Il Cile vota il suo nuovo presidente
Se la giocano José Antonio Kast, di estrema destra, e Gabriel Boric, leader della coalizione di sinistra: l'esito è molto incerto
Domenica in Cile ci sarà il ballottaggio delle elezioni presidenziali tra José Antonio Kast, di estrema destra, e Gabriel Boric, leader della coalizione di sinistra, cioè i due candidati più votati del primo turno, che si era tenuto il 21 novembre: Kast aveva ottenuto il 27,9 per cento dei voti, Boric il 25,8. L’esito delle elezioni, dicono i sondaggi, è molto incerto.
Kast è di estrema destra e fa parte del Partido Republicano de Chile. Fin dall’inizio della campagna elettorale, si è presentato come il leader della restaurazione dell’ordine nel paese, che era stato in qualche modo sconvolto dalle grandi proteste iniziate nel 2019 nella capitale Santiago del Cile. Inizialmente i manifestanti avevano contestato una legge che aumentava il prezzo del biglietto della metropolitana cittadina, poi però le proteste erano diventate qualcos’altro, e si erano estese: avevano iniziato a rivolgersi contro il governo guidato dal presidente Sebastian Piñera, conservatore, e contro la Costituzione scritta nel 1980, ai tempi della dittatura di Augusto Pinochet.
Nell’ottobre 2020 in Cile si è tenuto un referendum proprio per decidere se riscrivere la Costituzione: ha vinto il sì, con quasi l’80 per cento dei voti favorevoli. La nuova Costituzione è ora in fase di riscrittura.
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Cattolico fervente e vicino agli evangelici, Kast si oppone all’aborto, considera le rivendicazioni delle cosiddette minoranze una “ideologia gender”, è omofobo, anti-femminista, dice di voler fermare l’immigrazione e promuove la dottrina dello “Stato minimo”, predilige cioè l’iniziativa privata e il minor intervento possibile dello Stato nello sviluppo economico.
Ha anche proposto che la nuova Costituzione venga bocciata e che si mantenga quella ereditata dalla dittatura. È un sostenitore di Augusto Pinochet e il suo approccio populista di destra è stato paragonato a quello del presidente brasiliano Jair Bolsonaro.
Boric è a capo di una coalizione di sinistra chiamata Pacto Apruebo Dignidad, che ha tra i suoi membri il Partito comunista: propone di rafforzare il ruolo dello Stato per garantire diritti fondamentali quali l’istruzione e la salute, e nel suo programma parla della necessità di un profondo cambiamento rispetto al passato.
Nel corso della campagna elettorale ha detto anche di voler migliorare i servizi pubblici, aumentare le tasse per i più ricchi, avviare una grande lotta all’evasione fiscale, aumentare la pensione minima e rafforzare l’uguaglianza di genere, tra le altre cose. Ha 35 anni ed è un ex leader studentesco che era stato eletto per due mandati alla Camera.
Sia Kast che Boric rappresentano una scissione anche generazionale: mentre Boric ha il suo maggior sostegno tra gli giovani, Kast è sostenuto soprattutto da chi ha più di 60 anni. Entrambi sono accomunati dal fatto di far parte di due coalizioni che non sono mai state al governo, ed entrambi smuovono gli orientamenti politici più radicali, piuttosto che quelli rappresentati dagli elettori e dalle elettrici degli ultimi due presidenti (Sebastián Piñera e, prima di lui, Michelle Bachelet, di sinistra).
Sia Kast che Boric sono poi una sorpresa: fino a un anno fa nessuno immaginava che sarebbe stato uno di loro a prendere il posto dell’attuale presidente.
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Anche se in Cile, dal 1999, il vincitore del primo turno ha sempre vinto il ballottaggio, in questa occasione gli analisti dicono che ci sono buone ragioni per pensare a un’inversione del risultato: l’affluenza al primo turno è stata bassa (solo il 47 per cento degli elettori è andato a votare) e il 46 per cento di chi ha votato non ha scelto né Kast né Boric. C’è dunque un immenso bacino di preferenze che entrambi i candidati potenzialmente potrebbero recuperare.
Dopo i risultati del primo turno, Kast è riuscito a ottenere il sostegno dei partiti che fanno parte della coalizione di destra e di centrodestra attualmente al governo, sebbene non fosse il loro candidato ufficiale e sebbene non abbia partecipato alle primarie presidenziali che la sua area politica ha tenuto a luglio. Kast ha ottenuto anche il sostegno, dopo la negoziazione di una serie di punti da inserire nel suo programma, di Sebastián Sichel, il candidato ufficiale alla presidenza della coalizione di centrodestra che aveva vinto le primarie di luglio e che al primo turno ha ottenuto il quarto posto con il 12,7 per cento delle preferenze.
Boric ha guadagnato l’appoggio della sinistra moderata, del centro democratico, dei laici liberali e della Concertación, l’alleanza di socialisti e democristiani che ha guidato il Cile tra il 1990 e il 2010 e che ha espresso due presidenti: Ricardo Lagos e Michelle Bachelet, attualmente Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani. Al ballottaggio, Boric sarà sostenuto anche dalla senatrice e candidata presidenziale di centrosinistra Yasna Provoste, che al primo turno ha ottenuto il quinto posto con l’11,6 per cento dei voti.
Tra il primo e il secondo turno, sia Kast che Boric hanno comunque dovuto moderare le loro posizioni, perché chiunque sarà il vincitore non avrà la maggioranza al Congresso e dovrà ampliare il proprio consenso tra i settori più moderati. Boric ha dovuto ad esempio ridimensionare le sue previsioni sull’aumento delle tasse per i più ricchi e dare maggiore spazio a temi legati alla sicurezza e al controllo dell’immigrazione.
Kast ha rivisto soprattutto le sue posizioni contro i diritti delle donne e l’aborto. Ha dato spazio ad alcune politiche di destra molto popolari, si è scusato per aver chiesto l’eliminazione del ministero della Donna; inoltre, se prima aveva proposto il divieto di aborto anche per i soli tre casi attualmente previsti dalla legge, ha assicurato che non imporrà le sue convinzioni al Congresso (a inizio dicembre, comunque, la Camera dei deputati cilena ha respinto la depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza entro la quattordicesima settimana).
Kast ha mantenuto però nel suo programma alcune iniziative piuttosto controverse: la costruzione di un fossato sul confine settentrionale del Cile per fermare le persone migranti, e una riforma costituzionale per dare, in alcune circostanze, al presidente maggiori poteri.
Un’incognita in vista del ballottaggio saranno i voti raccolti da Franco Parisi, il candidato liberale che al primo turno, con il suo Partito della Gente, è arrivato al terzo posto con il 12,8 per cento.
Gli osservatori e i giornali locali gli stanno dedicando molta attenzione. Innanzitutto perché Parisi è un candidato insolito: vive negli Stati Uniti, non ha messo piede in Cile né per la campagna elettorale né per votare, dato che è indagato per non aver pagato il mantenimento dei figli. E poi perché, con la retorica dell’antipolitica, ha attratto i giovani elettori, soprattutto maschi, della classe media e bassa del nord del paese: un’area dove né Kast né Boric hanno avuto invece molto successo.
Boric ha il suo maggior sostegno nelle grandi città, e Kast nel sud del paese. Non è chiaro a chi andranno i voti di Parisi e circolano analisi e opinioni diverse tra loro.
La situazione in vista del ballottaggio è comunque molto incerta, e questo si riflette nei sondaggi. Secondo i più recenti, Boric è il favorito, ma il margine di errore lascia il risultato molto incerto.
La forte polarizzazione tra i due candidati complica ulteriormente qualsiasi tipo di previsione: quasi il 53 per cento della popolazione ha deciso di non esercitare il proprio diritto di voto al primo turno, ma potrebbe scegliere di votare per il ballottaggio per impedire che vinca il candidato che non apprezza. La legge cilena vieta la pubblicazione di sondaggi nelle due settimane precedenti alle elezioni, proprio il periodo in cui gli incerti e coloro che non hanno votato, che sono parecchi, decideranno cosa fare.