Che cosa è rimasto del muro di Trump
Se n'è costruito poco e in diversi punti del confine con il Messico sono rimaste accumulate enormi travi d'acciaio e altro materiale, di cui ora non si sa bene cosa fare
Il muro di confine tra Messico e Stati Uniti, una delle più note e discusse promesse elettorali dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, è rimasto in gran parte incompiuto: a circa un anno dalla fine della sua presidenza, in vari punti di confine ci sono ancora decine di migliaia di travi d’acciaio e vari materiali da costruzione, accumulati nel tempo e senza una chiara destinazione. Il presidente Joe Biden ha infatti sospeso tutti i lavori, ma la sua amministrazione sta continuando a pagarne parte delle spese. Smaltire o riutilizzare quei materiali è complicato, e ciò che resta del muro è pericoloso sia per le persone che per l’ambiente.
Durante la campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2016, Trump millantò in più occasioni l’intenzione di costruire un «grande, grande muro» lungo il confine tra Messico e Stati Uniti per bloccare tutti i migranti che arrivavano dal Sud e Centro America.
Alla fine del suo mandato, di quel muro era stata costruita solo una minima parte, quasi completamente usata per rafforzare barriere già esistenti, erette dai precedenti governi. Dei circa 700 chilometri costruiti dall’amministrazione Trump (il confine tra Stati Uniti e Messico è lungo più di 3mila chilometri), solo 83 furono costruiti in aree dove prima non esisteva alcuna recinzione. L’amministrazione Trump spese più di 16 miliardi di dollari.
Durante la campagna elettorale successiva, quella del 2020, Joe Biden si disse fin da subito intenzionato a interrompere i lavori di costruzione del muro e promise che con la sua amministrazione non ne sarebbe stata costruita «nemmeno una spanna». Una delle prime cose che fece Biden fu proprio interrompere tutti i lavori. Questa decisione, comunque, non è stata accompagnata finora da un altrettanto drastico cambiamento nelle politiche legate all’immigrazione.
Biden aveva anche promesso di interrompere i contratti coi rifornitori e redistribuire i soldi necessari alla costruzione del muro in altri progetti entro 60 giorni (lo disse a gennaio del 2021). Ad oggi le cose non sono andate esattamente così.
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Nei vari punti in cui la costruzione del muro è stata interrotta sono rimaste, impilate una sopra l’altra, decine di migliaia di enormi travi d’acciaio, quelle che fisicamente servono a fare da muro, alte dai 5 ai 10 metri ciascuna, corredate da montagne di attrezzi tra pali della luce, rotoli di fili elettrici, cemento, tubature e altri strumenti, per un valore complessivo di circa 350 milioni di dollari, secondo un portavoce del Corpo degli Ingegneri dell’Esercito degli Stati Uniti. Tutto a terra, inutilizzato, nel mezzo di paesaggi in parte distrutti dai lavori improvvisamente interrotti.
Il giornalista americano John B. Washington ha raccontato sull’Atlantic di essere stato nel cantiere a cielo aperto del Guadalupe Canyon, nel sud-est dell’Arizona, dove per facilitare la costruzione del muro erano stati fatti saltare pezzi di strade e rilievi con la dinamite. Data la conformazione irregolare del posto, scrive Washington, in questo punto la costruzione del muro era stata più complicata e costosa che in altri: era costata circa 25 milioni di dollari per chilometro.
In quest’area i lavori erano andati avanti fino al 20 gennaio del 2021, quando si era ufficialmente insediato Joe Biden, che li aveva immediatamente interrotti, senza però specificare cosa intendesse fare con tutte quelle travi e quei materiali, e continuando di fatto a pagare la manutenzione e la sorveglianza dei cantieri abbandonati.
Inutilmente, scrive Washington, dato che si sono verificati furti di materiali e che lui stesso ha potuto camminare per giorni tra i materiali e sulle travi senza che nessuno gli dicesse niente.
Né la Casa Bianca né una serie di agenzie governative contattate da Washington hanno risposto alle richieste di chiarimenti sulle spese del governo relative alla sorveglianza del muro, che secondo un rapporto compilato da alcuni senatori Repubblicani equivarrebbero a circa 3 milioni di dollari al giorno.
Al di là dei loro costi di manutenzione e sorveglianza, i cantieri interrotti del muro sono un problema anche per l’eventuale smaltimento dei materiali abbandonati: pali della luce, fili elettrici, tubature e altri strumenti possono essere facilmente impiegati altrove, ma le travi d’acciaio no. Oltre a essere enormi e difficilmente destinabili ad altri usi, molte sono riempite di cemento armato, il che rende più complicata una eventuale rottamazione. Sono decine di migliaia, e costano circa 9mila dollari l’una, secondo quanto detto da una società che le costruisce e che le ha vendute al governo americano.
C’è poi la questione dei pezzi di muro costruiti: sono un problema per l’ambiente, dice Russ McSpadden, del Center for Biological Diversity. La barriera altera i corsi d’acqua e ostacola le migrazioni degli animali, e danneggia decine di specie a rischio di estinzione, tra cui giaguari, ocelotti (gattopardi americani) e lupi grigi messicani.
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