La discussione alla Camera sul suicidio assistito
Inizia oggi: non c'è accordo dentro la maggioranza e difficilmente si arriverà al voto in tempi brevi
Lunedì inizia alla Camera dei Deputati la discussione generale sul testo della legge che vorrebbe introdurre in Italia il suicidio assistito, quando cioè il farmaco necessario a uccidersi viene assunto in modo autonomo dalla persona malata. Il testo, chiamato “Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita”, regolamenterebbe quanto previsto dalla Corte costituzionale con una sentenza del 2019 che stabiliva una serie di criteri che rendevano non punibile l’aiuto al suicidio.
I tempi per l’approvazione potrebbero essere molto lunghi, anche perché non c’è un accordo sul testo all’interno della maggioranza. Inoltre, l’associazione Luca Coscioni – che si occupa da molti anni dei diritti dei malati che chiedono l’eutanasia e che è promotrice di un referendum per legalizzare l’eutanasia attiva, che avviene quando il medico somministra il farmaco necessario a morire – ritiene il testo base insufficiente e ha proposto una serie di emendamenti.
La bozza originaria del testo in discussione alla Camera è nata dall’accorpamento di varie proposte presentate negli anni da diversi partiti politici. Lo scorso luglio la bozza era stata approvata dalle commissioni congiunte Giustizia e Affari sociali della Camera con i voti a favore di PD, M5S, LeU, Italia Viva, Azione e +Europa, e quelli contrari del centrodestra (Lega e Forza Italia) insieme a Fratelli d’Italia, nonostante proprio su proposta del centrodestra fossero state accolte alcune modifiche.
Il testo base ricalca in gran parte una sentenza della Corte Costituzionale. Nel 2019 la Corte era intervenuta sulla morte di Fabiano Antoniani, noto anche come “DJ Fabo”, stabilendo che a determinate condizioni non è punibile una forma di eutanasia definita assistenza al suicidio, cioè quando una persona di fatto permette a un’altra di suicidarsi. Concretamente, la sentenza aveva stabilito che in Italia si può aiutare una persona a morire senza rischiare di finire in carcere se quella persona ha una patologia irreversibile, se la patologia irreversibile le provoca sofferenze fisiche o anche solamente psicologiche per lei intollerabili, se la persona è pienamente capace di decidere liberamente e consapevolmente, e se è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.
Nei mesi precedenti alla sentenza il Parlamento aveva provato più volte ad approvare una legge sull’eutanasia, incoraggiata anche da un’altra sentenza della Corte Costituzionale alla fine del 2018, ma senza trovare un compromesso.
Il testo base approvato in Commissione ricalca in gran parte la sentenza della Corte Costituzionale, dato che prevede gli stessi parametri per richiedere il suicidio assistito aggiungendo soltanto quello della “prognosi infausta”, cioè di una diagnosi di malattia terminale. Inoltre regola la pratica per richiedere il suicidio assistito, introducendo la formazione di una commissione per esaminare ciascuna richiesta.
Secondo l’associazione Coscioni la proposta di legge è però troppo circoscritta e in parte peggiorativa rispetto alla sentenza della Corte Costituzionale sul processo Cappato-Antoniani del 2019.
Il testo base approvato, dice innanzitutto l’associazione, introduce una discriminazione tra malati: esclude di fatto tutti quei malati di patologie irreversibili e portatrici di gravi sofferenze ritenute intollerabili (come ad esempio un cancro non più curabile) che non sono collegati a macchinari o che non hanno ancora bisogno di trattamenti sanitari di sostegno vitale.
Esclude inoltre le persone che non hanno più un’autonomia fisica e che hanno perso qualsiasi possibilità di mobilità, pur rimanendo perfettamente capaci di intendere e volere. Il testo, infatti, non prevede la cosiddetta “eutanasia attiva”, che avviene quando è il medico a somministrare il farmaco necessario a morire.
Per l’associazione Luca Coscioni, l’iter per poter accedere al suicidio assistito comporta poi una serie di passaggi che allungano i tempi «per chi tempo non ne ha»: non si fissano dunque tempi certi per soddisfare la volontà delle persone malate.
Nelle previsioni del testo unificato, il richiedente dovrebbe fare la richiesta con scrittura privata autenticata, e il medico che la riceve dovrebbe inserire il paziente in un percorso di cure palliative, che diventerebbero un trattamento sanitario obbligatorio per poter accedere al suicidio assistito e che, a un certo punto, proprio per arrivare al suicidio assistito, la persona deve rifiutare. A quel punto, il medico che ha ricevuto la richiesta dovrebbe fare un rapporto sulle condizioni e le motivazioni del richiedente e inviarlo al Comitato per l’etica clinica territoriale.
Un delegato di questo Comitato dovrebbe visitare il paziente per verificarne nuovamente le condizioni e entro un mese il Comitato stesso dovrebbe dichiarare se il richiedente soddisfa o meno tutti i requisiti richiesti. Il fascicolo passerebbe poi alla Direzione Sanitaria dell’ASL per verificare se il decesso può avvenire in casa. Il medico incaricato di fare assistenza alla morte volontaria dovrebbe accertare nuovamente, anche attraverso uno psicologo, che quella sia la volontà del paziente. E solo a questo punto, al netto di eventuali controversie, il medico potrebbe procedere.
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Nel testo approvato, dice l’associazione Coscioni, è stata poi introdotta l’obiezione di coscienza attraverso un elenco di personale sanitario obiettore che potrebbe, come avviene per l’interruzione di gravidanza, rendere complicato e di fatto poco accessibile la procedura. L’associazione ha quindi proposto e inviato ai parlamentari una serie di emendamenti, che potrebbero essere presentati da Giuditta Pini, del PD, e da Riccardo Magi, di +Europa.
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In molti, in queste ore, pensano comunque che non si arriverà a votare la legge sul suicidio assistito prima di Natale e che quasi certamente il voto slitterà a fine gennaio o febbraio, dopo l’elezione del presidente della Repubblica. Secondo Repubblica «i numeri per il centrosinistra alla Camera ci sono, con uno scarto di circa 25 voti favorevoli rispetto ai contrari». Saranno però previsti molti voti segreti e dunque l’esito del voto potrebbe dipendere dai cosiddetti “franchi tiratori”, così come è accaduto per il ddl Zan.
I diversi partiti non sembrano essere compatti al loro interno, ma per motivi opposti.
Dentro al centrosinistra c’è chi ritiene, come l’associazione Coscioni, che la legge sia il risultato di una mediazione con il centrodestra, e dunque insufficiente. All’interno del centrodestra c’è invece chi la sostiene nonostante la posizione generalmente contraria del proprio partito. Dentro Forza Italia c’è un gruppo di laici favorevoli, e tra loro Elio Vito. Anche nella Lega, dice Repubblica, «il fronte contrario è meno compatto del previsto. Italia Viva dovrebbe dare libertà di voto, anche se nelle commissioni Lucia Annibali e Lisa Noja sono state convintamente a favore».
C’è anche chi pensa che la legge non passerà affatto (soprattutto se arriverà al Senato dove i numeri del centrosinistra sono risicati) e che si arriverà prima al referendum sull’eutanasia promosso dall’associazione Luca Coscioni.
La proposta dell’Associazione – alla quale si sono uniti molti altri gruppi e anche alcuni partiti come ad esempio +Europa, Possibile, Radicali italiani e Sinistra Italiana – prevede un referendum abrogativo di una parte dell’articolo 579 del codice penale, quello che punisce l’assistenza al suicidio: in questo modo sarebbe permessa l’eutanasia attiva oltre a una forma molto più ampia di suicidio assistito rispetto al testo base che sarà discusso da oggi (l’eutanasia passiva, che prevede un ruolo passivo del medico che può sospendere le cure o spegnere i macchinari che tengono in vita la persona, è invece regolata in Italia dalla legge sul testamento biologico).
Dopo la raccolta delle firme, che è stata un successo, il 9 dicembre la Corte di Cassazione ha comunicato al Comitato promotore del referendum la loro validità. Il prossimo passaggio sarà quello del giudizio di ammissibilità in Corte Costituzionale. I promotori avevano comunque già fatto sapere che se anche il testo base sul suicidio assistito fosse approvato dal Parlamento nell’attuale versione, «il referendum si terrebbe comunque, perché agisce su un diverso articolo del codice penale».