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  • Martedì 11 gennaio 2022

È morto David Sassoli

Aveva 65 anni, era il presidente in carica del Parlamento Europeo e prima ancora un popolarissimo conduttore del Tg1

(EPA/FREDERICK FLORIN )
(EPA/FREDERICK FLORIN )

Nella notte fra lunedì e martedì è morto David Sassoli, presidente del Parlamento Europeo in carica, ex giornalista e per molti anni popolarissimo conduttore del Tg1. Aveva 65 anni. Negli ultimi tempi aveva avuto diversi problemi di salute, e dalla fine di dicembre era ricoverato all’ospedale oncologico di Aviano, in provincia di Pordenone, per un disturbo al sistema immunitario.

«Sono profondamente rattristata dalla morte di un grande europeo e italiano. David Sassoli è stato un giornalista appassionato, uno straordinario Presidente del Parlamento europeo e soprattutto un caro amico», ha fatto sapere la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen.

Sassoli era nato nel 1956 a Firenze ma era cresciuto a Roma. Prima di entrare in politica aveva lavorato come giornalista per più di vent’anni: prima per il Tempo e il Giorno, poi al Tg3 e al Tg1, di cui era stato vicedirettore fra il 2006 e il 2009. Sassoli in particolare aveva condotto per parecchi anni il Tg1 delle 20, a lungo il telegiornale più seguito in Italia. Fu lui per esempio a dare la notizia della condanna a morte del dittatore iracheno Saddam Hussein, che il Tg1 diede in una edizione straordinaria; c’era lui, inoltre, quando Fiorello invase il Tg1 delle 20 per promuovere un suo spettacolo.

Sassoli lasciò la RAI nel 2009 per candidarsi al Parlamento Europeo con il Partito Democratico: fu eletto con un numero altissimo di preferenze, circa 412mila. Fu poi rieletto sia nel 2014 sia nel 2019. In mezzo, aveva provato anche a candidarsi a sindaco di Roma: nel 2013 arrivò secondo alle primarie di partito, dietro a Ignazio Marino e prima di Paolo Gentiloni.

Al Parlamento Europeo, Sassoli è stato impegnato soprattutto in attività istituzionali: dal 2014 al 2019 fu uno dei vicepresidenti dell’aula, e nel 2019 venne eletto presidente per la prima parte della nuova legislatura del Parlamento. Nelle interviste e nelle dichiarazioni di questi anni Sassoli ha insistito spesso sulla centralità del Parlamento Europeo rispetto agli altri organi comunitari: ne parlò a lungo anche nel suo discorso di insediamento.

Il mandato di Sassoli da presidente del Parlamento – una carica che comunque non ha grandissimi margini per condizionare l’agenda europea – è stato fortemente condizionato dalla pandemia da coronavirus. Sotto Sassoli però il Parlamento è stata una delle istituzioni più rapide ad adattarsi alla nuova condizione.

Già il 20 marzo, all’inizio della prima ondata, Sassoli decise di cancellare la successiva seduta plenaria – cioè l’unica occasione in cui i parlamentari europei si trovano nella stessa aula, che di norma si tiene una volta al mese a Strasburgo, in Francia – e mettere al voto i provvedimenti previsti con una procedura elettronica, via internet. «La democrazia non può essere sospesa durante una crisi così drammatica», disse Sassoli, nel discorso di apertura della seduta tenuto nell’aula di Bruxelles, in Belgio: «come legislatori abbiamo i mezzi, la possibilità e il dovere di essere utili». Nei mesi successivi il Parlamento ha perfezionato le procedure di voto a distanza e oggi lavora regolarmente con una modalità mista.

Sassoli era anche una delle più alte cariche europee espresse dal Partito Socialista europeo, il principale partito progressista che raduna i vari partiti di centrosinistra nazionali: era da tempo a favore di una progressiva cessione di sovranità alle istituzioni europee da parte degli stati nazionali, di una maggiore accoglienza di migranti e richiedenti asilo all’interno dei paesi europei, e di un approccio più severo sulle violazioni dello stato di diritto da parte dei governi dell’Europa orientale.

Il suo mandato sarebbe scaduto a metà gennaio, quando il Parlamento avrebbe dovuto votare per il suo successore. Nei mesi scorsi Sassoli aveva timidamente provato a capire se fosse possibile essere rieletto per un secondo mandato, ma a metà dicembre aveva annunciato di avere scartato l’ipotesi: «Il fronte europeista rischierebbe di dividersi, e sarebbe andare contro la mia storia, le nostre convinzioni, le nostre battaglie. Non posso permetterlo», aveva scritto su Twitter.