Le molte bevande vegetali che sostituiscono il latte
Ce ne sono tantissime, sono ricche di nutrienti e la loro produzione impiega molte meno risorse rispetto a quello vaccino
Molte bevande a base vegetale che si trovano in commercio sono valide alternative al latte vaccino e si adattano bene alle esigenze di chi non lo digerisce oppure ha scelto di seguire una dieta vegana e non consuma alimenti che derivino dagli animali. Anche se una sentenza della Corte di Giustizia europea ha stabilito che – salvo eccezioni che non possano essere fraintese – solo i prodotti di derivazione animale possano essere chiamati “latte”, siamo abituati a pensare a queste bevande come a “latte” di soia, di riso, di cocco e via dicendo. Di recente se ne stanno trovando sempre più tipi, con sapori e caratteristiche diverse: spesso sono nutrienti quasi come il vero latte e in confronto la loro produzione genera molte meno emissioni.
Le bevande alternative al latte non sono un’invenzione recente: in Cina si consuma da secoli la bevanda che si ricava dalla soia, mentre in Messico è molto popolare l’horchata, che si ottiene a partire dalla farina di riso (e non va confusa con l’orzata).
Storicamente queste bevande si consumavano per lo più in aree dove non era facile procurarsi il latte animale, come quello vaccino, di capra o di pecora: oggi sono sempre più ricercate da chi vuole limitare gli alimenti con alto contenuto di colesterolo e grassi oppure le preferisce per motivi etici. Sono anche ideali per chi è intollerante al lattosio, un problema che secondo uno studio del 2008 riguarda buona parte della popolazione mondiale.
La maggior parte di queste bevande deriva da piante, legumi, cereali o frutta a guscio. Il risultato finale varia in base al tipo di alimento usato come base e al procedimento adottato dall’azienda che lo produce, ma solitamente prevede le stesse fasi: macinatura, ammollo e filtraggio, seguite dall’eventuale aggiunta di zuccheri, aromi o vitamine.
Il latte vaccino infatti ha moltissime proteine, potassio, calcio e vitamine come quelle del gruppo B: dal momento che queste non si trovano naturalmente in tutte bevande che lo sostituiscono, vengono aggiunte durante la preparazione. Gli esperti non sono concordi sul fatto che gli additivi vengano assorbiti dal corpo umano durante il consumo, come succede per le proteine e il calcio naturalmente presenti nel latte vaccino: ci sono però buone prove scientifiche sull’alto contenuto di proteine e nutrienti nella maggior parte di queste bevande.
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Una delle alternative al latte vaccino più conosciuta è la bevanda a base di soia, che si trova in numerose varietà. Ha più o meno le stesse proteine contenute nel latte di mucca e una rilevante presenza di grassi considerati buoni per la salute dell’apparato cardiocircolatorio. Contiene anche fibre, vitamine e minerali ma è piuttosto povera di calcio, che spesso viene aggiunto in fase di produzione.
Naturalmente la questione del gusto è del tutto soggettiva, ma come spiega uno studio pubblicato nel 2016 sulla rivista Journal of Food Science and Technology alcune aziende usano apposite tecnologie per ridurre il suo sapore “di fagiolo”, per così dire. È una cosa che succede anche nella produzione delle bevande a base di arachidi, che sono consumate in molti paesi in via di sviluppo e che in Italia sono ancora piuttosto sconosciute.
Tra le altre bevande vegetali più diffuse ci sono quella a base di mandorla, che è una buona fonte di vitamina E, calcio, magnesio e fosforo, ma anche potassio e selenio, e quella a base di avena, che ha molti effetti positivi sull’organismo ma non è tanto ricca di fibre quanto il cereale in sé. Ci sono poi le bevande a base di riso, che sono molto digeribili ma relativamente povere di nutrienti, se confrontate con altri sostituti vegetali del latte.
Un’altra alternativa molto diffusa è il “latte” di cocco, che ha un alto contenuto di grassi, è ricco di minerali e antiossidanti ed è consumato soprattutto nel sud-est asiatico non solo come bevanda, ma anche in cucina, per realizzare dolci e piatti speziati.
Noci e nocciole, poi, sono altamente proteiche, ma molti dei loro nutrienti vengono persi nel processo di estrazione e produzione di bevande, che prevede quasi sempre l’aggiunta di calcio. Secondo un’analisi dell’Economist, la bevanda migliore tra tutte a livello di contenuto proteico è quella a base di pisello, che però è ancora piuttosto difficile da trovare in commercio.
In generale vari tipi di cereali e legumi sono considerati la base ideale per ottenere prodotti alternativi al latte per via della grande quantità di minerali, vitamine e antiossidanti che contengono. Sicuramente non sono popolari come alcune delle bevande già citate, ma esistono anche il “latte” di miglio, di sorgo e di farro, quello di quinoa, quello di canapa e quello di lupino, che per esempio ha pochi grassi e un alto contenuto di proteine e fibre.
L’impatto ambientale della loro produzione è impossibile da determinare con certezza, perché bisognerebbe innanzitutto valutare l’impatto ambientale delle singole colture. Ci sono però vari elementi che permettono di dire che la produzione di bevande vegetali impieghi molte meno risorse rispetto alla produzione di latte vaccino.
Produrre un bicchiere di latte richiede 650 metri quadrati di terreno, circa 10 volte di più di quanti ne serva per produrne, per esempio, un bicchiere di “latte” di avena. Per produrre un bicchiere di latte al giorno sono necessari 125 litri di acqua, per un bicchiere di latte di mandorla ne servono 74 litri, per uno di “latte” di riso 54.
Inoltre, secondo la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, gli allevamenti contribuiscono per più del 14 per cento al totale delle emissioni di gas serra prodotte dall’uomo; il 65 per cento di questa cifra è rappresentata dagli allevamenti di bovini, allevati sia per la carne che per il latte. Gli allevamenti per la carne causano quasi il doppio delle emissioni di quelli per il latte, ma in ogni caso le mucche rilasciano attraverso i propri rutti e le proprie flatulenze soprattutto metano, che è un gas serra, cioè una di quelle sostanze che causano il riscaldamento globale.
In particolare, è stato stimato che ogni grande bovino rilasci nell’atmosfera gas serra equivalenti a circa due tonnellate di anidride carbonica all’anno.
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