Il tema alla maturità è davvero così irrinunciabile?
Sul Foglio l'insegnante Marco Lodoli spiega perché serve a poco, se gli studenti vengono spinti a scimmiottare il linguaggio degli adulti
Le anticipazioni pubblicate in questi giorni su come potrebbe cambiare per l’ennesima volta l’esame di maturità hanno provocato diversi commenti che si sono concentrati sulla possibile decisione del governo, non ancora definitiva, di prevedere una sola prova scritta, il tema d’italiano. Marco Lodoli, insegnante e scrittore, ne ha scritto sul Foglio, raccontando come i temi siano «il punto debole dell’esame», perché quando si tratta di scrivere gli studenti non si fidano di se stessi e del proprio punto di vista. Tendono invece a scimmiottare il linguaggio degli adulti pensando sia quello che vogliono gli insegnanti, con risultati pessimi. Questa tendenza ad adottare pigramente un linguaggio considerato a torto più adeguato è tipica anche di altri ambiti in Italia: per esempio il giornalismo, come ha raccontato mercoledì Francesco Costa in Morning.
I contagiati aumentano a rotta di collo, stavolta soprattutto tra i più giovani, e così aumentano anche i dubbi sulla riapertura delle scuole. È chiaro che durante le vacanze natalizie il virus ha marciato spedito e bisognerà capire cosa accadrà il 10 gennaio, quanti studenti torneranno felicemente in classe e quanti saranno rinchiusi nelle loro camerette, in attesa di tamponi liberatori, e se le nuove regole, meno draconiane di prima, permetteranno comunque di fare lezione in presenza. La mia impressione, vale quello che vale, è che ci ritroveremo spesso in Dad, a ripetere “non sento, non vedo, ecco ora sì, ecco ora no…”. Nel frattempo si vanno definendo le modalità dell’esame di stato, cioè quello che molti giustamente continuano a chiamare esame di maturità.
Credo che nessuna cosa al mondo si sia modificata così spesso quanto ’sto benedetto-maledetto esame, neanche negli spettacoli di Brachetti si assiste a trasformazioni così rapide e sbalorditive. La commissione è esterna, poi metà interna e metà esterna, poi solo interna, ma con un presidente esterno; gli studenti scelgono un argomento da sviluppare a fondo, la cosiddetta tesina, poi la tesina sparisce e appaiono delle foto e delle frasi selezionate dalla commissione su cui i ragazzi devono più o meno improvvisare, legando in modo spericolato tutte le materie, poi foto e frasi scompaiono e torna un argomento, indicato dai professori di indirizzo, che gli studenti dovranno approfondire. I professori devono porre domande sulle loro materie, i professori debbono assolutamente astenersi da porre domande sulle loro materie.
È una interrogazione su tutti i programmi svolti, non è un’interrogazione sui programmi svolti ma solo una serena chiacchierata su temi vasti e generici. Bisogna che il voto finale tenga presente il rendimento dello studente durante gli ultimi tre anni di scuola: ma la percentuale cambia, sessanta per cento, cinquanta per cento, settanta per cento. Le griglie di valutazione sono decise dal ministero, no, le griglie di valutazione sono decise dal consiglio di classe. Le prove scritte sono due, la prova scritta è una sola, non c’è più alcuna prova scritta, anzi no, una prova scritta serve ed è bene che ricompaia almeno il tema di italiano.