La multa della Russia a Google e Facebook
Li ha accusati di non aver rimosso contenuti considerati illegali, e secondo molti l'obiettivo sarebbe il movimento di Alexei Navalny
Venerdì un tribunale di Mosca, in Russia, ha dato a Google una multa di 7,2 miliardi di rubli (86 milioni di euro) e a Meta, la società che controlla Facebook e Instagram, una multa di 1,99 miliardi di rubli (circa 24 milioni di euro), per non aver rimosso contenuti considerati illegali in Russia.
Roskomnadzor, l’autorità federale russa garante le comunicazioni, ha spiegato in un comunicato che le multe sono state decise a causa dell’inadempienza di Google e Meta nel rimuovere contenuti che incitano all’odio religioso, all’uso di droghe e che propagandano le opinioni di organizzazioni estremiste e terroristiche. Le multe sono state calcolate dal tribunale sulla base delle entrate annue delle due società in Russia, e ammontano a circa l’8 per cento del totale. Al momento Google non ha replicato alla decisione del tribunale e ha detto solo che studierà attentamente il fascicolo della sentenza; Meta invece non ha ancora commentato la multa.
Il tribunale non ha specificato cosa Google e Meta non abbiano cancellato, e ha solo comunicato il loro numero: 2.600 mila contenuti da parte di Google e più di 2mila da parte di Facebook e Instagram. Anche se non sono stati comunicati i contenuti considerati illegali dal tribunale di Mosca, secondo molte persone esperte di Russia l’obiettivo della multa sarebbe soprattutto il movimento politico che fa capo a Alexei Navalny, il principale oppositore del presidente Vladimir Putin, condannato a febbraio a tre anni e mezzo di carcere per aver violato la libertà vigilata, un’accusa che lui e i sostenitori ritengono sia pretestuosa e dovuta solamente al suo attivismo politico.
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A giugno un tribunale di Mosca aveva dichiarato le organizzazioni fondate da Navalny illegali ed estremiste: la sentenza colpiva in particolare la Fondazione anticorruzione FBK, la più famosa delle organizzazioni di Navalny, che aveva pubblicato le note inchieste sulla corruzione della classe dirigente russa. La sentenza aveva di fatto reso impossibile per il movimento di Navalny operare in Russia, dato che la legge russa prevede fino a dieci anni di prigione per chi fa parte o finanzia organizzazioni ritenute “estremiste”, equiparate a noti gruppi terroristici come al Qaida.
Molti dei video prodotti da Navalny e dalle sue organizzazioni per denunciare la corruzione nella politica russa sono ancora accessibili su YouTube, Facebook e Instagram, ed è plausibile che nella sentenza di venerdì il tribunale di Mosca si riferisca proprio a questi contenuti.
Non è comunque la prima volta che negli ultimi mesi le autorità russe cercano di contrastare le attività delle grandi compagnie tecnologiche per fini politici. A settembre, in occasione delle elezioni parlamentari, quasi tutti i candidati che avevano qualche possibilità di insidiare i partiti governativi erano stati estromessi dal voto. Il movimento di Navalny aveva però creato un’app dove era presente una lista di candidati, di opposizione o non allineati al governo, su cui far convergere tutto il voto contrario a Putin. Dopo poche settimane dalla sua creazione, il governo aveva però ottenuto che l’app venisse cancellata dall’App Store di Apple e dal Play Store di Google.
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