La battaglia culturale intorno al restauro di Notre-Dame
Al piano per cambiare luci e arredi interni della cattedrale, e renderla più moderna, si sono opposti critici e opinionisti conservatori
I lavori di ristrutturazione dell’interno della cattedrale di Notre-Dame a Parigi, seguiti al grande incendio che nel 2019 bruciò la guglia e buona parte del tetto, sono da settimane al centro di un acceso dibattito sui giornali francesi per via di alcune proposte di rinnovamento degli interni che hanno suscitato critiche e allarmi tra esperti e opinionisti conservatori.
Il progetto ha ricevuto una prima approvazione dalla commissione nazionale competente, ma dovrà ancora essere soggetto a varie revisioni e ratifiche che coinvolgeranno tecnici e politici locali e nazionali, fino al presidente Emmanuel Macron. Ma le modifiche previste al sistema di viabilità per i visitatori, all’illuminazione, ai posti a sedere e alle opere d’arte che si vorrebbero esporre hanno portato alcuni critici a parlare di «parco a tema woke» e «Disneyland del politicamente corretto».
Descrivendo il piano di restauro, Le Monde dice che la proposta è di far entrare i visitatori attraverso il portale centrale, e non più attraverso quello a sud. L’obiettivo, secondo il coordinatore padre Drouin, è «farsi catturare dall’assialità dell’edificio» e essere incoraggiati a spostarsi da nord a sud e non viceversa. Tutto intorno alla navata, il “percorso catecumenale” tenterà di spiegare al visitatore il cammino della fede, un percorso per passare simbolicamente «dalle tenebre alla luce». Sei delle sette cappelle a nord della navata sarebbero dedicate ciascuna a un passo dell’Antico Testamento. Superato il transetto, il visitatore entrerebbe poi nell’ambulacro «per vivere il mistero della fede» e vedere la corona di spine, la reliquia che avrebbe ricoperto il capo di Cristo.
Dopodiché, il visitatore ritornerebbe verso la “luce”, passando davanti alla Vergine col Bambino – la statua ritrovata intatta dopo l’incendio – per poi uscirne nuovamente seguendo le cappelle a sud della navata, che illustrerebbero, in modo simmetrico con quelle dedicate all’Antico Testamento, i diversi aspetti della vita cristiana. Per questo, il gruppo di lavoro della diocesi ha immaginato, nelle cappelle, di far dialogare il classico e il contemporaneo: Rubens (1577-1640) e Anselm Kiefer (nato nel 1945), Louis Chéron (1660-1725) e Louise Bourgeois (1911-2010), la Natività della Vergine di Mathieu Le Nain (1640) con un’opera del contemporaneo Ernest Pignon-Ernest. E tutto questo attraverso diverse modalità artistiche: arazzi e anche proiezioni di parole bibliche sui muri.
L’idea è poi quella di abbassare l’illuminazione e di rendere più soffusa la luce, «per ritrovare qualcosa del mistero della cattedrale», dice Le Monde. Le sedie in paglia dovrebbero essere sostituite con panche e banchi appositamente studiati per illuminare i messali durante le funzioni serali e notturne. Le sedute dovrebbero essere mobili: pensate, cioè, per essere spostate durante le funzioni meno frequentate. I banchi, poi, scrive sempre Le Monde, avranno anche la funzione di casse di risonanza «per dare voce al coro dei fedeli».
Le Monde ha spiegato che la premessa delle modifiche proposte da Drouin è rendere Notre-Dame anche un luogo di incontro, capace di accogliere e di comunicare con chi non fa parte della cultura cristiana. L’intenzione, in sintonia con il Concilio Vaticano II, è quella di ristabilire un dialogo sia con chi viene a pregare sia con chi viene a visitare. «Un suono avvolgente perché l’insieme prenda coscienza di sé. Una luce avvolgente per avere la sensazione di essere uno… Quello che stiamo facendo non è rivoluzionario», ha spiegato Drouin. Immergere di notte una chiesa nella semioscurità per accentuarne l’aspetto mistico, illuminare l’assemblea e metterla in risalto con i sistemi di illuminazione, di risonanza e amplificazione, è però una posizione che, scrive Le Monde, è in definitiva «politica».
Ma l’accusa ai responsabili del progetto da parte dei critici con posizioni più conservatrici è di voler snaturare per sempre «lo spirito e l’anima che aleggiava in questo luogo sacro», come ha scritto su Le Figaro l’accademico Jean-Marie Rouart. La polemica è arrivata anche oltreconfine: l’architetto e urbanista parigino Maurice Culot ha detto al Telegraph che il progetto di ristrutturazione «non sarebbe mai successo a Westminster Abbey o a San Pietro a Roma», definendolo «infantile e triviale data l’importanza del luogo».
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In una lettera pubblicata su Le Figaro, un centinaio di personaggi pubblici di orientamento conservatore ha accusato la diocesi di Parigi di voler sfruttare i lavori di restauro per «stravolgere completamente» anche l’interno e lo spazio liturgico della cattedrale. L’illuminazione che cambia per creare “spazi emotivi”, le video-proiezioni alle pareti e altre soluzioni simili giudicate modaiole e comuni a «tutti i progetti culturali “immersivi”, dove la stupidità spesso compete con il kitsch», dicono, distruggono «il concetto pazientemente sviluppato da Viollet-le-Duc», l’architetto che ridisegnò Notre-Dame nel 1843. Invitano perciò a rispettare il suo lavoro e «i principi del patrimonio di un monumento storico».
Alcune idee prese precedentemente in considerazione sono già state accantonate: come quella di sostituire con delle vetrate contemporanee quelle a grisaille, cioè monocromatiche, presenti in quasi tutte le cappelle e realizzate nel 1864-1865 su disegno di Eugène Viollet-le-Duc. O quella di spostare una croce di bronzo al centro dell’ambulacro e appendere lungo la navata i cosiddetti “Mays”, dipinti donati ogni primo maggio tra il 1630 e il 1707 dalla corporazione degli orafi parigini.
Lo storico dell’arte Henri Loyrette si è pronunciato a favore delle modifiche: «Non possiamo immaginare una ricostruzione di Notre-Dame senza che ci sia un aggiornamento. La domanda non è “abbiamo bisogno dell’arte contemporanea?”, ma “che cos’è una chiesa oggi?” Una ristrutturazione rigorosamente ispirata all’identico sarebbe una capitolazione». Benoist de Sinety, ex vicario generale di Parigi, ha a sua volta dichiarato che a preoccupare chi non vuole innovazioni è la scomparsa «del fantasma del passato. Notre-Dame de Paris è uno strumento formidabile per annunciare Cristo, ma non annunciamo Cristo oggi come due secoli fa».
Secondo Bloomberg, Notre-Dame è diventata il campo di battaglia di una guerra culturale tra i sostenitori della modernità e dell’ecumenismo, da una parte, e due tipi di fondamentalismo dall’altra: quello dei puristi, per i quali anche il minimo intervento è un crimine di lesa maestà nei confronti di Eugène Viollet-le-Duc, e quello dei movimenti cattolici conservatori e tradizionalisti interni alla Chiesa.
«L’incendio del 2019» riassume Bloomberg «è stato inquadrato da alcuni conservatori come il simbolo di una civiltà sotto minaccia, persino dell’abbandono della storia e della cultura occidentali». La cattedrale è stata insomma politicizzata assumendo un ruolo di primo piano nella narrativa e nelle argomentazioni molto popolari tra i movimenti di destra negli Stati Uniti e in Europa, e alcune proposte di restauro sono state presentate pretestuosamente come esempi di quel multiculturalismo che si vorrebbe insinuare nel santuario dell’occidente deformandone l’identità.
L’ironia, conclude Bloomberg, è che l’aspetto di Notre-Dame prima dell’incendio è esso stesso il prodotto di un’ingerenza culturale. La cattedrale fu modellata e rimodellata nel corso dei secoli, e il suo aspetto cambiò drasticamente nel XIX secolo, proprio quando l’architetto Eugène-Emmanuel Viollet-le-Duc la rinnovò facendo significativi cambiamenti. Lo scandalo che accompagnò quel restauro dovrebbe aiutare a mettere le cose in prospettiva. Se «la civiltà occidentale è davvero in via di estinzione», scrive Bloomberg, «probabilmente non è perché Notre-Dame avrà nuove sedute e un diverso piano di illuminazione».