza Italia. Sarà delegata insieme al presidente di Regione Vincenzo De Luca e al presidente del consiglio regionale Gennaro Oliviero, entrambi del PD.
– Leggi anche: Glossario dell’elezione del presidente della Repubblica