Il Cile vuole cambiare per davvero
L'elezione del presidente più progressista dai tempi di Allende sembra essere solo l'ultimo segnale di una diffusa volontà di affrancarsi dal passato
Domenica il Cile ha eletto il suo nuovo presidente, il 35enne Gabriel Boric, che al ballottaggio ha superato con un margine inaspettato l’altro candidato, José Antonio Kast, di estrema destra e nostalgico dell’ex generale e dittatore cileno Augusto Pinochet. Boric, che si insedierà a marzo, non sarà solo il presidente più giovane della storia del Cile: sarà anche il più progressista dai tempi di Salvador Allende, che morì nel colpo di stato del 1973 con cui proprio Pinochet prese il potere.
Boric si troverà a governare un paese profondamente cambiato dalle enormi proteste iniziate nel 2019 per l’aumento del biglietto della metropolitana della capitale Santiago, e diventate poi qualcosa di molto più grande e ambizioso.
Il movimento nato dalle proteste aveva infatti portato alla decisione di riscrivere la Costituzione del 1980, redatta durante la dittatura; aveva messo in discussione il cosiddetto “modello cileno”, basato su un accentuato neoliberismo, e che per tanti anni era stato considerato un successo e un esempio da seguire dagli altri paesi latinoamericani; e aveva fatto emergere una nuova leadership a sinistra, giovanissima e formata nelle proteste studentesche, che aveva introdotto nel dibattito politico cileno temi trascurati dai precedenti governi, come l’ambientalismo, il femminismo e il rispetto dei diritti umani.
È stata questa nuova leadership a esprimere Boric, che sarà il primo presidente cileno a non appartenere a nessuno dei partiti tradizionali che hanno governato il paese dal ritorno della democrazia, nel 1990. Attorno a sé, Boric ha potuto contare su numerosi collaboratori, provenienti da diverse esperienze politiche ma accomunati dall’idea che un cambiamento radicale fosse ormai diventato necessario.
Boric ha vinto come leader della coalizione elettorale Pacto Apruebo Dignidad, che al suo interno è formata a sua volta da due coalizioni, entrambe molto importanti durante le proteste degli ultimi anni: il Frente Amplio, la più rilevante delle due, e Chile Digno, Verde y Soberano, che include anche il Partito comunista. Boric fu scelto come candidato presidenziale del Frente Amplio all’inizio del 2021 per le sue abilità politiche, «ma anche la fortuna giocò a suo favore», ha scritto il País: Boric aveva infatti già compiuto 35 anni, l’età minima richiesta dal Cile per poter diventare presidente, mentre l’altro principale papabile, Giorgio Jackson, che sarebbe diventato poi lo stratega politico della sua campagna elettorale, aveva 34 anni.
Oltre a Jackson, ci sono altre figure centrali nell’ascesa politica di Boric, che fanno parte della nuova leadership emersa durante le proteste iniziate nel 2019 e che per lo più si formarono politicamente nelle proteste universitarie durante il primo governo Piñera, nel 2011.
La prima è Izkia Siches, medica di 35 anni, l’unica persona che Boric ha fatto salire sul palco dell’evento post-elettorale organizzato a Santiago domenica, dopo l’annuncio della vittoria al ballottaggio. A Siches, che era stata messa a capo della campagna elettorale per il secondo turno, è stato attribuito il merito del ribaltamento dei risultati elettorali in diverse zone del Cile tra il primo turno e il ballottaggio, che ha finito per favorire Boric. Sembra che Siches sia riuscita a capitalizzare la popolarità ottenuta durante la pandemia, quando guidava l’associazione di categoria Colegio Médico (prima donna di sempre a ricoprire quel ruolo) e consigliava al governo di chiudere del tutto la città di Santiago per evitare un rapido peggioramento della situazione epidemiologica.
Non è chiaro se e che ruolo potrà avere Siches nel nuovo governo di Boric, ma non è escluso che potrebbe diventare la prossima ministra della Salute, lo stesso incarico che ottenne Michelle Bachelet prima di diventare presidente del Cile.
Le altre figure centrali del circolo ristretto di Boric sono le due dirigenti comuniste Camila Vallejo e Karol Cariola, rispettivamente una geografa di 33 anni e un’infermiera di 34; Miguel Crispi, del partito Revolución Democrática (uno dei due che formano la coalizione Frente Amplio), che ha 36 anni ed è figlio di una ministra socialista del governo di Bachelet; e la deputata socialista Maya Fernández, che ha 50 anni ed è nipote di Allende.
I profondi cambiamenti in atto in Cile si sono espressi finora con l’emergere di una nuova leadership politica, ma potrebbero anche tramutarsi in grandi e ambiziose riforme, promesse da Boric in campagna elettorale. L’obiettivo principale di queste riforme dovrebbe essere lo smantellamento almeno parziale del modello neoliberista che ha prevalso in Cile negli ultimi decenni e la riduzione delle disuguaglianze, che era stato uno degli slogan più importanti delle proteste del 2019.
Tra le altre cose, Boric ha proposto un aumento delle tasse ai cosiddetti “super-ricchi” e alle imprese per finanziare le riforme sociali di cui ha bisogno il paese, e una radicale riforma del sistema pensionistico privato (su questo punto Boric in realtà ha ammorbidito le sue posizioni nel corso del tempo, nonostante l’opposizione di parte dei suoi sostenitori). Ha proposto di eliminare gradualmente l’attuale sistema di assicurazioni sanitarie private, accusato di escludere dall’assistenza sanitaria le fasce meno abbienti della popolazione, e di creare un Fondo universale per la salute (FUS) che finanzi i servizi sanitari nei centri pubblici e privati.
Boric ha parlato anche di ridurre gradualmente la giornata lavorativa fino ad arrivare a un massimo di 40 ore settimanali, di aumentare il salario minimo e di introdurre sussidi per giovani e donne. Ha promesso il rafforzamento della scuola pubblica e la cancellazione di tutti i debiti scolastici, con l’obiettivo di arrivare a istituire un sistema scolastico gratuito per tutti, e ha detto di voler promuovere una legge per garantire l’interruzione volontaria di gravidanza (il Cile ha una legislazione molto limitata in tema di aborto).
Infine, Boric ha promesso una riforma strutturale del corpo dei Carabineros, i principali responsabili della repressione violenta compiuta dalle forze di sicurezza cilene durante le ultime proteste, e l’istituzione di una Commissione permanente che rivaluti i casi di violazione dei diritti umani, e quelli che coinvolgono vittime di omicidio, tortura e sparizione forzata, che risalgono agli anni della dittatura di Pinochet.
Boric si insedierà alla presidenza l’11 marzo 2022, all’inizio di un anno che sarà fondamentale per il Cile. Oltre a un nuovo presidente, il paese avrà un nuovo parlamento e, se verrà approvata, anche una nuova Costituzione: sarà quindi un Cile molto diverso da quello di soli due anni fa.