Perché molte regioni sono rimaste in zona bianca
Nonostante il significativo aumento dei contagi, la pressione sugli ospedali è al di sotto delle soglie di allerta
Nonostante l’aumento significativo dei contagi degli ultimi giorni, al momento il ministero della Salute non ha annunciato nuovi passaggi di regioni dalla zona bianca alla gialla. Sono rimaste in zona bianca regioni come la Lombardia, il Piemonte e l’Emilia-Romagna, dove negli ultimi giorni sono stati segnalati moltissimi contagi anche a causa della rapida diffusione della variante omicron. Il principale motivo per cui non è stato deciso il passaggio di colore è che in Italia dall’estate scorsa si è iniziato a dare molto più peso alla situazione negli ospedali rispetto all’andamento dei contagi. Di fatto non ci sarebbero grandi cambiamenti per quanto riguarda le misure restrittive, perché la zona bianca e la gialla hanno regole identiche dopo il decreto festività approvato dal governo, ma il colore resta un segnale importante per osservare la situazione negli ospedali.
Per passare dalla zona bianca alla zona gialla, bisogna avere un’incidenza settimanale dei contagi superiore a 50 casi ogni 100mila abitanti e, allo stesso tempo, un’occupazione dei posti letto nei reparti ordinari da parte dei pazienti ricoverati per la COVID-19 superiore al 15 per cento, e superiore al 10 per cento in terapia intensiva. Con questo sistema ha perso rilevanza l’indice Rt, uno dei principali indicatori utilizzati per monitorare l’epidemia e che fino alla terza ondata era stato fondamentale per decidere se attivare le misure restrittive.
Se si guardasse solo l’indice Rt, le preoccupazioni sarebbero simili a quelle di un anno fa. «Negli ultimi giorni c’è una netta crescita dei nuovi casi e infatti l’incidenza settimanale è salita a 351 casi per 100mila abitanti», ha detto il presidente dell’Istituto superiore di sanità (ISS), Silvio Brusaferro. «La trasmissibilità, stimata attraverso il valore di Rt, rimane sopra il valore di 1, sia per quanto riguarda i pazienti sintomatici che le ospedalizzazioni e questo è un segnale forte di incremento della circolazione del virus». La differenza però oggi la stanno facendo i vaccini, che stanno permettendo di avere un aumento più contenuto dei ricoveri e dei decessi.
L’efficacia del vaccino sta avendo un impatto positivo sull’andamento dei ricoveri in terapia intensiva, che finora è stato sensibilmente minore rispetto a quello dell’autunno del 2020. Quello dei ricoveri è un dato che va preso con cautela, ma ha una sua grande rilevanza, anche considerando il fatto che senza vaccini, e con la diffusione delle varianti delta e omicron, avrebbe potuto essere molto più alto di quanto non sia oggi.
In generale in tutte le regioni la percentuale di occupazione negli ospedali è molto più bassa rispetto alla seconda e alla terza ondata dell’epidemia. È bene notare però che da sempre questo indicatore ha qualche problema, soprattutto per la limitata affidabilità delle statistiche sull’occupazione ospedaliera, che è legata al numero di posti letto teoricamente disponibili, deciso dalle regioni e non sempre attendibile, magari aumentato per evitare nuove restrizioni.
Tra le regioni che hanno aggiunto più posti letto nelle ultime settimane c’è la Lombardia che secondo i dati di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, pubblicati dall’associazione OnData, ne ha a disposizione 1.530 in terapia intensiva e 10.237 nei reparti ordinari. Dall’inizio di dicembre ne ha aggiunti 3.549 nei reparti ordinari e grazie a questo aumento è riuscita a mantenere sotto controllo la percentuale di occupazione dei posti letto. Al momento la Lombardia è all’11 per cento di occupazione in terapia intensiva, oltre la soglia di allerta fissata dal ministero, e al 13,7 per cento nei reparti ordinari, inferiore alla soglia del 15 per cento.
Un’altra regione che nell’ultimo mese ha aumentato i posti letto nei reparti ordinari è stata l’Emilia-Romagna: oggi ne ha a disposizione 9.001, all’inizio di dicembre erano 7.920. Anche l’Emilia-Romagna ha superato la soglia di allerta per l’occupazione delle terapie intensive, non nei reparti ordinari.
Secondo il decreto legge 105 del 23 luglio 2021, il calcolo dei posti letto in terapia intensiva a disposizione delle regioni viene effettuato sulla base di un dato comunicato dall’ISS al ministero all’inizio del mese. AGENAS, invece, pubblica i dati utilizzati per calcolare il tasso di occupazione nei reparti ordinari.
Tra le altre cose, l’aumento dei posti letto risolve solo parzialmente i problemi negli ospedali, dove il numero degli operatori sanitari non aumenta allo stesso ritmo dei posti disponibili: l’aggiunta di posti letto comporta uno spostamento di personale da altri reparti e quindi un ridimensionamento delle attività ospedaliere non legate al trattamento della COVID-19.
Infine c’è il caso del Piemonte, i cui indicatori sono tutti oltre le soglie di allerta: nell’ultima settimana sono stati trovati oltre 50 casi ogni 100mila abitanti, l’occupazione dei posti letto nei reparti ordinari da parte dei pazienti ricoverati per la COVID-19 è al 15,6 per cento, e in terapia intensiva all’11,8 per cento. Mercoledì 22 dicembre il presidente della Regione, Alberto Cirio, aveva annunciato che da lunedì 27 dicembre il Piemonte sarebbe passato in zona gialla. I dati di giovedì, validi per decidere l’eventuale passaggio di colore, erano da zona bianca, e per questo il ministero ha deciso di non introdurre nuove limitazioni.