Gli aiuti del governo alle grandi città indebitate
Il governo ha proposto di dare 2,67 miliardi di euro in 21 anni a Napoli, Torino, Palermo e Reggio Calabria per risanare i bilanci
Il governo ha presentato un emendamento alla legge di bilancio per dare aiuti economici ad alcune grandi città fortemente indebitate: sono Napoli, Torino, Palermo e Reggio Calabria, che hanno bilanci disastrati a causa delle centinaia di milioni di euro di debiti accumulate negli ultimi anni. Per evitare il default, la condizione in cui un comune non è più in grado di pagare i debiti, il governo ha proposto di istituire un fondo da 2,67 miliardi che saranno distribuiti alle quattro città nei prossimi 21 anni.
Secondo le stime pubblicate dal Sole 24 Ore, a Napoli saranno assegnati 1,5 miliardi, a Torino 536 milioni, a Palermo 437 e a Reggio Calabria 180. Per ricevere i fondi, i sindaci dovranno firmare un «accordo per il ripiano del disavanzo e per il rilancio degli investimenti», in altre parole impegnarsi a cambiare l’attuale gestione del bilancio comunale. Nei giorni scorsi erano stati distribuiti circa 150 milioni per il 2021: 85 milioni a Napoli, 30 a Torino, 24,5 a Palermo e 10 a Reggio Calabria.
In tutte e quattro le città i debiti hanno superato la soglia di 700 euro per ogni abitante. Anche a Roma il debito è significativo (507 milioni), ma il suo valore pro-capite è 180 euro. Il comune che ha i conti peggiori è Napoli, dove negli ultimi anni è stato accumulato un debito di 2.599 euro per ogni abitante e dove il rischio di fallimento è stato il principale tema su cui si sono confrontati i candidati sindaci alle ultime elezioni comunali di inizio ottobre, vinte dal candidato del centrosinistra Gaetano Manfredi.
Già durante il primo mandato del sindaco Luigi de Magistris, dieci anni fa, a Napoli emersero vecchi debiti per 800 milioni di euro accumulati dalle amministrazioni precedenti e che non sono stati ancora pagati: il consorzio Cr8, incaricato dei lavori successivi al terremoto dell’Irpinia del 1981, attende ancora 100 milioni di euro, ma ci sono anche debiti più recenti, come i 50 milioni risalenti all’emergenza rifiuti del 2008. Dal 2012 il comune è in una situazione che tecnicamente viene definita di pre-dissesto, una procedura di riequilibrio finanziario autorizzata dalla Corte dei Conti e che consente di accedere a un fondo specifico per pagare i debiti.
Le condizioni stabilite dieci anni fa prevedevano un prestito da 220 milioni da restituire in dieci anni a fronte di un risanamento attraverso la vendita del patrimonio, soprattutto immobiliare, il taglio delle spese e un aumento delle entrate. De Magistris avrebbe voluto spalmare il debito in trent’anni: ad aprile il tentativo era stato bloccato dalla Corte costituzionale che lo aveva giudicato illegittimo.
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Nella maggior parte delle città indebitate una delle lacune più evidenti è la scarsa efficienza nella riscossione delle tasse e nel recupero delle somme arretrate. Il comune di Napoli, per esempio, nel 2020 ha riscosso 19,6 milioni di euro di sanzioni per violazioni del codice della strada, solo il 15,9 per cento dei 123 milioni dovuti. Tutti i crediti non riscossi vanno a finire nella voce “residui attivi”: alla fine del 2019 erano stati accumulati 802 milioni di euro di multe non incassate negli anni precedenti, 905 milioni di tassa sui rifiuti e 236 milioni di IMU, la tassa sugli immobili.
L’accordo per il ripiano del disavanzo riguarda anche queste mancanze. Il piano di rientro chiesto dal governo prevede di rendere più efficiente la riscossione attraverso accertamenti più rapidi e dando la possibilità ai contribuenti ritardatari di rateizzare le somme dovute. «Se ci saranno tasse, non dovranno pagarle sempre gli stessi», ha detto Pier Paolo Baretta, assessore al Bilancio di Napoli. «Si tratta di allargare la base imponibile, far pagare cioè a chi non le paga».
I comuni potranno anche aumentare l’addizionale IRPEF, la principale tassa sul reddito delle persone, oltre l’8 per mille previsto per tutti gli altri comuni. Tra le altre cose, potrà essere aumentata anche l’addizionale sui diritti di imbarco, una tassa comunale compresa nel biglietto aereo pagato dai viaggiatori.
I comuni dovranno anche tagliare le spese, riorganizzare gli uffici comunali e le società partecipate. L’emendamento prevede anche la possibilità di trovare un accordo con i creditori per ridurre le somme che attendono di ricevere: il taglio sarebbe del 20 per cento per i debiti inferiori a tre anni e fino al 60 per quelli che risalgono a più di dieci anni fa.
L’emendamento sarà discusso nei prossimi giorni dalla Commissione Bilancio del Senato e potrebbe essere approvato entro la prossima settimana, se non ci saranno intoppi.