È morto Desmond Tutu
Il premio Nobel per la pace aveva 90 anni, fu tra i più importanti oppositori dell'apartheid in Sudafrica
È morto Desmond Tutu, arcivescovo anglicano sudafricano tra i principali oppositori dell’apartheid in Sudafrica negli anni Ottanta e premio Nobel per la pace nel 1984. Tutu aveva compiuto da poco 90 anni, la notizia della sua morte è stata confermata dal presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa.
Da arcivescovo di Johannesburg e in seguito di Città del Capo, Tutu si dedicò a numerose iniziative politiche e a sostegno delle proteste contro l’apartheid, la politica di segregazione razziale in vigore nel Sudafrica dalla fine degli anni Quaranta e stabilita dalla minoranza bianca al governo. Insieme ad altri grandi attivisti come Nelson Mandela, si batté per la fine della segregazione sostenendo la necessità di mantenere pacifiche le proteste. Dopo la scarcerazione di Mandela nel 1990 e la sua elezione a presidente nel 1994, Tutu divenne presidente di una commissione incaricata di indagare sui casi di violazione dei diritti umani avvenuti durante l’apartheid.
Tutu era nato il 7 ottobre del 1931 a Klerksdorp, una città rurale circa 160 chilometri a sud-ovest di Johannesburg in una famiglia di modeste condizioni. Studiò per diventare insegnante, prima di cambiare idea e decidere di diventare prete.
Negli anni della sua formazione visse molto all’estero, studiando teologia all’Università di Londra a metà anni Sessanta. Tornò in Sudafrica dove ebbe una rapida carriera ecclesiastica, dimostrando da subito di avere una particolare attenzione per il tema dei diritti umani. Carismatico e in grado di tenere discorsi spesso descritti come emozionanti e trascinanti, in breve tempo Tutu divenne tra i più grandi oppositori dell’apartheid.
Da arcivescovo, Tutu divenne una delle figure più autorevoli a sostenere la necessità di abolire la segregazione. Fortemente avversato dal Partito Nazionale, che guidava il paese sostenendo l’importanza dell’apartheid, Tutu fu tra i sostenitori più convinti delle sanzioni internazionali nei confronti del Sudafrica per fare pressioni sul governo per garantire i diritti umani a tutta la popolazione e senza distinzioni.
Nel farlo, Tutu mantenne sempre una certa distanza dal Congresso nazionale africano (ANC), il partito principale sostenitore del movimento di liberazione e che dopo la fine dell’apartheid sarebbe diventato partito di governo per più di 20 anni e di cui faceva parte anche Mandela. Tutu non sostenne mai il braccio armato del partito e fu spesso critico nei confronti dei suoi leader. Condivideva comunque la visione di Mandela sulla necessità di avere una società senza discriminazioni, nella quale tutti potessero vivere con pari diritti. Il suo impegno gli valse il Nobel per la pace nel 1984.
Quando dieci anni dopo Mandela divenne presidente del Sudafrica, chiese a Tutu di presiedere la Commissione per la verità e la riconciliazione (TRC), un tribunale per raccogliere e valutare le testimonianze sui crimini commessi durante la segregazione da entrambe le parti. Le udienze furono trasmesse spesso in televisione, dando a Tutu la possibilità di raggiungere milioni di persone non solo in Sudafrica, ma anche nel resto del mondo.
Il tribunale fu un importante momento per la transizione del Sudafrica al termine dell’apartheid, ma ricevette qualche critica per i metodi impiegati. Durante il periodo a capo della TRC, Tutu fu duramente attaccato dai membri di estrema destra della minoranza bianca, ma anche da alcuni componenti dell’ANC. Le testimonianze spesso molto dure e crude di chi aveva subito violenze durante la segregazione ebbero un forte impatto anche su Tutu, che non nascose mai la propria sofferenza e costernazione.
Alla fine degli anni Novanta, a Tutu fu diagnosticato un tumore alla prostata. Ridusse gli impegni pubblici e si dedicò con maggiore assiduità alla famiglia, ma non mancò di criticare l’ANC e di continuare a interessarsi di politica internazionale. Nel 2015 avviò un’iniziativa per chiedere ai presidenti e capi di governo del mondo di aderire a un piano per passare alle fonti di energia rinnovabile entro 35 anni, per ridurre gli effetti del cambiamento climatico.
Commentando la sua morte, il presidente sudafricano Ramaphosa ha detto: «La morte dell’arcivescovo emerito Desmond Tutu segna un altro capitolo nei lutti della nostra nazione e nel dare l’addio a una generazione di incredibili sudafricani che ci hanno lasciato in eredità un Sudafrica libero».