«Ogni giorno ormai è come il 6 gennaio»
Lo sostiene il New York Times in un durissimo articolo contro il Partito Repubblicano, accusandolo di un sistematico attacco al sistema democratico americano, a tutti i livelli
A pochi giorni dal primo anniversario dell’attacco al Congresso statunitense da parte di migliaia di sostenitori dell’ex presidente Donald Trump, la redazione di editorialisti del New York Times ha pubblicato un durissimo articolo contro Trump e il Partito Repubblicano, accusandoli in sostanza di aver portato avanti, negli ultimi mesi, un attacco sistematico e giornaliero al sistema democratico statunitense, di portata simile a quello compiuto il 6 gennaio 2021 contro il Congresso.
Il New York Times ha messo in fila una serie di notizie che mostrano con efficacia le conseguenze concrete della presa che Trump ha ancora sul partito e sull’elettorato Repubblicano, più di metà del quale ritiene che Joe Biden non sia stato eletto in maniera legittima – cioè la stessa premessa della manifestazione che degenerò nell’attacco al Congresso – e che i manifestanti del 6 gennaio stessero «difendendo la libertà».
Trump è ancora popolarissimo fra i Repubblicani, e da quando ha perso le elezioni presidenziali del 2020 è riuscito a spostare in una direzione sempre meno liberale e democratica le posizioni del suo partito e del suo elettorato. La premessa, falsa e smentita da qualsiasi esperto indipendente, è che Biden e i Democratici abbiano vinto le elezioni grazie a dei brogli elettorali, che perciò andrebbero “corretti” con leggi sempre più restrittive sul diritto di voto, sia a livello nazionale sia a quello locale, e contestati con iniziative violente e aggressive nei confronti dello stato dei propri avversari politici. Scrive il New York Times:
«Lo vediamo nei cittadini che minacciano i funzionari elettorali e altri dipendenti pubblici, che chiedono quando possono usare le armi e promettono di assassinare i politici che osano votare secondo le proprie inclinazioni. Ma anche nei politici Repubblicani che rendono sempre più difficile votare e sempre più facile sovvertire il risultato delle elezioni, se non ne gradiscono l’esito. Lo vediamo anche nelle dichiarazioni di Trump, che continua a soffiare sul fuoco del conflitto con le sue bugie gigantesche e un livore senza fine.»
L’articolo si riferisce ad alcuni recenti episodi di violenza fisica e verbale, ma anche al fatto che soltanto nei primi nove mesi del 2021, secondo un’analisi del think tank Brennan Center for Justice, 19 stati controllati dai Repubblicani hanno approvato leggi che restringono il diritto di voto, per esempio limitando il voto per corrispondenza, oppure sostituendo funzionari indipendenti con persone di nomina politica. «È come se l’attacco al Congresso stia continuando nei Congressi locali degli stati, senza spargimenti di sangue e in una forma che nessun poliziotto o magistrato può fermare», conclude il New York Times.
Il New York Times spiega in maniera piuttosto esplicita che un clima del genere rappresenta «una minaccia esistenziale per lo stato»: tanto più che secondo un recente sondaggio del Washington Post il 40 per cento dei Repubblicani ritiene che la violenza contro lo stato sia giustificata, in certi casi (nei Democratici la percentuale è del 23 per cento).
Al momento sull’attacco al Congresso del 6 gennaio sta indagando una commissione d’inchiesta della Camera, istituita dai Democratici che controllano la maggioranza dell’aula. I Repubblicani stanno lavorando attivamente per sabotarne i lavori, e nel caso riottengano il controllo della Camera nelle elezioni di metà mandato previste in autunno è praticamente certo che scioglieranno la commissione d’inchiesta.
Il New York Times accusa apertamente i Repubblicani di comportarsi come «un movimento autoritario», che «ritiene se stesso l’unico in grado di governare legittimamente e che descrive le vittorie degli avversari come il risultato di un imbroglio». L’articolo si conclude così:
«Dovremmo smetterla di sottovalutare la minaccia che ha davanti il nostro paese. Moltissime volte, negli ultimi sei anni e fino agli eventi del 6 gennaio, Trump e i suoi alleati hanno esplicitato apertamente il proprio desiderio di compiere qualcosa di illegale, pericoloso e distruttivo. Ogni volta ci siamo detti che non facevano sul serio o che comunque non sarebbero riusciti nel loro intento. Quante volte dovremo sbagliarci prima di prenderli seriamente? Prima lo faremo, prima potremo sperare di salvare una democrazia in grave pericolo.»