Una canzone dei Jam

Eravamo tutti scemi, da ragazzi, pogatori e non pogatori

(Chris Moorhouse/Evening Standard/Hulton Archive/Getty Images)
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Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Brian Eno ha stroncato gli NFT in un’intervista: “stringhe di numeri che vanno in giro per i conti correnti bancari”; “niente che aggiunga valore al mondo”; “sai che bellezza, ora anche gli artisti possono diventare piccoli capitalisti stronzi”.
Il New York Times ha raccontato Ken Kragen, manager di grandi musicisti e corresponsabile della costruzione del progetto “We are the world” (quello che fu la risposta americana a “Band aid“). Kragen è morto la settimana scorsa.
Ricordo che a Natale andiamo in vacanza due settimane. La newsletter non arriva le prossime due, ne riparliamo poi lunedì 10 gennaio.

Going underground
Jam

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Confesso che quelli che pogavano li ho sempre guardati con un misto di terrore, sprezzo e desolazione: sarà anche che non bevevo. Poi col tempo si diventa più indulgenti: eravamo tutti scemi, da ragazzi, pogatori e non pogatori. Pochi anni fa sono andato a un concerto dei Madness a Camden, con Emilia, e tra gli stagionati affollatori della sala qualcuno a un certo punto ha fatto un giro di pogamento ed è sembrato tutto allegro e dovuto.

Paul Weller è una riverita istituzione musicale, nel Regno Unito: e ha di certo un curriculum invidiabile di eterogenei successi. Prima con una band mod-rock, i Jam, poi con una specie di pentimento in cerca di assoluzione e un duo di raffinate prelibatezze pop, gli Style Council, e poi da solo con risultati ridimensionati, soprattutto internazionalmente, ma sempre con un misto di pop e rock di gran qualità, ed elegante rispettabilità. Una specie di Brian Ferry della generazione dopo.

Io scoprii i Jam dopo: Weller li sciolse che avevo 17 anni e invece mi innamorai di tutta la storia successiva degli Style Council. E in più non pogavo, e quella fase probabilmente non mi sarebbe piaciuta tanto: recuperai dopo, e i Jam col senno di poi mi sono sempre suonati come una via di mezzo tra i Clash e gli Style Council, e mi hanno convinto e divertito, per via dell’indulgenza postuma di cui sopra.
Ho visto che lui (che sbaraccò la band, facendo molto arrabbiare gli altri due, per desiderio di altro) ha scritto una cosa commossa e allegra sul rifare ora, quarant’anni dopo, certi pezzi dei Jam (nel frattempo ha pubblicato uno speculare disco noioso di sue canzoni orchestrate, a dimostrazione che per ognuno di noi la musica è un po’ di tutto). Però non trovo più il link, quindi forse non era una cosa recentissima. A settembre del 2022 viene in Italia, e spero che faccia anche un bel po’ di canzoni dei Jam, che dal vivo sono divertenti (non pogherei, però).

Going underground uscì nel 1980 solo come singolo, ed è un pezzo di ribellismo e contestazione sia giovanile che politica (eravamo in mezzo a quel periodo Thatcher che animò ottima musica di protesta): stette per tre settimane al numero uno britannico, ché quello è sempre stato un paese di buon gusto. E spero che vi tiri su questo mercoledì, che intorno fischiano le pallottole e stiamo entrando in questa specie di clandestinità.

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