Come si è arrivati all’obbligo vaccinale
Dopo una discussione molto dura tra le forze della maggioranza, che ha mostrato il nervosismo della Lega e la centralità di Draghi
La decisione presa ieri dal governo di imporre l’obbligo vaccinale a tutte le persone con almeno 50 anni è stata il risultato di una trattativa piuttosto dura che ha diviso le forze della maggioranza: da un lato il Partito Democratico e Forza Italia, favorevoli a un’estensione ulteriore dell’obbligo, e dall’altro la Lega, piuttosto contraria alle nuove restrizioni.
Vari giornali hanno raccontato come il protagonista del negoziato sia stato il partito di Matteo Salvini: come successo già in altre occasioni, la Lega era partita da posizioni piuttosto contrarie alle nuove restrizioni, ma alla fine si è trovata ad approvare una misura che farà dell’Italia il primo paese in Europa dopo la Grecia in cui è imposto un obbligo di vaccinazione contro il coronavirus, anche se limitato per età.
Come raccontato per esempio sulla Stampa, la Lega avrebbe voluto applicare l’obbligo soltanto alle persone con 60 anni o più, ma dopo una trattativa molto dura, e l’intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi, l’obbligo è stato esteso ai 50enni.
Al contrario di quanto successo in precedenza, tuttavia, questa volta la Lega è stata meno divisa al suo interno, e ha ottenuto qualche concessione. In particolare, la prima bozza del decreto avrebbe previsto l’obbligo di Green Pass “rafforzato” – che si ottiene se si è completamente vaccinati o se si è guariti dalla COVID-19 – per accedere ai servizi alla persona come i parrucchieri, per gli uffici pubblici, le poste, le banche e per le attività commerciali.
I giornali hanno scritto che su questo tema la Lega, che nel Consiglio dei ministri era rappresentata dal ministro del Turismo Massimo Garavaglia, si sarebbe impuntata, minacciando di non votare tutta la misura. Alla fine, dopo una mediazione difficile fatta soprattutto da Draghi, ha ottenuto che ai servizi alla persona e alle attività commerciali si potesse accedere anche con il Green Pass “base” e dunque con il tampone.
In precedenza, per esempio a novembre durante la discussione sul Green Pass “rafforzato”, la Lega aveva invece dimostrato di avere più orientamenti: da un lato i ministri più moderati, come quello allo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, e i presidenti di regione, come il veneto Luca Zaia e il presidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga; dall’altro Salvini e altri esponenti del partito, scettici nei confronti di ogni nuova restrizione.
Al Consiglio dei ministri di mercoledì notte, invece, la Lega si è presentata più compatta. Giorgetti non era presente per motivi famigliari, ma non ha fatto ai giornali dichiarazioni contrarie alla linea di Salvini, e lo stesso vale per i presidenti di regione.
Alla fine è stato fondamentale l’intervento di Draghi senza il quale, hanno scritto vari retroscena, difficilmente si sarebbe trovato un accordo. Questo conferma la centralità di Draghi per la tenuta del governo, che potrebbe essere messa in discussione ora che è considerato un possibile candidato alla presidenza della Repubblica.