A Roma le occupazioni nelle scuole vanno avanti da oltre due mesi
Un movimento che per ora non ha attecchito altrove protesta contro la gestione degli spazi e degli orari nel terzo anno di pandemia
Da oltre due mesi in decine di licei e istituti superiori di Roma vengono organizzate occupazioni da parte di studenti e studentesse con obiettivi diversi a seconda della scuola, ma con l’intento comune di attirare l’attenzione delle istituzioni e aprire un dialogo con il governo. La richiesta principale è che venga cambiato l’approccio con cui finora è stato gestito il ritorno in presenza delle lezioni, dopo i lunghi periodi in cui sono state svolte con la didattica a distanza (DAD).
La prima occupazione c’era stata il 6 ottobre, a neanche un mese dall’inizio dell’anno scolastico, ed era durata cinque notti. L’avevano organizzata gli studenti del “Cine Tv Roberto Rossellini”, che comprende un liceo artistico e due istituti, uno professionale e uno tecnico. A essere occupata era stata la sede succursale di via Libetta, in zona Ostiense, per protestare contro gli orari scaglionati e le loro conseguenze sulla vita quotidiana degli studenti, un tema che ricorre in quasi tutte le occupazioni romane, e contro la mancanza di aule che aveva costretto a fare lezione in palestra o all’aperto. Secondo il racconto degli studenti, smentito dalla preside, anche sotto la pioggia.
Dopo la succursale del “Cine Tv” sono iniziate a catena altre occupazioni in maniera più o meno spontanea, in vari quartieri, a volte con l’ausilio di un movimento di sinistra che si chiama Opposizione studentesca d’alternativa (OSA), in altri casi per iniziativa di collettivi legati ai singoli istituti. Il 12 ottobre era stato occupato il liceo classico “Pilo Albertelli” all’Esquilino, il 20 ottobre il liceo artistico “Ripetta”, in centro, il 28 ottobre il liceo classico “Luciano Manara” a Monteverde. Tra il 7 e l’8 novembre era stato brevemente occupato il liceo classico “Visconti”, in centro, e il 16 era stata la volta del “Tasso”. Il 22 novembre erano state occupate cinque scuole in un solo giorno, quasi tutte in alcuni quartieri della periferia nord (Talenti, Nuovo Salario, Bufalotta e Tufello).
In qualche caso ci sono state tensioni tra gruppi di studenti e polizia. È successo lo scorso 13 dicembre al liceo classico “Plauto” di Spinaceto, dove gli agenti hanno fermato un ragazzo e una ragazza mentre era in corso l’occupazione; e prima ancora al “Ripetta”, dove lo scorso 21 ottobre alcuni studenti avevano organizzato un presidio per contribuire alla protesta iniziata il giorno prima con l’occupazione. Al loro arrivo però avevano trovato alcune camionette della polizia e un cordone di agenti, con cui si sono scontrati.
Non ci sono stati feriti gravi, ma un diciassettenne è stato colpito alla testa e una ragazza, anche lei diciassettenne, ha denunciato in un video pubblicato su Facebook di aver subito una molestia sessuale da parte di un agente, durante una carica della polizia.
Ci sono stati altri scontri nella manifestazione di venerdì 17 dicembre, a cui hanno partecipato migliaia di studenti delle scuole romane occupate. Il corteo doveva dirigersi verso il ministero dell’Istruzione, a Trastevere, partendo da Piramide, poco lontano, ma a un certo punto un piccolo gruppo si è distaccato per prendere un’altra strada e raggiungere la prefettura. La polizia è intervenuta per riportare il corteo lungo il percorso stabilito e ci sono stati brevi scontri, senza feriti gravi.
Ma nella gran parte delle altre scuole le occupazioni sono iniziate e si sono concluse pacificamente. Tra le richieste degli studenti c’erano (e ci sono ancora) soprattutto la soluzione a due problemi che riguardano gran parte delle scuole italiane: il sovraffollamento delle aule e l’orario scaglionato, introdotto dal “Piano Scuola” (PDF) del ministero dell’Istruzione per evitare assembramenti all’ingresso e all’uscita delle scuole, e sui mezzi pubblici all’ora di punta. Il ministero lascia ai singoli istituti la possibilità di decidere con quali modalità attuare lo scaglionamento, ma questo cambiamento nell’organizzazione delle giornate scolastiche sta ricevendo da tempo estese critiche da parte degli studenti e non solo.
Già a inizio settembre Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale dei presidi, aveva detto: «Il fatto che i mezzi pubblici non siano in grado di trasportare tutti gli studenti nell’orario tradizionale d’inizio delle lezioni crea un problema sociale ai ragazzi e alle loro famiglie. Parliamo per lo più di ragazzi delle superiori, molti pendolari, alcuni con orari lunghi fino a sei ore al giorno: per questi, entrare alle 10 significherà tornare a casa dopo le 17, dopo aver mangiato solo un panino».
Sono le stesse cose che dice T.M., responsabile nazionale di OSA. M. ha 17 anni e il suo ruolo è quello di cercare di coinvolgere altre città nel movimento che sta animando le occupazioni romane, specialmente in quelle dove OSA è più attiva, cioè a Bologna e a Torino. Secondo M., attualmente neanche la prefettura sa quante scuole sono occupate a Roma. Giovedì della scorsa settimana erano quattordici o quindici, questa settimana potrebbero essere quattro o cinque, forse di più.
«I problemi sono diffusi e di diverso tipo, ma quelli più gravi sono relativi alla gestione degli orari» dice M. «Gli studenti sono costretti a entrare in certi casi alle dieci, il che significa che per esempio in un artistico che fa più di sei ore di lezione al giorno, uno può uscire da scuola anche alle quattro e mezza». Questi orari fanno sì che le giornate dei ragazzi e delle ragazze fuori dalla scuola si accorcino molto, e che talvolta debbano saltare il pranzo per gli altri impegni della giornata, come lo studio o lo sport.
Quello che in una città di piccole o medie dimensioni potrebbe essere un problema relativo, può essere assai più rilevante a Roma, dove molti studenti sono pendolari, vivono nelle città della provincia e percorrono lunghe distanze per tornare a casa. «Noi sappiamo di tantissimi studenti che stanno sviluppando addirittura disturbi alimentari» racconta M. «Perché quando arrivi a casa alle quattro o alle cinque e dopo mezz’ora devi andare a fare sport a quel punto neanche mangi».
Milioni di ragazzi e ragazze in Italia sono al terzo anno scolastico durante una pandemia globale. Nei primi giorni del marzo del 2020 smisero di andare a scuola, concludendo l’anno in DAD. L’anno 2020/2021 è stato quello della teorica convivenza con il coronavirus, ma nelle scuole superiori la didattica a distanza è stata «la principale risposta del sistema educativo italiano ai problemi creati dall’evoluzione della pandemia», ha concluso uno studio apposito della Fondazione Agnelli. I protocolli per l’anno scolastico 2021/2022 non sono cambiati molto, ma studenti e docenti per la prima volta hanno potuto disporre dall’inizio della protezione fornita dai vaccini. Diverse soluzioni che erano state decise in un contesto emergenziale, come gli ingressi posticipati per ridurre gli assembramenti, sono però rimaste.
Un altro problema segnalato, non solo a Roma, riguarda l’edilizia scolastica pubblica, che ha grossi problemi strutturali come dimostrano le cicliche notizie di cornicioni e pezzi di tetto pericolanti o crollati. Un altro è il sovraffollamento delle aule: la mancanza di ambienti adeguati è diventato un tema ancora più sentito con le restrizioni dovute alla pandemia, che impediscono agli studenti di utilizzare gli spazi comuni in modo continuativo.
È il caso del liceo classico “Augusto”, che si trova vicino alla fermata della metro Ponte Lungo, sulla via Appia, occupato fino a sabato scorso. Come racconta uno studente che preferisce rimanere anonimo, i problemi principali lamentati dagli studenti dell’Augusto sono soprattutto tre: l’orario scaglionato, che causa profondi disagi a chi viene dalle zone limitrofe (principalmente dai Castelli Romani); il mancato sfruttamento degli spazi comuni; e la mancanza di un vero sistema di supporto psicologico per gli studenti e le studentesse.
«Il nostro liceo ha un enorme cortile che non possiamo usare quasi mai, nonostante il Comitato Tecnico Scientifico inviti i dirigenti scolastici a utilizzare gli spazi all’aperto» dice lo studente. «Abbiamo anche una grande e fornita biblioteca che per motivi che non sappiamo è rimasta chiusa per tutto l’anno. Durante l’occupazione l’abbiamo aperta, non ha problemi strutturali di nessun tipo, solo un po’ di polvere». Inoltre, secondo lo studente, lo sportello di ascolto esistente a scuola non è sufficiente a gestire tutte le richieste di aiuto psicologico, aumentate dopo la pandemia e i lunghi periodi di isolamento dei ragazzi e delle ragazze, quando le lezioni si svolgevano in DAD.
Gli studenti del liceo “Augusto” che hanno animato l’occupazione ci tengono a sottolineare che l’obiettivo non era quello di «saltare giorni di lezione». Per questo hanno pubblicato su Instagram il “documento politico” dell’occupazione, piuttosto lungo, che espone e argomenta le ragioni dietro all’occupazione.
Nel documento si legge anche che «gli studenti si impegneranno a mantenere un comportamento corretto nel rispetto delle norme Covid-19», chiedendo il Green Pass agli ospiti esterni, garantendo il tracciamento dei contatti, e obbligando tutti all’uso della mascherina. «Abbiamo mantenuto la scuola pulita ogni giorno, eppure a metà dell’occupazione ci è stata staccata la corrente e siamo rimasti al buio e al freddo» racconta lo studente. «E questo ci ha reso molto difficile portare avanti le attività culturali che avevamo in mente, proiezioni di film e presentazioni di libri».
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La pandemia ha aggravato e reso più evidenti alcuni annosi problemi del sistema scolastico italiano, che riguardano gran parte delle scuole pubbliche italiane e non soltanto quelle di Roma. Eppure nelle altre città, anche quelle grandi come Milano, i numeri delle scuole occupate e l’intensità delle proteste non sono state minimamente paragonabili alla situazione romana. Non è chiaro il perché di questo fenomeno, ma secondo M. «anche solo il fatto di vivere in una città in cui sono presenti fisicamente le istituzioni del governo centrale» potrebbe essere stato un fattore che ha contribuito al movimento di scuole occupate.
Inoltre, Roma è da anni molto organizzata dal punto di vista dei movimenti studenteschi. Oltre a OSA e ad altre realtà nazionali come Unione degli Studenti, Blocco Studentesco (l’organizzazione giovanile di CasaPound) e Rete degli Studenti Medi, c’è tutta una serie di collettivi storici nati all’interno delle varie scuole, soprattutto nei licei con una forte connotazione politica di sinistra come per esempio il “Virgilio” e il “Tasso”. Questo aspetto rende probabilmente Roma una città più fertile di altre per i movimenti studenteschi e le occupazioni.
«Ovviamente non siamo né “no Green Pass”, né “no vax”» precisa M. «Sappiamo perfettamente che vanno rispettate le norme anti-COVID, questo è chiaro. Però se almeno venissero aumentate le corse e i mezzi a disposizione qualcosa potrebbe cambiare, si potrebbero trovare orari meno proibitivi per gli studenti pendolari».
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