Riccardo Ehrman e le domande che fecero cadere il muro di Berlino
È morto l'inviato dell'ANSA che, cogliendo impreparato un funzionario socialista, accelerò il caotico processo che riunì la città
Martedì è morto Riccardo Ehrman, giornalista e inviato dell’ANSA a Berlino Est all’epoca della caduta del muro che divideva in due la città, diventato involontariamente protagonista di uno degli eventi più importanti del Novecento. Con una sua domanda posta a un portavoce del governo della Germania dell’Est durante una conferenza stampa che sarebbe poi diventata storica, infatti, Ehrman contribuì insieme ad altri giornalisti presenti a creare, in maniera un po’ fortuita, una situazione caotica che accelerò il rapido e confusionario processo che portò alla caduta del muro, e alla successiva fine dell’Unione Sovietica e della Guerra fredda.
La conferenza si tenne nel tardo pomeriggio del 9 novembre 1989. La Germania era divisa in due dalla fine della Seconda guerra mondiale, mentre Berlino era attraversata dal celebre muro che aveva diviso famiglie e abitazioni. Dal 1961, anno in cui fu costruito, oltre 100 persone erano morte nel tentativo di attraversarlo.
Ma la pressione verso occidente da parte degli abitanti della Germania dell’Est era da tempo sempre più difficile da sostenere per il Partito Socialista Unificato di Germania (SED), fondato oltre quarant’anni prima su spinta dell’Unione Sovietica che occupava la Germania orientale, e che governava ininterrottamente il paese dal 1949. Dalla metà degli anni Ottanta erano cresciute sempre di più le manifestazioni che chiedevano al governo più libertà di espressione e di movimento, e alla fine del decennio si erano ormai create le premesse per la fine della divisione della città. A creare la situazione adatta perché accadesse, accelerando un processo che era ormai di fatto inevitabile, furono alcuni giornalisti presenti a una conferenza stampa di routine.
Per quasi un’ora Günter Schabowski, funzionario del partito socialista, aveva parlato di temi generici e poco interessanti. Verso la fine (mancavano circa dieci minuti alle 19) Ehrman fece a Schabowski una domanda che gli era stata suggerita da un suo contatto all’interno del partito: «Signor Schabowski, lei ha parlato di errori. Non crede di aver commesso un errore quando poche settimane fa avete annunciato una nuova legge sui viaggi che non cambiava nulla?». Ehrman si riferiva a un disegno di legge sulla libertà di movimento presentato dal governo pochi giorni prima, che faceva concessioni giudicate perlopiù insufficienti e irrilevanti.
Schabowski rispose che no, non erano stati commessi errori, ma che sarebbero state comunque introdotte nuove regole. E tirò fuori alcuni fogli. Iniziò quindi a leggere ai giornalisti le nuove disposizioni che permettevano ai privati cittadini di varcare i confini della Germania Est, anche in assenza di «requisiti, condizioni o legami familiari», attraverso permessi concessi a breve termine. A quel punto un altro giornalista, il tedesco Ralph T. Niemeyer, interruppe Schabowski chiedendo: «Da quando entreranno in vigore queste regole?». Schabowski sfogliò le sue carte e, con tono incerto, rispose: «Per quanto ne so, da subito, da subito».
La prima agenzia a battere la notizia fu Reuters. Anche Ehrman comunicò immediatamente ad ANSA quanto detto da Schabowski. Tra le 19 e le 19:30 tutte le principali agenzie internazionali avevano diffuso la notizia – Associated Press scrisse di un’«apertura dei confini» – mentre di lì a poco i notiziari della sera mandarono in onda le immagini della conferenza stampa.
I tedeschi dell’Est però non si fidarono subito dell’annuncio di Schabowski. Passò qualche ora prima che iniziasse l’esodo di massa verso il muro. Erano circa le dieci di sera. I primi che arrivarono ai checkpoint non vennero fatti passare, ma non se ne andarono e più passava il tempo più la folla aumentava. La notizia delle nuove regole si era ormai diffusa anche fuori da Berlino, e alla fine le guardie di frontiera cedettero facendo passare tutti.
Schabowski prima della conferenza non aveva avuto tempo di leggere con attenzione le regole. Se lo avesse fatto, si sarebbe accorto di una frase alla fine del testo che diceva che le nuove regole dovevano essere applicate a partire dal giorno dopo, in modo da permettere al governo di gestire il flusso di persone con gli uffici per i visti aperti. Ma Schabowski, preso alla sprovvista dalle domande, anticipò l’apertura del confine creando le premesse per una situazione caotica, che accelerò così un processo che comunque era stato di fatto avviato dalle autorità della Germania Est.
Ehrman ha raccontato anni dopo che a quella conferenza ci arrivò in ritardo, perché era pieno di partecipanti e fuori non c’era parcheggio. Quando entrò nella sala non c’era neanche un posto libero, quindi si sedette sul podio da cui dovevano parlare Schabowski e gli altri funzionari. Oltre a Ehrman, ebbero un ruolo cruciale anche altri giornalisti: innanzitutto Niemeyer, che chiese quando le nuove regole sarebbero entrate in vigore. Poi Krzysztof Janowski di Voice of America, un altro che fece una domanda fondamentale, ovvero se le regole sarebbero valse anche a Berlino. La domanda non venne sentita da Schabowski e gliela ripeterono anche altri giornalisti, tra cui il tedesco Peter Brinkman, che fu tra quelli che fecero più domande a Schabowski contribuendo a tenerlo sulle spine.
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