Il governo deve decidere sullo stato di emergenza
Lo strumento giuridico che ha reso possibili le norme per contenere la pandemia, già prorogato varie volte, scade a fine anno
Nei prossimi giorni il governo Draghi dovrà decidere se rinnovare per un’altra – e probabilmente ultima – volta lo stato di emergenza per la pandemia da coronavirus, lo strumento giuridico che era stato emanato il 31 gennaio del 2020 per garantire più tempestività e flessibilità nell’approvazione e nell’applicazione delle restrizioni e in generale delle norme sanitarie, e che attualmente è in scadenza il 31 dicembre. Dato che lo stato di emergenza può avere una durata massima di 24 mesi, in teoria non potrebbe essere prolungato oltre il 31 gennaio 2022, ma nelle scorse settimane si è comunque parlato della possibilità di un’ulteriore proroga straordinaria, che richiederebbe una legge apposita.
Sui giornali di questi giorni circolano varie ipotesi: il governo Draghi potrebbe decidere la proroga di un mese, o potrebbe invece approvare una legge che riorganizzerebbe le strutture commissariali straordinarie che gestiscono la risposta alla pandemia, che potrebbero passare sotto la Protezione Civile. In questo modo, potrebbe fare a meno dell’ultima proroga. La questione ha implicazioni tecniche e anche giuridiche, alcune delle quali non sono nuove: è da mesi che si discute dell’opportunità delle proroghe allo stato di emergenza.
Fino ad ora, il mantenimento dello stato di emergenza è stato sostenuto da alcuni partiti e osteggiato da altri, Fratelli d’Italia su tutti. In generale, ha causato, fin dalla sua introduzione (quando cioè il presidente del Consiglio era Giuseppe Conte) molte agitazioni. Lo strumento aveva permesso al governo, fin dai primi giorni di epidemia, di emanare le misure che definivano il lockdown senza passare per l’approvazione delle camere e sfruttando i decreti del presidente del Consiglio (i DPCM); aveva garantito poteri speciali al Capo della Protezione Civile, specialmente per quanto riguarda l’autonomia nell’approvvigionamento di materiale legato al contenimento dell’emergenza; aveva consentito modalità più agili per l’assegnazione degli appalti, e coperture economiche speciali per gli stanziamenti legati all’epidemia, come quelli volti ad aumentare i posti letto delle terapie intensive.
Sempre sfruttando lo stato di emergenza erano state modificate le modalità di accesso allo smart working, ed erano e sono tuttora decisi i blocchi ai voli e agli ingressi da determinati paesi. Lo stato di emergenza ha cioè consentito al governo di agire con tempistiche sufficientemente rapide, adattandosi all’evolversi dell’epidemia anche di settimana in settimana. Dalla sua approvazione iniziale, era stato rinnovato una prima volta nel luglio del 2020, poi di nuovo a gennaio 2021, e infine una terza lo scorso luglio.
Lo stato di emergenza – che viene dichiarato di frequente soprattutto per gestire disastri naturali locali – è regolato dalla legge 225 del 1992, che ha istituito il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, poi aggiornata nel 2018 da un decreto legislativo in cui si dice che questo strumento «non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi». L’ultima proroga scadrà il 31 dicembre 2021, ma la possibilità di prorogarlo finirà il 31 gennaio del 2022. Almeno in teoria: in realtà nelle scorse settimane si è parlato di un possibile tentativo di prorogare lo stato di emergenza fino a dopo l’inverno, che però richiederebbe con ogni probabilità un largo consenso politico e una legge apposita.
Per continuare ad avere a disposizione gli strumenti utilizzati finora per contenere e gestire l’epidemia il governo, anche se lo rinnoverà per un altro mese, dovrà comunque trovare a breve una soluzione alternativa.
In un articolo di Repubblica di domenica 12 dicembre si dice che il presidente del Consiglio Mario Draghi starebbe valutando di non rinnovare lo stato di emergenza e approvare una legge per spostare la struttura commissariale sotto la Protezione Civile guidata da Fabrizio Curcio. In questo modo, spiega Repubblica, rimarrebbero in piedi gli enti creati all’inizio della pandemia, ma sarebbero “normalizzati”.
Questa soluzione, spiega Repubblica, pone comunque diverse questioni: di tipo tecnico, giuridico e anche costituzionale. Il dubbio è se la Protezione Civile possa assorbire la struttura commissariale, cosa che richiederebbe una decisione su chi avrà competenza sulla gestione delle campagne vaccinali. Un’altra questione molto importante, su cui sono in corso analisi giuridiche, è se senza lo stato di emergenza potrà rimanere legalmente valida la differenziazione del paese in zone con misure restrittive diverse, lo “schema a colori”. Una possibilità è che il governo usi una proroga “interlocutoria” dello stato di emergenza proprio per gestire e organizzare con più calma questa transizione.