Boicottare le Olimpiadi funziona?
I boicottaggi di successo sono stati pochissimi, e hanno avuto caratteristiche che mancano a quello indetto dagli Stati Uniti contro le Olimpiadi invernali in Cina
Le Olimpiadi hanno una lunga storia di boicottaggi, cioè di mancate partecipazioni da parte di alcuni paesi o di alcune delegazioni per protesta contro qualche avvenimento o torto percepito. Si cominciò a parlare di boicottaggio olimpico per la prima volta nel 332 a.C., quando Atene minacciò di ritirare i suoi atleti perché uno di loro era stato accusato di barare. L’ultimo è stato quello annunciato questa settimana da parte degli Stati Uniti e di alcuni alleati: sarà un boicottaggio “diplomatico” contro le Olimpiadi invernali che si apriranno a febbraio in Cina, per protestare contro le violazioni dei diritti umani e i crimini contro l’umanità commessi dal governo cinese, in particolare contro la minoranza musulmana degli uiguri.
Il boicottaggio è stato indetto dagli Stati Uniti e vi partecipano anche Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda (che sono tra i più stretti alleati americani, e che assieme compongono il cosiddetto “Five Eyes”, un accordo multilaterale di condivisione d’intelligence). È un boicottaggio “diplomatico” perché gli atleti americani e degli altri paesi parteciperanno normalmente alle Olimpiadi di Pechino; saranno invece i diplomatici e i rappresentanti governativi che di solito accompagnano le delegazioni a non partecipare.
Quello annunciato alle Olimpiadi invernali di Pechino è il primo boicottaggio olimpico da oltre 30 anni, ma pur essendo un evento a suo modo storico ci sono molti dubbi sulla sua efficacia.
Il governo cinese, ovviamente, l’ha definito una «spacconata politica» da parte degli Stati Uniti, e ha promesso che i paesi che boicotteranno i Giochi di Pechino «pagheranno il prezzo delle loro azioni errate». Ma anche i capi di governo alleati degli Stati Uniti sono scettici. Per esempio, il presidente francese Emmanuel Macron ha detto giovedì che considera il boicottaggio diplomatico un atto «insignificante e simbolico». Più in generale, per ora nessun paese dell’Unione Europea ha aderito al boicottaggio, e difficilmente lo farà.
Nel corso del Novecento, come ha ricordato di recente l’Economist, i boicottaggi olimpici sono stati numerosi, e in gran parte inefficaci.
Alcuni fallirono prima di iniziare, come quello tentato da gruppi di attivisti e da alcuni governi contro le Olimpiadi di Berlino organizzate nel 1936 dalla Germania nazista. Molti paesi, tra cui gli Stati Uniti, la Francia, il Regno Unito, il Canada, considerarono un boicottaggio, ma alla fine decisero di partecipare ai Giochi: le Olimpiadi del 1936 divennero poi una grande occasione propagandistica per il regime nazista.
Anche molti dei boicottaggi riusciti, pur avendo grande risonanza, ottennero scarsi risultati.
Il più famoso è senza dubbio quello deciso dagli Stati Uniti contro le Olimpiadi di Mosca del 1980, nel pieno della Guerra Fredda: fu un boicottaggio “completo”, in cui non furono ritirati soltanto i diplomatici, ma anche gli atleti, a cui fu vietato di partecipare ai giochi. Gli Stati Uniti indissero il boicottaggio per protestare contro l’invasione dell’Afghanistan da parte dei sovietici, e convinsero decine di paesi alleati a unirsi: alla fine, le delegazioni di 67 paesi non parteciparono alle Olimpiadi di Mosca, che furono un mezzo insuccesso, considerando che molti degli atleti più forti rimasero a casa.
Al tempo, il boicottaggio americano fu molto discusso, e ancora oggi è considerato un evento storico. Ma dal punto di vista della politica internazionale non ebbe particolari conseguenze. Certamente i rapporti tra Stati Uniti e Unione Sovietica peggiorarono per un periodo, ma il boicottaggio non cambiò l’andamento dell’invasione sovietica in Afghanistan, che terminò ben nove anni dopo, né l’andamento più generale della Guerra Fredda.
Quattro anni dopo, l’Unione Sovietica rispose boicottando a sua volta le Olimpiadi di Los Angeles assieme ad altri 13 paesi del blocco sovietico, compresa la Germania dell’Est. Anche in questo caso, le conseguenze di medio-lungo periodo furono praticamente inesistenti.
Vari altri boicottaggi sportivi di portata più ridotta sono stati incapaci di ottenere risultati tangibili: per esempio, capita in varie manifestazioni sportive che gli atleti provenienti dai paesi arabi si rifiutino di gareggiare contro atleti israeliani, a sostegno della causa palestinese. È successo più volte nel corso degli anni, anche alle ultime Olimpiadi, ma nessuno di questi gesti ha mai avuto un effetto tangibile sul conflitto israelo-palestinese.
I boicottaggi sportivi non funzionano quasi mai perché sono gesti isolati e di breve durata, non sostenuti da strategie più ampie, e perché spesso sono atti di protesta più che altro simbolici, che non hanno obiettivi politici chiari e definiti.
Uno dei pochi boicottaggi sportivi di successo è stato quello contro l’apartheid in Sudafrica, che però fu molto diverso dagli altri boicottaggi del Novecento. Il boicottaggio contro il Sudafrica aveva un obiettivo molto preciso: consentire anche ai sudafricani neri di partecipare alle manifestazioni sportive internazionali, cosa vietata dal governo segregazionista. Inoltre durò quasi trent’anni: tra il 1964 e il 1992, quando le leggi segregazioniste furono infine abolite, il paese non poté partecipare alle Olimpiadi, e subì gravi restrizioni anche alla partecipazione dei tornei internazionali di rugby e cricket, due degli sport più popolari nel paese, e in cui la nazionale sudafricana è storicamente forte.
Secondo vari analisti citati dall’Economist, il boicottaggio trentennale contro il Sudafrica contribuì a mettere sotto pressione il governo segregazionista, e fu uno dei fattori – anche se ovviamente non il principale – che portarono alla fine dell’apartheid.
A contribuire al suo successo furono la sua lunga durata, che mise in serio imbarazzo l’obiettivo della protesta, cioè il governo segregazionista, il fatto che le richieste del boicottaggio fossero chiare e ben delineate e infine il fatto che il boicottaggio non fu un atto isolato: al contrario, fu soltanto una piccola parte di un più ampio e noto movimento per i diritti civili nel paese.
Nessuna di queste condizioni, per ora, è rispettata dal boicottaggio diplomatico delle Olimpiadi di Pechino.