Il caso di Catello Maresca e la vecchia questione dei magistrati in politica
Il candidato del centrodestra sconfitto a Napoli, eletto in consiglio comunale, tornerà a fare il giudice tra molte proteste
Catello Maresca, magistrato ed ex candidato sindaco del centrodestra sconfitto alle amministrative di Napoli dello scorso ottobre, ha chiesto e ottenuto dal Consiglio Superiore della Magistratura (CSM, l’organo di autogoverno della magistratura) di riprendere le sue funzioni giudiziarie, conservando la sua carica di consigliere comunale. La decisione – presa dal CSM con 11 voti favorevoli e 10 astensioni – non viola alcuna norma, per come stanno ora le cose, ma ha causato tensioni e discussioni sia all’interno del CSM che tra i partiti.
In molti segnalano che il vero problema, al di là del caso di Maresca, è la riforma del CSM, che non è ancora stata approvata dal governo e che prevede, tra le altre cose, di limitare le sovrapposizioni tra funzioni giudiziarie e funzioni politiche. Quello cioè che viene comunemente definito “sistema delle porte girevoli”, negli anni più volte oggetto di dibattito e scontri, in corrispondenza dei diversi casi di magistrati che si sono impegnati in politica.
Alle comunali di Napoli dello scorso ottobre, il centrodestra aveva scelto di sostenere Maresca, a cui il CSM aveva concesso un’aspettativa dalla funzione giudiziaria per motivi elettorali. Maresca, 49 anni, era sostituto procuratore di Napoli e magistrato dal 1999, conosciuto soprattutto per il suo impegno contro la criminalità organizzata. Nei sondaggi per le amministrative era dato in svantaggio, e aveva poi rovinosamente perso al primo turno contro il candidato del centrosinistra e del Movimento 5 Stelle Gaetano Manfredi. Maresca era stato comunque eletto consigliere comunale.
Lo scorso 12 ottobre, Maresca aveva chiesto al CSM di tornare in servizio indicando come sue preferenze le procure generali delle Corti di Appello di Bari, Firenze e Bologna, sedi che il CSM si era rifiutato di assegnargli. Il 23 ottobre, Maresca aveva allora fatto richiesta come giudice alla Corte di Appello di Campobasso, a cui è stato infine assegnato con 11 voti a favore e 10 astenuti. Come ha spiegato Carlo Bonini su Repubblica, hanno votato a favore del rientro in servizio di Maresca i consiglieri che fanno parte della corrente di destra Magistratura Indipendente e della corrente centrista Unicost, i due magistrati antimafia Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita, i due consiglieri del CSM «in quota Lega» e l’avvocato penalista napoletano Michele Cerabona.
«Stiamo deliberando il rientro in magistratura di un magistrato che si è candidato come sindaco della città dove lavorava, che attualmente è consigliere comunale a Napoli ed è indicato dalla stampa come leader dell’opposizione al governo della città, anche se svolgerà le funzioni in un’altra sede», ha commentato il consigliere del CSM Giuseppe Cascini, che fa parte della corrente progressista Area e i cui componenti, sulla decisione su Maresca, si sono astenuti.
«Io ritengo che non sia accettabile consentire ad un magistrato il contemporaneo svolgimento di attività politica e funzioni giudiziarie» ha continuato Cascini, denunciando però allo stesso tempo come il governo non sia ancora intervenuto sulla questione. «Dobbiamo registrare come la politica, sempre pronta ad accusare la magistratura di fare politica, poi non si fa alcun problema a sostenere la candidatura a sindaco di un magistrato in servizio nella stessa città e non si preoccupa di vietarne il rientro in servizio».
Di fatto, come ha spiegato in un’intervista a Repubblica il vicepresidente del CSM David Ermini, il Consiglio «ha semplicemente applicato la legge in vigore, per la quale bisogna contemperare due diritti del magistrato, quello di rientrare nella propria funzione giudiziaria e quello di svolgere il proprio ruolo politico». Quando gli è stato chiesto se il CSM non potesse comunque far rientrare in funzione Maresca in una città più lontana da Napoli, e non a Campobasso che è a soli 15o chilometri di distanza, Ermini ha risposto che non era possibile «in assenza di una specifica regolazione della materia». Destinarlo a Bolzano, dunque, «sarebbe stato come negargli di esercitare un suo diritto costituzionalmente garantito».
Ermini conclude l’intervista ricordando che da tempo il CSM chiede al governo di intervenire per affrontare l’ambiguità delle cosiddette “porte girevoli”: quella relativa al passaggio «dal Parlamento agli uffici giudiziari», ma anche quella, secondo lui ben più diffusa, del passaggio dei giudici alla politica locale. Come nel caso di Maresca.
La riforma del funzionamento del CSM, insieme alle riforme del processo civile e penale, fa parte di una più ampia riforma della Giustizia di cui si sta occupando la ministra Marta Cartabia. Lo scorso giugno, Cartabia aveva presentato le proposte riguardo al CSM elaborate da una commissione di esperti da lei nominati, con l’obiettivo generale di garantire «un esercizio del governo autonomo della magistratura libero da condizionamenti esterni o da logiche non improntate al solo interesse del buon andamento dell’amministrazione della giustizia».
Nella bozza della commissione, a differenza di quanto è previsto dal disegno di legge Bonafede che rappresenta il testo base per la discussione della futura legge, si prevede che i magistrati non possano candidarsi nei luoghi dove hanno lavorato negli ultimi due anni. Se fosse stato così, Maresca non avrebbe potuto presentarsi alle elezioni per il sindaco di Napoli, dato che proprio lì esercitava le sue funzioni di magistrato.
La proposta della commissione ministeriale prevede poi che i magistrati che scelgono di entrare in politica non abbiano il divieto assoluto di riprendere le loro funzioni: potranno farlo, ma con delle limitazioni che hanno a che fare sia con i tempi che con il territorio. Il rientro in ruolo sarebbe cioè previsto in regioni diverse rispetto a quelle in cui hanno fatto politica.
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Maresca ha commentato positivamente il fatto di poter «rientrare» a fare il suo «lavoro», dicendo anche che «da civico» cercherà «di dare un contributo» alla sua città. La sua vicenda è stata però molto criticata, anche dagli esponenti di tutti i partiti, sia di maggioranza che di opposizione.
Sulla questione è intervenuta anche Cartabia, che ha partecipato al festival Atreju organizzato da Fratelli d’Italia in questi giorni a Roma. La ministra ha detto che a partire dalla vicenda di Maresca farà una proposta alle forze di maggioranza: «Che un giudice possa svolgere contemporaneamente, anche se lontano dal suo distretto, funzioni giudiziarie e politiche non deve accadere. Non importa se si tratta di cariche elettive locali, né per queste, né a maggiore ragione per quelle parlamentari». Cartabia ha affrontato la questione della riforma del CSM lo scorso 7 dicembre durante un colloquio con il presidente del Consiglio Mario Draghi e dovrebbe presentare giovedì, secondo quanto scrivono i giornali, alcune proposte specifiche sulle “porte girevoli tra magistratura e politica”.